Di fronte al ripetersi di eventi catastrofali, come il terremoto che ha colpito il centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto, si continua a invocare l’intervento dello Stato. Ma guardando oltre i nostri confini non funziona sempre così. In caso di catastrofi naturali sono molti i paesi ad avvalersi del sistema assicurativo. È quello che è accaduto ad esempio dopo le inondazioni nel sud est asiatico e gli uragani negli Stati Uniti.
Ma in Italia non tutti sono d’accordo, Matteo Renzi in primis, che ieri nel corso della consultazione sul progetto Casa Italia svoltasi nella Sala Verde di Palazzo Chigi ha sottolineato rispondendo al presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che l’introduzione di una polizza assicurativa obbligatoria per gli immobili “non è all’ordine del giorno e non penso sia la soluzione”.
Secondo il il Presidente del Consiglio caricare la classe media di nuovi oneri risulterebbe contraddittorio dopo l’eliminazione della tassazione sull’abitazione principale, ma l’eventuale piano assicurativo catastrofale italiano potrebbe prendere ispirazione dai modelli adottati dai paesi ad alto rischio sismico come California, Giappone, Nuova Zelanda e Turchia adottati per fronteggiare le calamità.
FAVOREVOLI E CONTRARI
Favorevole all’introduzione di un meccanismo assicurativo si è mostrato Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, che ha lanciato la proposta di introdurre l’assicurazione anti calamità nella prossima legge di stabilità, mentre Confedilizia è tornata a manifestare la sua opposizione, ricordando il parere espresso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato sui “rilevanti e inevitabili limitazioni alla regola della concorrenza” che comporterebbe una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali.
Per moderare l’intervento dello Stato in caso di calamità particolarmente catastrofiche, Antonio Coviello, ricercatore Iriss-Cnr e docente di marketing assicurativo dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha proposto di attivare una partnership pubblica e privata che preveda una franchigia minima a carico dell’assicurato (a seconda del rischio della zona), una copertura assicurativa a carico del proprietario e un sistema di riassicurazione pubblico anche a livello internazionale. Idea condivisa anche da presidente Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), Bianca Maria Farina, secondo cui “l’adozione di un modello misto, pubblico‐privato, comporterebbe benefici di portata generale: maggiore certezza, rapidità e trasparenza nei risarcimenti, un minore onere per le finanze pubbliche, un’attenzione maggiore per le misure di prevenzione del rischio”.
Se dal governo non sono arrivati al momento segnali favorevoli al progetto, il ministro Graziano Delrio ha rimarcato il paradosso dell’indetraibilità fiscale delle polizze volontarie contro le catastrofi naturali. Ecco invece come si assicurano i paesi più a rischio.
CALIFORNIA
Fondo a gestione statale ma interamente finanziato da privati tramite i premi delle polizze. È questo il modello adottato in California dopo il terremoto di Northridge del 1994.
“L’acquisto della polizze, vendute dalle compagnie assicurative, è facoltativo in abbinamento all’assicurazione incendio. Le franchigie di risarcimento ammontano al 10%-15% e la polizza è molto costosa a causa, tra l’altro, delle spese di acquisto della riassicurazione (nessuna garanzia pubblica è, infatti, offerta al programma)”, spiega un documento pubblicato da Ania nel quale si legge che “ad influenzare il costo della riassicurazione è anche la bassa penetrazione delle coperture che impedisce di diversificare il portafoglio tra aree ad alto rischio e aree meno esposte e fa aumentare le tariffe”. La percentuale di penetrazione è, infatti, del 12% circa a fronte del 33% del ’96 a causa, a sua volta, “dei costi troppo elevati, della convinzione di interventi statali in caso di catastrofi e della cessazione negli ultimi vent’anni di tali tipi di eventi”, si legge sul sito di Ania.
GIAPPONE
Attivo dal 1964, il programma Giapponese (Japan Earthquake Reinsurance (JER)) si basa invece su polizze vendute da compagnie private che si riassicurano in gruppo attraverso il fondo di coassicurazione Jer. I rischi ceduti al Jer sono ripartiti tra governo, fondo JER stesso e compagnie assicurative- spiega Ania – . In Giappone lo Stato offre soltanto capacità al Jer la cui percentuale di penetrazione è di circa il 25%. L’assicurazione catastrofale è offerta, in alternativa, dalle compagnie di mutua assicurazione, che agiscono in maniera indipendente dal Jer, senza alcun sostegno statale. La loro percentuale di penetrazione è di circa il 15%. Nel complesso la penetrazione totale residenziale giapponese è di circa il 40%.
NUOVA ZELANDA
In Nuova Zelanda l’assicurazione contro la guerra e i terremoti fu resa obbligatoria alla fine della secondo conflitto mondiale insieme con l’assicurazione incendio. Il sistema è caratterizzato da un’organizzazione centralizzata nelle mani dello Stato, che si occupa anche della gestione e del pagamento dei sinistri e da una polizza catastrofi naturali obbligatoria in presenza di una copertura incendio. Le compagnie private vendono la polizza e trasferiscono premi e sinistri a Eqc. Essa ha una tariffa “flat” per tutto il territorio, franchigie molto basse e limiti di indennizzo medio-alti. Eqc ricorre al meccanismo della riassicurazione. In questo caso lo Stato ricopre il ruolo di riassicuratore di ultima istanza per i sinistri che eccedono la capacità del settore privato. La penetrazione della copertura assicurativa è di oltre il 90%, di conseguenza il premio è il più basso al mondo: 15 centesimi ogni 100 dollari di copertura.
TURCHIA
Il programma turco Tcip (Turkish Catastrophe Insurance Pool) è stato varano nel 2000, dopo il terremoto di Izmit del 1999. È contraddistinto da una polizza obbligatoria con premio proporzionale al rischio, in base a posizione geografica e tipologia di costruzione. Le polizze sono vendute dalle compagnie, che trasferiscono premi e sinistri al Tcip, che, a sua volta, si riassicura sul mercato internazionale.
La penetrazione è del 26% sebbene non siano previsti interventi dello Stato post-evento per la ricostruzione. Ania spiega che su questa percentuale molto bassa incidono: “l’assenza di sanzioni per i non assicurati, gli alti costi che le popolazioni più povere e nelle zone a rischio sono chiamate a sostenere e la convinzione di un intervento statale a seguito di eventi catastrofici”.