Un no ottimista. E pure ambizioso. È sempre più convinto della sua posizione Stefano Parisi che ieri sera, all’Hotel Enterprise di Milano, ha ribadito ancora una volta le ragioni del suo “no” al referendum costituzionale. Inoltre, il rottamatore del centrodestra ha parlato, nello specifico, della sua proposta di cambiamento.
AL VOTO PER SCEGLIERE LE LINEE GUIDA DELLA “VERA RIFORMA” E L’ASSEMBLEA COSTITUENTE
“Quello che maggiormente mi preoccupa della riforma costituzionale proposta dal Governo è il tecnicismo e la forma riparatrice, proprio come era successo con il Titolo V, fatto sempre dalla sinistra”, ha esordito l’ex direttore generale di Confindustria, che poi ha aggiunto: “Non si può riformare la Costituzione se non si riforma la giustizia che è il nostro problema principale. Questa è una grave carenza. Sono contro questa riforma perché omette temi importanti e perché cancella il federalismo e soffoca l’autonomia e la responsabilità”. Ha detto ancora: “Il cambiamento non mi spaventa, ma deve essere fatto bene. Dobbiamo essere ambiziosi e guardare al futuro”. In che modo? “Dando una nuova forma al rapporto Stato-società”. Nello specifico, da un po’ di tempo Parisi e il suoi parlano di un’assemblea costituente “nominata ad hoc che possa pensare a riformare davvero la Costituzione”. Se dovesse vincere il no, il piano B dunque è già pronto. Questa è la sua proposta che ha esplicitato di fronte a un uditorio interessato e composto. “L’assemblea sarà nominata ad hoc con 100 senatori che, finito il loro lavoro, non potranno ricandidarsi. A scegliere i membri dell’organo che riformerà consapevolmente la Costituzione saranno gli elettori”. Non solo, chiamati gli elettori alle urne per scegliere i “riformatori costituenti 2.0”, si chiederà alla gente di esprimere la propria preferenza in merita a 4-5 questioni urgenti “così da dettare le linee guida della riforma che a questo punto non sarà imposta dall’alto ma pensata insieme” ha spiegato ancora l’ex candidato sindaco. Per questo il suo non è un diniego per principio, entra nel merito: è un no propositivo.
LE MOTIVAZIONI DEL GIURISTA ROSBOCH
Dal punto di vista tecnico, il giurista Michele Rosboch ha spiegato invece quali sono le lacune del testo proposto da Matteo Renzi. Tre i punti fondamenti sui quali ha scelto di soffermarsi: “Il primo è il modo in cui è stata fatta, non c’è stato dibattito e non è condivisa da tutti in Parlamento. Approvare le riforme a colpi di maggioranza non è stato producente negli anni passati”. Il secondo motivo per cui il docente ha deciso di schierarsi sul fronte del no è la scelta di usare l’articolo 138 per modificare random molti articoli della Costituzione. “Quell’articolo è stato pensato per esigenze specifiche che in questo caso non ci sono” ha detto ancora. Infine il terzo luogo, ciò che lascia perplesso il professor Rosboch è l’oggetto della riforma. “Che cosa non si riforma? Il rapporto tra i poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) e i vertici dello Stato” ha detto. Che cosa invece si riforma? “Il ruolo del Senato che, privato di ogni forza politica, diventa rappresentanza degli interessi regionali”. Poi? “Si modifica anche il procedimento legislativo e cambia il rapporto Stato-regioni con un ritorno al centralismo”. Tutto questo va in combinato disposto con l’Italicum.
LA POLITICA DEVE TORNARE IN ALTO
L’ultima battuta a Parisi. Gli chiedono se per tornare alla buona politica sia davvero necessario abbattere i costi, baluardo della campagna referendaria del Partito Democratico. Innanzitutto, c’è davvero un risparmio? “Sì, di circa 50 milioni. Ma c’è un tema più importante”. Più dei soldi verrebbe da dire? “La politica deve tornare a dire che è sua responsabilità l’integrità e la lealtà di chi fa politica. Sua e di nessun altro. Sua e non della magistratura. Una politica piegata al volere dei magistrati perde la sua missione”. È ambizioso Parisi, lo abbiamo detto. E menomale.