L’effetto a lungo termine dell’11 settembre sull’economia Usa è stato un aumento consistente dei costi e delle spese militari e di sicurezza che ha inciso nel tempo, fino ad oggi, sulla spesa pubblica. A partire dal settembre 2001 la spesa militare è passata dai 450 miliardi di dollari del 2000 ai 900 miliardi dei successivi anni. L’analisi di Dominick Salvatore, distinguished professor presso la Fordham University di New York e consulente Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e Nazioni Unite
Dalla Rivista
Il futuro dopo l'11 settembre. Così gli Usa guardano avanti
A venti anni dall’11 settembre 2001, l’amministrazione Biden, seriamente impegnata sul versante interno in un massiccio e controverso New deal di rilancio, sembra aver riassorbito lo shock dell’attentato e dei suoi effetti distorsivi sul terreno delle priorità e delle policy per restituire all’occidente iniziativa e coesione nella gestione delle proprie responsabilità globali
L'effetto 11 settembre sulla politica estera Usa visto da Lucia Annunziata
La guerra anti-terrorismo svolta in Afghanistan non ha funzionato. La presenza americana non ha stabilizzato il Paese e ora con il suo ritiro lascia nuovamente aperto questo scacchiere. L’11 settembre ha posto l’accento sul disegno americano in Iraq, visto come una base per consolidare la sua influenza militare in Medio Oriente
La neutralità carbonica non sarà un pranzo di gala. Il commento del prof. Zollino
Conseguire in Italia la neutralità carbonica con le tecnologie oggi in uso sarebbe estremamente impattante. Ce ne servono di nuove, di cui dobbiamo promuovere lo sviluppo e la crescita. Se non sarà un pranzo di gala, che almeno la neutralità carbonica assomigli a un decoroso banchetto, e soprattutto che a noi non tocchi solo di pagare il conto! Il commento di Giuseppe Zollino, professore di Tecnica ed economia dell’energia e Impianti nucleari a fissione e fusione presso l’Università di Padova, pubblicato sul numero di luglio della rivista Formiche
Senza il nucleare i conti dell'idrogeno non tornano. Tabarelli spiega perché
Senza nucleare non ce la possiamo fare a ridurre le emissioni di CO2 nei prossimi anni, figuriamoci azzerarle. Per noi italiani, usciti nel lontano 1987 dal nucleare dopo l’incidente di Chernobyl, vale notare che la Germania ci ha messo molto più tempo prima di uscire da questa tecnologia, mentre la Francia, nella migliore delle ipotesi, comincerà a ridurre la sua produzione nucleare verso il 50% del totale ben oltre il 2035. L’analisi uscita sul numero di luglio della rivista Formiche a cura di Davide Tabarelli
Grecia, un perno dello scacchiere euromediterraneo
Nel giorno del bicentenario dalla dichiarazione della Guerra d’Indipendenza della Grecia un’analisi di Francesco De Palo porta alla luce una serie di elementi distinti ma accomunati da un intrigante e delicatissimo fil rouge geopolitico. La Grecia si è fatta da crisalide farfalla, un passaggio determinante ma anche altamente rischioso, in considerazione del fatto che molte aspettative, dense e concatenanti, si sono riversate improvvisamente al centro dell’Egeo
L'Unità nazionale oggi e al tempo di Moro
A distanza di tanti anni e con un giudizio che ha ormai valore storico si può dire che la fine di Moro coincide con la fine della Dc e della politica del periodo del dopoguerra iniziata da De Gasperi. Dopo Moro la forza dei partiti come portatori di idee e catalizzatori di consenso democratico a presidio delle istituzioni viene meno. Il valore…
Ai repubblicani non basterà un tea
Sulle elezioni presidenziali del 2012 pesa l’incognita della rielezione di Barak Obama. Raramente, nella storia dell’ultimo secolo, un presidente in carica che aspira al secondo mandato quadriennale (come prevede la Costituzione) viene bocciato. Nel dopoguerra è accaduto solo due volte: con il democratico Jimmy Carter nel novembre 1979 quando è stato sconfitto da Ronald Reagan, e con il repubblicano George…