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Leonardo-Finmeccanica, l’India, il Pakistan e le mosse di Francia e Stati Uniti

Mauro Moretti e Gianni De Gennaro

La scorsa settimana il Pakistan ha firmato un contratto con il gigante della difesa italiano Leonardo (formalmente conosciuto come Finmeccanica) per acquistare un numero imprecisato di elicotteri AgustaWestland AW139; sono mezzi che verranno impiegati dalla Protezione civile e da corpi paramilitari di soccorso, forse anche dalla polizia, alleggerendo così il peso che queste attività avevano sull’esercito.

Si tratta di una commessa rilevante per l’azienda presieduta da Gianni De Gennaro e guidata da Mauro Moretti, che arriva nei giorni in cui il governo indiano decide di rendere nulle tutte le gare vinte da Finmeccanica per il materiale destinato alle sue forze armate. La decisione potrebbe preannunciare l’inserimento del gruppo italiano in una blacklist e si lega all’inchiesta per le tangenti pagate proprio dall’AgustaWestland a funzionari dell’aeronautica militare indiana.

C’è un filo comune che non riguarda solo il bilanciamento commerciale, perché mentre Leonardo si ritrova i ponti tagliati in India annuncia un accordo col Pakistan, ma anche una trama geopolitica. Una situazione di stallo che vede screzi lungo un confine conteso e che non ha trovato troppi cambiamenti con la riapertura dei dialoghi di alto livello: il giorno di Natale del 2015 il presidente indiano Nerendra Modi andò in visita a sorpresa all’omologo Nawaz Sharif (era il suo compleanno). E gli altri Stati non osservano soltanto.

I FRANCESI HANNO IN BALLO UN GROSSO AFFARE CON L’INDIA

La Francia, che è alleata dell’Arabia Saudita, custode pakistana, ha leggermente variato rotta e iniziato avvicinamenti con l’India (e forse Parigi potrebbe beneficiare della decisione contro Finmeccanica, e viceversa l’India muoversi con più libertà, secondo alcuni osservatori). Quest’anno, per la prima volta, gli uomini dell’unità d’élite dell’antiterrorismo francese sono andati in India per seguire addestramenti congiunti con le forze di polizia locali; attività che finora avevano coinvolto invece il Pakistan. L’interesse è presto rintracciabile: ci sono 36 caccia Rafale, dunque svariati miliardi, che la Dassault Aviation potrebbe vendere all’aviazione indiana. Il contratto potrebbe chiudersi in qualsiasi momento, “tutto è pronto”, dice un analista informato sul dossier a Formiche.net, “manca solo l’ok definitivo degli indiani, che forse cercano altre garanzie, ma siccome è lo Stato francese a impegnarsi in prima persona la questione dovrebbe essere superabile”, una spiegazione che conferma quel “in ogni momento”, detto dal Ceo della DA Eric Trappier a proposito della chiusura definitiva dell’intesa all’Echos. La diluizione dei rapporti con il Pakistan da parte di Parigi dunque è conseguenza degli interessi sul tavolo, anche perché i francesi hanno detto di aver il timore che le armi e gli addestramenti da loro fornite avrebbero potuto essere utilizzati dai soldati di Islamabad contro gli indiani.

GLI AMERICANI FRENANO COL PAKISTAN

Un’altra linea di interessi esterni è quella legata agli Stati Uniti: il Congresso è in una fase critica, di revisione, nei confronti dei rapporti con due dei principali alleati mediorientali, il Pakistan, appunto, e l’Arabia Saudita. Il 17 maggio il Senato americano ha approvato la discussa proposta di legge (veto presidenziale già annunciato) che consentirà alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di far causa alla famiglia reale saudita, nel caso dovessero essere dimostrati collegamenti di Riad con i responsabili: collegamenti che dovrebbero essere contenuti in un capitolo di 28 pagine, secretato, del report di analisi sull’attentato. Sulla linea analoga il Congresso pochi giorni dopo ha dato via libera al National Defence Authorisation Act 2017 (Ndaa), una legge che tra le altre cose blocca 450 milioni di aiuti militari al Pakistan. Sono soldi con cui Islamabad avrebbe dovuto comprare degli F16, ma i rappresentanti di Washington in questo momento non vedono nei pakistani affidabilità: si contesta essenzialmente la collusione di alcune aree dei servizi segreti (il famigerato Isi) con gruppi combattenti estremisti islamici. Gli americani vogliono che il governo di Sharif dimostri di combattere seriamente i militanti integralisti, a cominciare dal “network Haqqani”, famiglia prominente nel mondo talebano pakistano, con tentacoli anche in Afghanistan – uno di loro, Sirajuddin, era tra i papabili sostituti del leader Mullah Mansour, ucciso da un drone statunitense, ma poi il suo nome è stato scartato perché troppo divisivo in un momento in cui il gruppo cerca invece solidità e unione. Tra le contestazioni americane: i servizi segreti pakistani utilizzano alcune fazioni corrotte di questi gruppi islamisti per compiere attacchi clandestini contro l’India. A luglio Stati Uniti e India dovrebbero firmare un accordo di libera circolazione, che permetterebbe intanto a circa 2000 notabili indiani (politici, alti funzionari, imprenditori) di entrare e muoversi in America con ampia libertà: dovrebbe essere un incentivazione per gli affari, oltre che per lo scambio di comunicazioni tra i due paesi.

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