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Gli effetti su Kyiv delle svolte a Parigi, Washington e alla Nato. L’analisi di D’Anna

In pochi mesi lo scenario del conflitto in Ucraina potrebbe subire notevoli cambiamenti. E per la prima volta dall’inizio dell’invasione russa, gli stravolgimenti della situazione non dipenderebbero da Putin ma paradossalmente dal sistema democratico occidentale. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Viste da Kyiv le scadenze delle elezioni generali francesi, le presidenziali americane e l’insediamento al vertice della Nato del nuovo segretario generale Mark Rutte, possono rappresentare un cambio di prospettiva della resistenza dell’Ucraina all’invasione della Russia di Putin.

L’eventuale vittoria nelle prossime ore, in Francia, del Rassemblement National del 28enne Jordan Bardella preoccupa meno della probabile sconfitta negli Stati Uniti dell’esausto Joe Biden da parte di Donald Trump.

Bardella ha assicurato che “non permetterà all’imperialismo russo di assorbire uno stato alleato come l’Ucraina”, mentre dopo aver preso a pesci in faccia e ridicolizzato Biden nel dibattito televisivo, Trump ha ribadito che appena rieletto contatterà Putin e troverà una soluzione per mettere fine al conflitto. Come e a spese di chi non l’ha precisato, ma si intuisce che gli ucraini saranno costretti a subire cessioni territoriali.

Il paventato ritorno alla Casa Bianca dell’ex presidente potrebbe rendere meno agevole la rotta di Rutte alla Nato. Rispetto a Jens Stoltemberg, ancora in carica fino al 1 ottobre, l’ex premier olandese è un falco ancora più intransigente nei confronti del Cremlino. Nei mesi che mancano all’insediamento del nuovo presidente Usa, Rutte accelererà il coordinamento dell’assistenza militare dei singoli paesi nei confronti dell’Ucraina. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere Kyiv nelle condizioni di negoziare da posizioni di forza. Ma le prospettive dei una coabitazione con Trump non sono negative.

Da premier dell’Olanda il neo segretario generale della Nato è stato definito “the Trump Whisperer” – colui che sussurra all’orecchio di Donald Trump – per la sua capacità di ragionare col tycoon. Ed è del febbraio scorso il suo appello ai tutti i Paesi Ue: “Pensiamo alla nostra difesa, non a chi siede alla Casa Bianca”. A rafforzare Rutte vi sarà inoltre l’intesa con la designata rappresentante della politica estera europea, l’attuale prima ministra lettone Kaja Kallas, ancor più bellicosa oppositrice dell’espansionismo di Putin.

L’arrivo degli ingenti armamenti americani, inglesi e europei e l’operatività dei primi super caccia F-16 stanno capovolgendo nuovamente a favore delle forze ucraine l’andamento della guerra. Sul fronte le truppe russe sono state costrette a lasciare un distretto nella città di Chasiv Yar della guerra e a ripiegare lungo il canale Siverskyi Donets-Donbas che corre lungo il confine orientale della città.

È un piccolo successo che da il senso del progressivo esaurimento dell’offensiva di primavera scatenata dai russi e che è costata loro decine di migliaia di caduti. Un massacro che rientra nell’ecatombe generale del conflitto. Secondo il ministero della Difesa inglese, dall’inizio della fallita invasione la Russia ha perso complessivamente circa 250 mila soldati ed altrettanti avrebbero riportato ferite di varie gravità.

Spinti all’attacco con la minaccia di essere fucilati, i militari moscoviti hanno perfino utilizzato motociclette per tentare di scavalcare a velocità o giungere a ridosso delle trincee ucraine. Una folle corsa, spesso suicida, sotto le raffiche delle mitragliatrici per spiazzare le difese di Kyiv e batterle sul tempo.

Che la potenzialità difensiva ucraina si sia trasformata in capacità di colpire le retrovie delle forze di Mosca lo dimostra non soltanto il bombardamento con droni e missili di un deposito petrolifero nella regione russa di Tambov, a centinaia di chilometri dal confine, e le incursioni da Bryansk a Smolesnk, da Kursk, a Voronezh e a Rostov sul Don, ma anche il fatto che in Crimea per la prima volta il Cremlino ha schierato uno dei più segreti sistemi di difesa aereo.

Si tratta dell’ apparato mobile terra-aria, classificato come Prometheus, progettato per intercettare i missili balistici e altre armi a distanza che finora non è mai stato utilizzato in battaglia. Ha un raggio d’azione di 800 chilometri e dovrebbe colpire nello stesso momento fino a 10 missili balistici che volano a velocità fino a 7 chilometri al secondo.

In sostanza può intercettare i missili balistici intercontinentali (Icbm) e quelli da crociera, così come elicotteri e aerei. Un potenziamento difensivo deciso dopo la distruzione da parte dell’Ucraina di una base di sorveglianza spaziale e di comunicazione di Mosca a Vityne in Crimea.

Le rilevazioni satellitari americane e inglesi hanno accertato che del centro che rappresentava un’importante terminale del sistema russo di comunicazione e navigazione satellitare rimangono soltanto delle macerie fumanti.

Accecare o, comunque, compromettere il network satellitare russo potrebbe avere gravi conseguenze strategiche per l’intero apparato militare che Putin sta puntellando in tutti i modi per scongiurare il collasso dell’armata russa.

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