Le fonti interne anticipano a diversi media americani che il presidente Donald Trump avrebbe deciso di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul Clima di Parigi, firmato nel 2015 da 195 Paesi, quasi tutti quelli delle Nazioni Unite, eccezion fatta per Siria e Nicaragua. Al momento non ci sono conferme ufficiali dalla Casa Bianca, anche se le informazioni di stampa sono multiple.
DECISIONE FINALE ANNUNCIATA A GIORNI
Appena la notizia è stata diffusa, Trump ha scritto un tweet in cui ha annunciato che la sua decisione sarà resa pubblica nel giro di pochi giorni. Il presidente, già quando si trovava al G7 di Taormina aveva fatto sapere, sempre su Twitter, che la deliberazione su Parigi 2015 sarebbe stata annunciata durante questa settimana. La differenza di visione sulla questione ambientale è stato uno dei punti di maggior distanza tra Trump e gli altri sei membri del G7, sottolineato anche con un distinguo messo nero su bianco sul documento conclusivo del summit.
LA LEGACY DI OBAMA
Il largo consenso ottenuto nella riunione Cop21 di Parigi di due anni fa è considerato come una delle più grosse eredità di Barack Obama, convinto sostenitore della necessità di agire per bloccare i cambiamenti climatici, in quanto causati dall’uomo. La Nasa ritiene che questa correlazione uomo/clima sia credibile al 95 per cento: è su dati come questi che Obama ha giocato gli assi per sensibilizzare gli altri paesi e farli aderire a protocolli di impegno per ridurre dal 2020 le emissioni di anidride carbonica, considerate la causa dell’effetto serra e del riscaldamento globale. Uscire dall’accordo sarebbe una delle mosse più forti che Trump potrebbe fare per distruggere la legacy del suo predecessore.
CHI STA CON TRUMP E CHI NO
Trump, a differenza di Obama, ha detto in passato di ritenere la storia dei cambiamenti climatici e del global warming “una bufala”, e come lui la vede Scott Pruitt, nominato dal presidente alla guida dell’EPA, l’agenzia americana per la protezione ambientale, che è stata spolpata nel bilancio 2018 su molti programmi di ricerca. Trump e Pruitt hanno avuto martedì un incontro alla Casa Bianca. Pruitt, a gennaio, durante le audizioni di conferma aveva adottato un atteggiamento leggermente più morbido sui climate change, ma resta uno di quelli ascrivibile a chi vuole l’uscita da Parigi 2015; capofila, lo stratega politico Steve Bannon. Altra linea, restare, ce l’ha la corrente che passa da Ivanka Trump (e marito) e arriva fino al segretario di Stato Rex Tillerson, tutti convinti dell’importanza del Clima e del ruolo antropico. Questa posizione è condivisa anche da grandi parti dell’industria americana: a inizio maggio, per esempio, il Ceo della Exxon Mobil, Darren Woods, ha scritto una lettera personale a Trump chiedendogli di rispettare l’accordo – la Exxon già ai tempi in cui il Ceo era Tillerson aveva preso posizioni simili. Tra i pro-clima, anche Elon Musk, Ceo di Tesla che produce pannelli solari tramite la controllata Solar City, e membro del gruppo di consiglieri speciali di Trump sull’economia. Anche il Pentagono ha valutato come un argomento strategico l’innalzamento dei mari, la desertificazione, e in generale tutto il pattern dei cambiamenti climatici, perché potrebbe sollevare questioni di sicurezza (migrazioni, guerre per l’acqua, eccetera).
COME USCIRE?
Ritirarsi dall’accordo di Parigi è stato uno degli argomenti calcati da Trump durante la campagna elettorale, ed ha ottenuto consenso perché lo ha dipinto come un deal costoso e svantaggioso per gli Stati Uniti (anche nel tweet di oggi, in cui annunciava la decisione imminente, chiudeva con il claim elettorale “Make America Great Again”). Ma il ritiro non è questione semplice. Uscire dall’accordo richiede tre anni, perché una clausola del documento firmato dice chiaramente che non è possibile tirarsi indietro prima di tre anni dalla firma (che è del 4 novembre del 2016). L’opzione da cavalcare allora potrebbe essere far passare Parigi 2015 sotto la valutazione del Senato, e sperare che i senatori lo boccino. Qui trova già la sponda esplicita del capo della maggioranza repubblicana Mitch McConnell, che ha firmato pochi giorni fa insieme ad altri 21 colleghi una lettera per chiedere al presidente di abbandonare l’accordo di Parigi. La fonte che ha parlato anonimamente con l’Associated Press ha sottolineato che sarà scelto un linguaggio adeguato per delineare il ritiro, in modo da far capire che la scelta potrebbe non essere definitiva. Del lavoro si starebbe occupando un ristretto team di collaboratori guidato da Pruitt.