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Sono certo che anche quest’anno il presidente della Repubblica nel consueto messaggio di fine anno, non lascerà, come d’altronde accaduto negli scorsi anni, nessun segno emotivo negli animi degli italiani. Questo non perché Giorgio Napolitano non sia capace di formulate discorsi d’alto profilo, tutt’altro, ma perché non è nelle condizioni di poter denunciare effettivamente i veri problemi che affliggono realmente il Paese. In mancanza di ciò, nelle semplici vesti di cittadino libero, a cui però sta ancora profondamente a cuore il destino dell’Italia, cercherò di mettere nero su bianco alcuni punti che mi piacerebbe ascoltare nel suo canonico discorso di S. Silvestro.

Non mi basterà perciò anche quest’anno ascoltare passivamente la lunga lista dei noti mali italiani, perché li conosco perfettamente e non sarà più sufficiente pronunciare rassicuranti parole per rabbonire gli italiani esasperati da una crisi economica senza precedenti o da promesse di circostanza che francamente sono abituato ad ascoltare sin dalla notte dei tempi. Questo fine d’anno vorrei invece sentire qualcosa di molto diverso da chi per la seconda volta, e perdonatemi il gioco di parole, per la prima volta, è rimasto sullo scranno più alto della Repubblica.

Vorrei sentire con tono franco, schietto e senza se e senza ma, che si adoperasse per poter cambiare immediatamente la legge elettorale già bocciata dalla Consulta, in modo da poter consentire a noi cittadini di eleggere finalmente chi realmente viene reputato in grado di rappresentarci e non come ora invece decisi nei corridoi delle segreterie politiche, che permettono di far sedere in Parlamento personaggi con meno di una manciata di voti di preferenza.

Vorrei che ammettesse pubblicamente di aver fatto un grande errore nell’aver avuto timore di quella lettera scritta a Francoforte e affrancata da Bruxelles nell’estate del 2011, tanto da convincerlo a chiamare in fretta e furia il prof. Mario Monti e nominarlo senatore a vita per poi affidargli, dopo soli quattro giorni, l’incarico di formare un nuovo governo con una procedura irrituale per un Paese che si accredita ancora di essere annoverato come democratico. Ce ne siamo accorti un po’ tutti che l’ex Commissario europeo ha prodotto più disastri che vantaggi e che la sua azione si è rivelata essere più ad appannaggio dei creditori del Nord Europa che a tutela degli effettivi interessi del Paese. Il dissolvimento del suo partito nell’arco di pochi mesi ne è la prova più tangibile.

E visto che ho toccato l’argomento, vorrei che non avesse mai fatto anche le ultime quattro nomine a senatore a vita, di cui le circostanze del Paese non ne reputavano né l’urgenza né tantomeno l’opportunità se non quella di fornire una esile stampella all’attuale governo. Persone rispettabilissime sia chiaro, ma per la fortuna dell’Italia ve ne sono ancora tantissime da averne l’imbarazzo della scelta! Vorrei, da cittadino che personalmente si confronta con le realtà della vita quotidiana, che si procedesse da subito a equiparare i costi della Presidenza della Repubblica almeno come quelli sostenuti annualmente da Buckingham Palace, pari a un quarto, ricordando che l’Italia non può permettersi di avere un “Colle” più costoso al mondo in assoluto!

E poi vorrei tanto che prendesse finalmente una posizione netta sulle cause dell’attuale situazione economica, magari attingendo dal suo stesso discorso pronunciato alla Camera esattamente trentacinque anni orsono in occasione dell’entrata nello SME. In quell’occasione non esitò a denunciare come il rischio di vincoli del sistema monetario possano produrre effetti opposti al conseguimento di un più alto tasso di crescita e creare gravi problemi ai paesi più deboli per la resistenza dei paesi più forti, in particolare come la Germania e della banca centrale tedesca, nell’assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle economie di paesi della Comunità. Perché ora, visto che queste profetiche intuizioni si sono rivelate tristemente concrete, non le esterna con lo stesso vigore? Allora sosteneva, correttamente, che chi avrebbe pagato di più da un accordo europeo sulle valute sarebbero stati alla fine proprio i lavoratori, perché la competitività si sarebbe trasferita sulla compressione dei salari e non più sul corso dei cambi. Perché ostinarsi ora a supportare politiche così accondiscendenti verso un modello economico che non potrà mai essere proficuo per il nostro Paese e a danno proprio delle classi sociali più esposte invece di denunciare sui tavoli europei l’attuale insostenibilità e incongruenze della moneta unica?

Mi risulta difficile capire perché non redarguisce la sinistra, per aver abbracciato completamente i dettami europei senza riserve, quando dovrebbe sulla carta, essere la prima forza politica a tutelare le sacrosante conquiste dei lavoratori. Ruolo ormai assunto a pieno titolo dalla destra in una battaglia dove a vincere sarà il liberismo o i cittadini.

Da navigato ed esperto uomo politico, perché Napolitano non si è accorto che le regole di questa unione monetaria non erano quelle che ci hanno voluto far credere, ma in realtà un metodo subdolo di governo dove i cittadini, non solo italiani, sono stati completamente esautorati dai processi decisionali, sostituiti in toto da meccanismi automatici manovrati da dietro le quinte da una oligarchia autoreferenziale non eletta da nessun suffragio universale? Era questa l’Europa a cui aspiravamo? Ricordo che la democrazia è stata conquistata con il sacrificio di tanti italiani e si basa su principii imprescindibili e non negoziabili! Perché ora la nostra classe politica la sta barattando, più o meno inconsapevolmente, affidandoci a un sistema che non è concepito per condividere e mutuare, ma solo per imporre a senso unico? Ci siamo accorti, a nostre spese, che le formali attestazioni di gradimento e di stima verso Enrico Letta, profuse dalle Cancellerie europee, non hanno prodotto nella pratica neanche l’abbuono “d’incoraggiamento” per poter sforare di 0,1% il parametro del 3% della Legge di Stabilità, constatando l’amara evidenza che solo per noi è considerato un numero draconiano, mentre per altri, ad iniziare dai francesi e spagnoli, una giacchetta da poter tirare da tutte le parti. Non le è mai balenato nella mente che sia anche lui impotente ostaggio dei dogmi europei e che stia procedendo con il timone bloccato verso l’iceberg del disastro?

Nel ruolo di presidente della Repubblica desidero ricordare che Napolitano ha anche il Comando delle Forze armate italiane (art. 87 Cost.) e come tale a conoscenza di dettagliati piani per la sicurezza e salvaguardia strategica nazionale. Siamo sicuri, per gli stessi motivi, che si sia accertato dell’esistenza di un dettagliato Piano B per un’uscita ordinata e non scomposta del nostro Paese in caso d’implosione dell’euro? Piuttosto, a parte gli euroburocrati europei e nostrani, c’è ancora qualcuno che crede realmente nell’irreversibilità della moneta unica? Il Presidente sappia che, messi con le spalle al muro, fra l’irreversibilità dell’euro e quella della democrazia, gli italiani risponderanno con un plebiscito a favore della seconda. Come garante della Costituzione, ha mai puntualmente verificato se le cessione di porzioni di Sovranità del nostro Paese siano sempre avvenute nel pieno rispetto del principio reciproco della pari condizione, così come imposto dall’art.11 della Costituzione Repubblicana?

Perché Napolitano non ripudia anche l’art. 81 della Carta Costituzionale, dove con troppa fretta è stato ufficializzato il pareggio di bilancio e non provvede a sollecitare il governo ad avviare con urgenza le procedure per ottenere le moratorie, sine die, del Fiscal Compact e del Meccanismo Europeo di Stabilità? L’art. 1 recita inequivocabilmente che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e non sul pareggio di bilancio, inequivocabile concetto macroeconomico invece per distruggerlo e voluto per rassicurare le fobie teutoniche sulla stabilità dei prezzi e non per contribuire al rilancio delle economie di Paesi come l’Italia. I suoi consulenti economici non hanno sufficientemente fatto presente che la BCE non è una banca centrale, ma solamente una istituzione guardiana-garante della stabilità dei prezzi e che i cittadini e il sistema delle imprese sono di conseguenza, a causa della pressante fiscalità, a tutti gli effetti considerati i veri prestatori di ultima istanza? Piuttosto vogliamo fare chiarezza sulla definitiva privatizzazione per “semper” della Banca d’Italia, barattata per far affluire “una tantum” un po’ di denaro nelle asfittiche casse dell’erario grazie alla rivalutazione delle quote e “blindare” il non ritorno alla Sovranità monetaria?

Vorrei che i miei concittadini, nelle parole del proprio Presidente, ritornassero ad essere fieri di appartenere a questa Nazione e non vedere impotente che la maggior aspirazione sia ormai quella di trovar fortuna il più lontano possibile, nell’assoluta certezza che abbiamo ancora delle potenzialità formidabili, ma che non possono essere espresse per l’incapacità di toglierci di dosso il cappio che ci siamo calati noi stessi intorno al collo.

Se non provvederà chi ricopre la carica Istituzionale più alta, ci penseranno gli italiani nel prossimo maggio nel segreto delle urne, per denunciare che l’Europa li ha profondamente traditi e non basteranno le accuse di populismo che si levano dalle barricate di chi è cieco e sordo, per non capire che siamo arrivati ormai a un bivio: accettare supinamente di diventare una Colonia del Nord con la rinuncia ad ogni prerogativa democratica o iniziare seriamente a valutare altre opzioni rispetto all’appartenenza supina a questa area valutaria. Non bisogna aver timore se l’Italia ripretenderà il ritorno alla propria Sovranità, non solo monetaria, ma soprattutto per determinare il proprio destino di Paese libero e democratico. E’ un impegno a cui non possiamo sottrarci in rispetto ai nostri Padri e per garantire alle nostre generazioni future la possibilità di vivere e prosperare nel più bel Paese del mondo! Chi sostiene a testa bassa questa unione monetaria si prenderà la responsabilità storica e morale di aver fatto naufragare lo stesso concetto di Europa.

Panta rei, ad iniziare dall’euro, con la sola eccezione nella nostra ferma e irrinunciabile volontà di non abdicare ai principii della democrazia e di non voler svendere il nostro Paese in nome di un liberismo esasperato senza regole. Desidero che non si lasci più il voto ai mercati per legittimare le scelte di politica economica, ma che ritorni immediatamente nelle volontà dei cittadini.

Spero inoltre che, invece di rivolgere il rituale saluto di sola speranza ai nostri Marò, il Presidente si metta direttamente in contatto con il suo omologo indiano, magari impersonandosi solo per un istante in quello americano, francese o nel premier inglese, per poter risolvere immediatamente questa incresciosa vicenda che sta prendendo la piega della beffa e della farsa, anche a costo di andare personalmente a riprenderli. Si sappia che i tempi sono maturi per conquistare sul campo i galloni di Presidente degli italiani e non più grazie ad accordi sottobanco fra piazza Montecitorio e Palazzo Madama!

Non me ne voglia dello sfogo Presidente Napolitano, nulla di personale, ma mi sento ancora orgogliosamente fiero di essere figlio di questa Italia e se non se la sentirà di portare avanti con coraggio queste istanze, non esiti a passare la mano per dare la possibilità a qualcun altro di poterlo fare prima che gli stessi cittadini certifichino il fallimento totale di questa politica rinunciataria scendendo direttamente nelle piazze e prima che vengano inflitti ulteriori e inutili sacrifici. Se lo farà, stia certo, molti le saranno ancora più riconoscenti.

Che cosa vorrei che dicesse Napolitano

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