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Scuola, perché la “deportazione” degli insegnanti al Nord è inevitabile

Tutta colpa dell’algoritmo del Miur? Forse no. Alla base dell’imminente emigrazione di migliaia di docenti italiani dal sud al nord c’è un’altra ragione: in Italia esiste uno squilibrio tra domanda e offerta che non può risolversi con un nuovo meccanismo.
Il Ministero dell’Istruzione retto da Stefania Giannini (nella foto) difende lo strumento, mentre alcuni docenti segnalano errori e i sindacati scuola chiedono al Miur di accertare il funzionamento del meccanismo matematico che ha assegnato la sede di servizio e di porvi così rimedio.

I NUMERI DI TUTTOSCUOLA

A descrivere i fenomeni demografici e sociali che hanno spostato negli anni il baricentro della scuola italiana è uno studio di Tuttoscuola nel quale si osserva che è l’esistenza di più studenti al Centro-Nord a spingere un gran numero di docenti, concentrati nel meridione, verso Nord: “Solo il 37% degli studenti italiani risiede al Sud, Isole incluse (18 anni fa era il 47%); mentre ben il 78% dei docenti coinvolti in questa tornata di trasferimenti è nato nel Meridione”, si legge nella rivista dedicata al mondo della scuola.

LE RAGIONI

Negli ultimi 20 anni al Sud si è verificato un fenomeno demografico che ha ridotto l’offerta diminuendo la popolazione scolastica di mezzo milione di alunni, con un decremento complessivo del 22%. Nello stesso arco di tempo esaminato da Tuttoscuola, il numero degli alunni del Centro-Nord è aumentato di anno in anno, anche grazie alla presenza di alunni stranieri, registrando quest’anno un aumento di 320.809 alunni rispetto al 1997-98, pari a un incremento di circa il 14%, con conseguente graduale aumento del numero delle classi e degli organici.
Al Sud per di più – hanno osservato da Tuttoscuola – “per motivi sociali il pubblico impiego in generale e la scuola in particolare rappresentano, soprattutto per le donne, opzioni inevitabilmente prioritarie, complice soprattutto l’alto livello di disoccupazione.
Tanto che tra gli ultimi insegnanti entrati nei ruoli statali quasi otto docenti su dieci sono meridionali e i restanti due sono nati al Centro-Nord.

QUEL POSTO CHE NON C’È

“Già in partenza – fa notare lo studio – prima dei trasferimenti, si sapeva che tra i docenti del Mezzogiorno, nella migliore delle ipotesi,16.500 di loro non avrebbero trovato posto in regione”. Il conto è presto fatto: i docenti nati in province meridionali erano 30.692, ovvero il 78% del totale. Le sedi disponibili nelle regioni del Mezzogiorno per essere assegnate con i trasferimenti soltanto 14.192 su 40.453, pari al 35% del totale. Dunque soltanto un terzo delle sedi sarebbe stato disponibile per accogliere le domande di trasferimento dei docenti meridionali. E quindi il 38% di docenti meridionali ha trovato sede nella propria regione, mentre il 62% è rimasto fuori.
Nelle regioni del Centro-Nord invece è avvenuto esattamente il contrario: più posti da coprire che docenti da assegnarvi. Tradotto in numeri: il 74% dei docenti nati nel Centro-Nord è rimasto nella propria regione, mentre il restante 26% è stato trasferito fuori regione.

GLI ERRORI

Fin qui tutto inevitabile, con l’aggiunta di un’aggravante. Un esempio su tutti è il caso citato da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera: “Se un pugliese finisce in Sicilia e un siciliano in Puglia, dato che non pesava il merito professionale ma solo l’algoritmo, poteva probabilmente esser fatto di meglio”.
Stella si riferisce al fatto che i neo-immessi in ruolo con la legge 107/15 nell’anno scolastico appena concluso hanno prestato servizio in una sede provvisoria. Per la sede definitiva hanno potuto esprimere fino a 100 preferenze, tante quante sono le province. Le cattedre sono state distribuite in base a vari parametri come anzianità di servizio, esigenze di famiglia (es. ricongiungimento alla famiglia, figli minori o meno, etc), titoli culturali generali.
“Poiché la mobilità degli insegnanti avviene, quindi, secondo regole che prevedono attribuzioni di punteggi per requisiti personali e professionali ed escludono barriere tra regioni e regioni, può capitare, ed è puntualmente capitato, che, secondo la “legge del cuculo” – l’uccello che occupa il nido di altri uccelli – migliaia di docenti che non hanno trovato posto nella regione di residenza hanno occupato posti nelle regioni limitrofe o in altre non viciniori, hanno spiegato su Tuttoscuola”.

L’AGORITMO

Sotto accusa per alcuni insegnanti è l’algoritmo del Miur, il meccanismo matematico che ha assegnato la sede di servizio in tutta Italia a 43.531 docenti tra scuola d’ infanzia, primaria e secondaria di I grado, e che sarà presto applicato per altre migliaia di professori della secondaria di II grado.

IL DATO DI FATTO

“Detto questo – ha osservato Stella –  le urla contro «la deportazione coatta», i lamenti per «una misura indecente e inaccettabile», le denunce degli «esiti nefasti della mobilità nella scuola», gli appelli contro «l’esodo biblico», sono esasperazioni che si rifiutano di tener conto di un dato di fatto: non potendo spostare scuole e studenti, devono spostarsi i docenti”.

Riprendendo nelle sue Punture di Spillo l’articolo di Gian Antonio Stella a proposito della “bufala” della deportazione degli insegnanti dal Sud al Nord, l’editorialista di Formiche.net Giuliano Cazzola, pur riconoscendo alcune manchevolezze nell’algoritmo usato per valutare le singole posizioni ha commentato: “Le cattedre fuori sede qualcuno le dovrà pur coprire, visto che il diritto allo studio dei giovani viene prima di ogni altra prerogativa riconosciuta agli insegnanti”.



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