E’ stato un parto travagliato e con colpi di scena quello delle nomine varate dal Consiglio dei ministri del 29 aprile. Vediamo i nomi: il prefetto Alessandro Pansa, capo della Polizia, diventerà il direttore del Dis al posto dell’ambasciatore Giampiero Massolo; il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, sarà il nuovo capo della Polizia e direttore generale della Pubblica sicurezza; il generale dei carabinieri Mario Parente, oggi vicedirettore dell’Aisi, è stato nominato direttore della stessa Agenzia di sicurezza interna al posto del pensionando generale dei carabinieri Arturo Esposito; il generale Giorgio Toschi è il nuovo comandante della Guardia di Finanza e sostituirà il generale Saverio Capolupo, giunto anche lui alla pensione. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha precisato che tutte le nomine dureranno due anni, cioè fino alla fine della legislatura (solitamente, il mandato ai servizi è quadriennale) per consentire al nuovo esecutivo di scegliere eventualmente persone di propria fiducia. Slitta invece la nomina del manager Marco Carrai a consulente del presidente del Consiglio per la cyber security. (TUTTE LE FOTO DEI NOMINATI)
LA SORPRESA AL DIS (CON GIALLO)
L’analisi delle decisioni prese dal governo non può che partire dal Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza che coordina le agenzie di intelligence Aise e Aisi. La sorpresa sta nella mancata conferma dell’ambasciatore Giampiero Massolo, che compirà 62 anni in ottobre e che dunque non è in età da pensione. Alcune indiscrezioni ora lo vedono diretto alla presidenza della Fincantieri. Anche se il nome di Pansa era spuntato nelle settimane scorse, e si tratta di un poliziotto che non ha bisogno di presentazioni, la conferma di Massolo era stata data per certa fino a pochissime ore prima del Consiglio dei ministri al termine di contatti che avevano coinvolto da tempo tutti i soggetti interessati, da Palazzo Chigi al Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi. Il nome di Pansa è circolato all’improvviso nel primo pomeriggio con una serie di telefonate del sottosegretario delegato all’intelligence, Marco Minniti: una scelta personale del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha infuocato i telefoni e creato sorpresa e irritazione.
LA MANO DI RENZI E IL RUOLO DEL COLLE
Detto che Renzi ha pieno diritto di scegliere il capo dei servizi segreti sia per un’ovvia leadership politica sia per il fatto che la legge del 2007 fa dipendere l’intelligence da Palazzo Chigi, c’è un passaggio non chiaro che coinvolge le massime istituzioni: Quirinale, Parlamento e presidenza del Consiglio. Nella serata di giovedì 28 Renzi è stato a cena al Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per parlare delle nomine. Le possibilità sono due: o Renzi ha comunicato a Mattarella l’intenzione di sostituire Massolo oppure non l’ha fatto. Nel primo caso, il più probabile, è incomprensibile come nella mattinata successiva, dunque prima del Consiglio dei ministri, nessuno abbia informato anche ufficiosamente il Parlamento, cioè il Copasir, e lo stesso Massolo. Bastava dirgli: «Caro Giampiero, purtroppo…». E se Renzi aveva deciso già dalla sera precedente, a maggior ragione avrebbe dovuto comunicarlo senza aspettare l’ultimo minuto lasciando credere che il precedente accordo fosse valido. Se invece Mattarella era all’oscuro dell’intenzione di sostituire il direttore del Dis, la decisione improvvisa del presidente del Consiglio sarebbe una grave mancanza di riguardo nei confronti del Quirinale, ma è un’ipotesi davvero difficile da credere. La riservatezza che Mattarella ha posto alla base del suo mandato impedisce di sapere come sono andate le cose e dunque solo i due presidenti, per ora, sanno quale opzione è giusta.
IL NERVO SCOPERTO DELLA CYBER SECURITY
Nella conferenza stampa subito dopo le nomine Renzi ha detto: «Quando si parla di fare delle nomine sulla sicurezza vogliamo valorizzare figure istituzionali. Cambiavano i governi e si facevano delle nomine. Oggi la politica rivendica la possibilità di fare le nomine con trasparenza totale. Si tratta di nomine totalmente istituzionali. Non ci sono cordate e cordelline, c’è un meccanismo chiaro per cui ai servizi ci va il capo della polizia». E’ un’indiretta accusa a Massolo di far parte di cordate? Perché Renzi non l’ha confermato pur avendo lavorato molto bene? La spiegazione più plausibile starebbe nell’audizione che Massolo fece dinanzi al Copasir il 27 gennaio scorso, a pochi giorni dall’inizio della polemica sull’intenzione di assegnare al manager Marco Carrai, amico del premier, un incarico di responsabilità nella cyber security, inizialmente pensando addirittura a un’agenzia di intelligence ad hoc da creare a Palazzo Chigi pur essendoci una legge che regola il comparto. Come scrisse Formiche.net il 28 gennaio, Massolo disse in sostanza che «serve un decreto non solo per nominare un super consulente di Palazzo Chigi alla cyber security, ma anche per affidargli il settore in questione, ora appannaggio del consigliere militare della presidenza del Consiglio. Inoltre la persona o la struttura che si occupa di sicurezza cibernetica (versante intelligence) al momento deve far parte dei Servizi». In altri termini, non può essere Carrai a occuparsene e forse l’aver rivendicato le prerogative degli 007 può essergli costata la riconferma.
LA NOMINA IMMINENTE DI MARCO CARRAI
Invece, se c’è una cosa su cui Renzi non molla è proprio l’incarico a Carrai, nonostante tutti (a cominciare dal Quirinale) restino contrari. Svanita l’agenzia ad hoc, svanita la possibilità di diventare un «agente» dei servizi, la soluzione per ora sarà un incarico nello staff del presidente del Consiglio per occuparsi sempre di cyber security, anche se non è chiaro come. Nella conferenza stampa Renzi ha spiegato di aver chiesto «a Marco Carrai di venire a darmi una mano nel settore dei big data. Spero che non abbia cambiato idea, io no» precisando che la nomina slitterà alla prossima settimana e che «c’è differenza tra nomine istituzionali e di staff. Quelle di staff lavorano con la squadra del governo e lasciano al termine del mandato. Spero che anche ai più accesi e accaniti sostenitori della sovrapposizione di questi ruoli sia chiaro». Sembra sia stato Mattarella a consigliargli di separare i momenti delle decisioni e comunque le perplessità che restano riguardano un altro tipo di «sovrapposizione».
IL CAMBIO ALLA POLIZIA
Dunque, Alessandro Pansa mette da parte le pantofole da pensionato (avrebbe lasciato per limiti di età il 9 giugno al compimento dei 65 anni) e assume un incarico particolarmente delicato in una fase di lotta al terrorismo internazionale. Lunga carriera di investigatore, stretto collaboratore del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che lo avrebbe sostenuto per il nuovo incarico e che dunque ora può rivendicarne il successo, al suo posto arriva come previsto Franco Gabrielli, 56 anni, oggi prefetto di Roma dopo una carriera piena di incarichi di prestigio, tra i quali direttore dell’allora Sisde e capo della Protezione civile. Il limite di due anni, cioè fino al termine del mandato del governo in carica, è una novità che molti giudicano positiva, ma che potrebbe ripercuotersi negativamente su chi fa il capo dei servizi o della Polizia. In quei mestieri la continuità è essenziale: è difficile programmare e organizzare settori così delicati restando appesi all’esito di un’elezione.
L’AISI RESTA ALL’ARMA
Un carabiniere al posto di un altro carabiniere. Il generale Arturo Esposito, direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna, andrà in pensione a giugno e il suo successore è uno degli attuali vice, il generale Mario Parente, 58 anni, già comandante del Ros dove da anni aveva avviato un’eccellente collaborazione con il Servizio antiterrorismo della Polizia, proseguita all’Aisi. Al generale della Guardia di Finanza Vincenzo Delle Femmine, nominato l’anno scorso, va dunque affiancato un altro vicedirettore, incarico di competenza del Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, e non del Consiglio dei ministri. Contrariamente a quanto ipotizzato nei giorni scorsi, non potrà essere nominato il generale di brigata dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, oggi comandante della Legione Toscana e considerato molto vicino a Renzi. La legge, infatti, impone la qualifica di dirigente generale dello Stato per un vicedirettore dei Servizi, che per un militare equivale almeno a generale di divisione (qual era Parente al momento dell’assunzione dell’incarico l’anno scorso). Saltalamacchia è solo generale di brigata e non può essere preso in considerazione.
COSA SUCCEDE NELLE FIAMME GIALLE
Il generale Giorgio Toschi, 61 anni, attuale comandante in seconda, sarà il nuovo comandante della Guardia di Finanza al posto di Saverio Capolupo che andrà in pensione tra qualche settimana. Come con Pansa e come sarà con Carrai, anche questa è stata una nomina fortemente voluta da Renzi nonostante alcuni dubbi espressi dal Quirinale. Le perplessità riguardano l’inchiesta in cui è coinvolto il fratello, Andrea Toschi, e i rapporti del neocomandante con il generale Michele Adinolfi, oggi in pensione, già comandante interregionale della Finanza con sede a Firenze e molto amico di Renzi, entrambi oggetto di intercettazioni nelle quali tra l’altro si esprimevano giudizi poco lusinghieri nei confronti dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Renzi ha tenuto il punto e ha voluto comunque la nomina di un generale dal ricchissimo curriculum.
CAMBIO ALLA MARINA
A giugno andrà in pensione l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, indagato nell’inchiesta di Potenza sul petrolio, e come previsto il Consiglio dei ministri ha nominato capo di Stato maggiore della Marina l’ammiraglio Valter Girardelli, che a luglio compirà 61 anni e che oggi è capo di gabinetto del ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Renzi ha però difeso De Giorgi ringraziandolo per la sua «straordinaria carriera» (da ultimo l’avvio della missione Mare Nostrum) alla quale «nessun tipo di polemica può togliere qualcosa». Ogni riferimento all’inchiesta di Potenza e alle feroci polemiche di questi giorni con la magistratura non è puramente casuale.
UN GENERALE A PALAZZO CHIGI
A sorpresa, il Consiglio ha nominato il nuovo consigliere militare: è il generale dell’Esercito Carmine Masiello, finora capo dell’ufficio generale del capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, in pratica il suo braccio destro. La casella era vuota dal 9 ottobre, cioè da quando Renzi aveva nominato il generale Carlo Magrassi segretario generale della Difesa. I maligni avevano letto la mancata scelta del successore anche con l’intenzione di Renzi di creare una sorta di Consiglio per la sicurezza nazionale da porre sotto l’ombrello del consigliere diplomatico assorbendo l’ufficio del consigliere militare, come scrisse Formiche.net il 19 dicembre scorso. Dopo tanti mesi in cui un ufficio così delicato era retto solo dall’ufficiale addetto, il colonnello Paolo Puri, evidentemente ci si è resi conto che non si poteva fare finta di niente, anche perché il decreto Monti del gennaio 2013 attribuisce al consigliere militare la presidenza del Nucleo di sicurezza cibernetica e del Tavolo interministeriale di crisi cibernetica. Masiello, 53 anni a giugno, è uno dei migliori ufficiali italiani e ha ricoperto numerosi incarichi all’estero e in Italia (è stato anche comandante della Folgore). E’ però generale di divisione, mentre quello è un incarico da generale di corpo d’armata. Un’altra forzatura, anche se il suo vero problema (visto che la legge gli assegna responsabilità nella cyber security) sarà la collaborazione con Carrai.
(TUTTE LE FOTO DI GABRIELLI, GIRARDELLI, MASIELLO, PANSA, PARENTE E TOSCHI NOMINATI DA RENZI)