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Aiuti occidentali e controffensiva. Le prospettive della guerra in Ucraina secondo Jean

L’aspetto strategico essenziale per l’efficacia degli aiuti occidentali e per l’aumento delle perdite russe, prima che il Cremlino possa “cantar vittoria”, è il tempo che intercorre per la loro piena operatività e la possibilità ucraina di stabilizzare il fronte. Ma non solo… Il commento di Carlo Jean

Con la decisione del Congresso Usa di sbloccare i 60,8 mld $ di aiuti a Kyiv, la guerra in Ucraina sta entrando in una nuova fase. Secondo taluni esperti potrebbe essere quella decisiva. Potrebbe infatti persuadere il Cremlino che, anche in caso di vittoria di Trump, gli Usa continueranno a sostenere l’Ucraina. Quest’ultima non potrà quindi essere sconfitta. Il Cremlino sarebbe indotto a un negoziato, necessariamente di compromesso, volto a concordare una tregua più o meno duratura. Esso sarà possibile solo se sia Mosca che Kyiv si convinceranno che la sconfitta dell’avversario, cioè la propria vittoria è impossibile o troppo costosa e lunga. La principale difficoltà consisterà nel definire garanzie di sicurezza, accettabili per Kyiv, che il Cremlino non riprenda l’aggressione. Oggi non esistono le condizioni per tale negoziato. Forse sia Mosca che Kyiv sono persuase di poter ancora conseguire una completa vittoria. Nessuno dei due ha le forze necessarie per farlo. La Russia potrebbe sconfiggere le forze regolari ucraine, ma non potrebbe mantenere l’occupazione del territorio contro quelle della difesa territoriale. Manca degli effettivi necessari. Gli aiuti occidentali ad alta tecnologia non possono compensare la carenza di soldati da parte ucraina. Gli aiuti Usa e Ue alleggeriranno la pressione sulle forze ucraine, per un tempo più o meno lungo, aumenteranno le già rilevanti perdite russe e toglieranno al Cremlino le speranze che Trump abbandoni l’Ucraina e l’Europa a loro stesse, ma non possono consentire a Kyiv il superamento della “Linea Surovikin”.

Entrambi i contendenti esitano a riconoscere tale realtà. Non lo fanno non perché “Biden non vuole” – come si ostina a sostenere qualche “buontempone” (pardon! “studioso”) nostrano, ma perché in Ucraina non sono in gioco solo interessi territoriali e di potenza, ma la stessa visione del destino della Russia e la sopravvivenza dell’Ucraina, nonché il futuro politico di Putin e Zelensky e dei loro regimi.

Per il Cremlino resta irrinunciabile la resa dell’Ucraina, mascherata dalla denazificazione, smilitarizzazione, mutamento del regime e – perché no? – data la crescente importanza del Patriarcato Ortodosso di Mosca, la liberazione dell’Ucraina dal peccato a cui la condannerebbe l’adesione ai valori occidentali e al loro permissivismo, che allontanano il Paese dal Russkij Mir. Kyiv non può rinunciare alla riconquista dei territori perduti.

Nelle ultime operazioni, la Russia sta avendo la meglio, data non solo la sua superiorità numerica e di armamenti, ma anche i molteplici miglioramenti tattici e logistici apportati alle sue forze, dopo i disastri subiti fino all’autunno 2022. La catena di comando è stata unificata. Il sistema logistico reso più resiliente al fuoco ucraino in profondità. La guerra elettronica sta surclassando quella di Kyiv, riducendo in particolare la precisione delle sue armi con elevata gittata (HIMARS e STORM SHADOW) che tante perdite avevano inferto alla logistica russa. Il Cremlino ha iniziato a impiegare efficacemente la sua superiorità aerea, soprattutto con le temibili “bombe plananti” che sono vecchie bombe sovietiche da 500 kg dotate di propulsori, ali e dispositivi di guida, impiegate soprattutto contro le fortificazioni ucraine. Mosca ha raddoppiato dal 2022 il bilancio della difesa, effettuato una mobilitazione industriale molto più rapida di quella occidentale, adeguate l’economia e l’industria alle sanzioni e mantenuto il sostegno di circa tre quarti dell’opinione pubblica. Dispone in Ucraina di circa 470.000 uomini, che permettono la rotazione dei reparti in prima linea, e ne sta preparando altri 30-40.000, forse per un attacco più a Nord dell’attuale fronte, fra Kharkiv e Sumy, per aggirare le difese ucraine. La riduzione del fango nel terreno ne favorisce la sua offensiva a Est e a Sud, permettendo il movimento dei cingolati. Ha subito notevoli perdite di soldati e di mezzi. Ha ovviato per questi ultimi attingendo agli enormi stocks di vecchi mezzi, anche degli anni ’60, ereditati dall’Urss.

L’Ucraina ha attraversato, dopo il fallimento della sua controffensiva d’estate, un periodo di crisi che dura tuttora. Zelensky ha imposto ai suoi generali obiettivi impossibili da conseguire contro le difese fortificate russe, cioè la prosecuzione degli attacchi per riconquistare i territori perduti, senza disporre della potenza necessaria per farlo. Temeva, qualora avesse ordinato di mettersi sulla difensiva a di fortificare la linea del fronte, di riconoscere implicitamente la perdita del 20% circa del territorio nazionale e di far così crollare il morale della popolazione.

Il risultato è stato che, quando è stato costretto a dar ragione ai generali e di passare alla difensiva, il terreno era diventato gelato, difficile da scavare. Il tempo per costruire robuste fortificazioni campali si era ridotto. Inoltre, ha ritardato a mobilitare gli uomini che sono necessari agli ucraini forse, addirittura, più delle armi. Le accese discussioni sul sistema di reclutamento al Parlamento di Kyiv hanno provocato il quasi pilatesco “topolino” della riduzione dell’età della leva da 27 a 25 anni. Immagino l’effetto negativo che la cosa ha avuto sul morale della truppa, esausta senza ricambi da mesi di lotta.

I ritardi dell’approvazione degli aiuti Usa e l’incapacità europea di mobilitare l’industria bellica, hanno causato una gravissima crisi nel rifornimento di munizioni sia terrestri che contraerei. L’eroismo delle fanterie e la resilienza della popolazione ucraine hanno impedito il crollo della prima linea e del fronte interno, malgrado l’aumento di perdite e delle distruzioni. Con l’approvazione degli aiuti militari europei e, soprattutto, americani, il morale ucraino si è certamente rafforzato. Però, i loro effetti materiali non saranno immediati, sia per i tempi di trasporto e di distribuzione, sia perché la superiorità materiale russa è troppo elevata (nel campo dell’artiglieria i russi sparano più di 12 colpi degli ucraini). Inoltre, le armi ad altissima tecnologia che saranno date all’Ucraina avranno un effetto temporaneo, data la provata abilità russa di adottare contromisure tecniche e tattiche che ne riducono l’efficacia. Dovranno essere impiegate sin dall’inizio a massa, perché si tratta del tipo di resistenza per poterne sfruttare al massimo l’effetto sorpresa. Questo aumenterà i tempi necessari perché i nuovi aiuti pesino realmente sull’esito dei combattimenti.

Due considerazioni sulle “sparate” di Macron, d’inviare truppe di terra europee in soccorso degli ucraini, qualora il loro fronte fosse travolto, unito alla retorica postilla “qualora gli ucraini lo richiedessero”. Non l’hanno sinora apertamente chiesto per orgoglio o per non farsi dire di no. L’“uscita” di Macron è un bluff diretto agli europei, ai russi, ai francesi o… “alla luna”. A parte che nessun altro Paese europeo ha appoggiato la proposta, essa è poco fattibile sotto il profilo tecnico. Infatti, le forze francesi non dispongono della potenza né della mobilità strategica necessaria, per un intervento tempestivo e significativo. In caso di crollo del fronte, l’Occidente dovrebbe orientarsi a sostenere una difesa territoriale ucraina contro l’occupazione russa. Si tratta di una forma di resistenza simile a quella che gli Usa e l’UK avevano organizzato in Ucraina dopo la conquista russa della Crimea nel 2014. Essa fu abbandonata solo dopo che gli ucraini si misero a combattere e, con grande sorpresa di tutti, respinsero l’aggressione russa nel 2022.

Comunque sia, l’aspetto strategico essenziale per l’efficacia degli aiuti occidentali e per l’aumento delle perdite russe, prima che il Cremlino possa “cantar vittoria”, è il tempo che intercorre per la piena operatività degli aiuti occidentali e la possibilità ucraina di stabilizzare il fronte. Importante è la resistenza ucraina a Chasiv Yar, attorno a cui sono oggi concentrati i combattimenti. Ma ancora più essenziale è l’estensione della mobilitazione a nuove classi di età. Non vedo perché la coscrizione debba iniziare a 25, anziché a 18 anni. La reticenza a farlo dimostra che Zelensky è meno forte politicamente di quanto voglia sembrare. Tale limite, inoltre, rende difficile che l’Occidente sostenga l’Ucraina senza riserve, malgrado sia persuaso che Putin non si fermerebbe dopo un successo in Ucraina e che l’occupazione degli Stati Baltici richiederebbe una settimana o poco più, cioè meno del tempo necessario alla Nato per intervenire a loro difesa, fatto che certamente il Cremlino ben conosce.

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