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La Libia, Gheddafi, Serraj e Haftar. Cosa si è detto al convegno della Fondazione Craxi

Sono passati trent’anni ma il tema resta sempre lo stesso e anzi rischia di deflagrare con l’Isis ormai alle porte di casa nostra. E’ il tema del ruolo dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente chiamati a fare da mediatori di pace, fautori di accordi commerciali nel Mediterraneo, in cui la Libia e l’Africa rischiano di diventare sempre più un pericoloso avamposto terroristico a poche miglia da casa nostra.

Dalla Libia del colonnello Gheddafi, che nell’aprile del 1986 Bettino Craxi – facendo un altro strappo con gli Usa a meno di un anno dalla crisi di Sigonella in cui difese la sovranità nazionale e con essa 500 vite umane – salvò, salvando ancora una volta a suo modo la pace, alla Libia ancora più esplosiva di oggi. Craxi cercò di contenere i danni di  una politica Usa impregnata soprattutto, a suo avviso, di un eccesso di aggressività da guerra fredda. Craxi, secondo la stessa ammissione di Giulio Andreotti, avvisò in anticipo il colonnello Gheddafi degli attacchi aerei Usa (nome in codice dell’operazione: Eldorado Canyon) che avrebbero dovuto ucciderlo.

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Dalla Libia di ieri a quella di oggi che sta faticosamente cercando di costruire il suo futuro. E che men che meno, secondo la logica in cui agì sempre Craxi e con lui Giulio Andreotti, avrebbe bisogno di un attacco armato, per non ripetere gli errori della guerra in Iraq. Craxi, seguendo sempre lo schema di Sigonella (fedele sì agli americani ma mettendo l’Italia sempre al centro di un ruolo vigile per non fra esplodere la polveriera mediorientale) probabilmente con quel gesto, impedì conseguenze ancora più devastanti del successivo lancio di missili libici a Lampedusa. Altro che ribellione agli americani. Che, a detta ora degli stessi  studiosi Usa, convocati giovedì 26 maggio per un convegno non nostalgico ma scientifico dalla Fondazione Craxi nella sede del Parlamento europeo in Italia, usarono probabilmente una linea troppo dura con il colonnello, tant’è che ai vertici dell’amministrazione reaganiana erano divisi tra falchi e colombe. E qualcuno ammette che in quel modo in realtà “Reagan volesse parlare a nuora (Libia) perché suocera (Urss) intendesse”.

Tanti gli aneddoti storici, scientifici, ma anche umani, che confermano il coraggio dello statista socialista. Craxi al francese Chirac disse nel suo stile diretto: “Ma veramente voi francesi (più vicini alla durezza Usa ndr) Gheddafi lo fate così scemo?!”.

(ECCO LE FOTO DELL’EVENTO)

Cose di trent’anni fa che fanno dire ora al vicepresidente per il Ppe del Parlamento europeo, l’azzurro Antonio Tajani a Stefania Craxi promotrice dell’evento: “Cara Stefania, il tuo papà era un grande uomo”. Gli stessi riconoscimenti vengono dai presidenti delle Commissioni Esteri di Senato e Camera: Pier Ferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto. Casini: “Craxi fu un grande insieme a uomini come Amintore Fanfani e Alcide De Gasperi che per primo  pose la necessità di una politica estera di difesa europea”. E Cicchitto d’accordo con lui: “Qui non solo la Libia, ma  anche la Tunisia e il Marocco sono aree che meritano grandissima attenzione”. Si indigna Cicchitto: “Se penso a qualche scemo di casa nostra che se l’è presa con l’olio tunisino (la Ue ha deciso di far pagare meno tasse per l’esportazione per aiutare l’economia di un paese lambito anch’esso dall’Isis ndr) e al fatto che la stampa italiana neppure quasi si è accorta della rivoluzione copernicana della trasformazione di Ennhada (il partito islamico tunisino ndr) diventato di fatto una Dc islamica che ha separato la politica dalla religione, c’è da indignarsi per la mancanza di consapevolezza di una vera politica nostra ed europea verso questi Paesi”.

Ma sia Casini che Cicchitto difendono il governo italiano, salvo “alcuni improvvidi annunci di guerra imminente”, meritevole di essere andato finora cauto e di aver favorito di fatto l’avvento di un consiglio presidenziale volto alla ricomposizione dell’unità libica. Il vicepremier libico, Ahmed Maiteeq, del nascente governo di concordia nazionale ha detto all’agenzia Adnkronos poi a margine del convegno di essere “grato all’Italia per tutto quello che ha fatto per i feriti contro Daesh“. Ma l’ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi Franco Frattini ha messo il dito nella piaga ricordando che l’Italia e l’Occidente “devono fare di più”.

Stefania Craxi, già sottosegretario agli Esteri con Frattini alla guida della Farnesina è diretta, seguendo lo stesso stile del padre: “Si è dato l’impressione finora di seguire una politica ondivaga. La Libia è il paradigma delle contraddizioni mediterranee. E’ un nodo cruciale per il futuro dell’Italia e l’Europa”. Non è un caso che la figlia dello statista socialista,  presidente della omonima Fondazione, abbia voluto questo convegno dal significativo titolo: “La crisi libica dall’operazione Eldorado Canyon ai giorni nostri,. Una sfida per l’Europa”. Secondo l’ex sottosegretario agli Esteri “affrontare il tema della stabilizzazione della Libia è anche un modo per affrontare il fenomeno migratorio”. Quindi, ha sottolineato la Craxi “credo che l’Italia e l’Europa debbano prendere la via del Mediterraneo, abbandonata da troppo tempo. Occorre dare l’impressione che la politica estera italiana non sia ondivaga, bisogna avere un grande concerto con le potenze europee, in primis Francia e Inghilterra”.

Gheddafi che Craxi salvò in nome della pace del Mediterraneo, dice Stefania, “era certamente un dittatore ma teneva unita una realtà frastagliata”. Ma ora – annuncia deciso Casini – “il generale Kahalifa Haftar, capo delle forze armate che fanno riferimento al parlamento di Tobruk, collabori per il governo di unità nazionale in Libia, altrimenti deve essere punito con sanzioni internazionali”.

Questa è la scommessa nella Libia di oggi che, dopo trent’anni, e senza più Craxi e Andreotti, rischia di essere sempre più l’avamposto del terrore, se l’unità non vincerà. L’Europa tutta, come ha ricordato Tajani, si decida a giocare il ruolo degli statisti del passato.



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