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Ecco come ruotano le portaerei Usa tra Pacifico e Indo Mediterraneo

Rischi legati a Hezbollah e presenza strategica nell’Indo Mediterraneo. Il Pentagono ordina una rotazione di portaerei dal Pacifico al Medio Oriente, la prima del genere dal 2021

La portaerei statunitense Dwight Eisenhower (CVN-69) è pronta a lasciare il Mar Rosso, mentre un’altra portaerei americana attualmente di stanza nel Pacifico dovrebbe dirigersi verso nell’Indo Mediterraneo per continuare la missione di presenza degli Stati Uniti nella regione.

La rotazione fa da racconto plastico di come i due quadranti, il Mediterraneo allargato e l’Indo Pacifico, siano interconnessi, con l’Indo Mediterraneo fulcro geopolitico. È là che per esempio diventa strategica la minaccia di Hezbollah, che dal Levante avverte che potrebbe riaprire la guerra contro Israele (incontrando potenziali reazioni rapide del governo Netanyahu, sempre più difficoltà). I miliziani sciiti hanno avvertito che nei loro target potrebbe rientrarci Cipro e Haifa, mettendo nei loro obiettivi il Mediterraneo orientale, ma anche la porzione di bacino dove si snoda la connettività indo-mediterranea verso Oriente.

Il ridispiegamento statunitense tiene conto di queste dinamiche, anche perché coinvolge gli assetti navali primari (e più strategici), quelli che permettono di proiettare la capacità militare statunitense ovunque nel mondo.

La “Ike” (soprannome della mitica Eisenhower) e la sua scorta di incrociatori usciranno dal Mar Mediterraneo (dove si trovano per partecipare all’operazione “Prosperity Guardian” contro la destabilizzazione geoeconomica e securitaria prodotta già dagli Houthi), invece i cacciatorpediniere di scorta rimarranno nell’area di operatività della Quinta Flotta (di stanza in Bahrein) — evidentemente per non lasciare eccessivamente scoperto il quadrante. Non è invece ancora chiaro quale portaerei del Pacifico si sposterà nell’Indo Mediterraneo: dai dati disponibili con lo USNI News Fleet and Marine Tracker, la più vicina è la Theodore Roosevelt (CVN-71) che è partita a gennaio dalla 32nd Street Naval Station di San Diego. Potrebbe essere lei la scelta, anche perché con ogni probabilità, più avanti ma sempre durante l’estate sarà sostituita nell’Indo Pacifico dalla Harry Truman (CVN-75).

L’ultima volta che una rotazione del genere è stata ordinata dal Pentagono era il 2021, quando gli Stati Uniti hanno evacuato le truppe dall’Afghanistan — in quell’occasione fu la Ronald Reagan (CVN-76), con base in Giappone, a spostarsi nel Mare Arabico settentrionale per fornire copertura aerea alla partenza delle forze statunitensi. Ora che le tensioni tra Israele e Hezbollah crescono (al punto che un conflitto aperto, strascico della guerra di Gaza, potrebbe scoppiare nelle prossime settimane), il dispiegamento militare americano potrebbe anche servire a qualcosa di simile.

Alcuni Paesi, per esempio il Canada, hanno già iniziato a evacuare il Libano per timori di un’escalation. C’è questa evenienza tattica da gestire, e c’è soprattutto la necessità strategica di non poter arretrare su quel quadrante dove in questo momento sono sollecitati dossier altamente sensibili che riguardano anche la competizione tra potenze. È una scelta dal valore più narrativo che informativo mettere per alcune ore in apertura della cinese Xinhua, questa dichiarazione di ieri del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: “Cerchiamo di essere chiari: la popolazione della regione e la popolazione del mondo non possono permettersi che il Libano diventi un’altra Gaza”.

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