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Altro che Via della Seta. L’eldorado green della Cina in Italia

Il fotovoltaico nelle mani di Xi Jinping. Dopo la direttiva dell’Enea svelata da Formiche.net che apre ai pannelli cinesi, arriva un accordo del governo italiano che apre al colosso Huasan. A Pechino non rimpiangono più Conte.

Chissà se c’entra qualcosa il documento dell’Enea con cui si apriva alla possibilità di acquisto di pannelli a celle fotovoltaiche prodotte da industrie extra europee – leggasi cinesi. Fatto sta che a poche ore dalla notizia rilanciata da Formiche.net è arrivato l’annuncio del ministero del (fu) Made in Italy con cui si aprono le porte italiane al fotovoltaico Made in China, con un “progetto strategico per sviluppare la tecnologia green in Italia”, almeno a quanto dice Palazzo Piacentini. Peccato che quel progetto “strategico” sia tutto di matrice cinese.

L’accordo

Oggi, nella sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy, e alla presenza del ministro Adolfo Urso, è stato firmato un memorandum d’intesa tra l’azienda italiana Bee Solar e la cinese Huasun per avviare una cooperazione strategica nell’industria che produce energia solare.

Il timore è chiaro: rischiare di aiutare la Cina, primo produttore al mondo che ha intasato il mercato anche con piani di overcapacity, e ha abbinato allo sviluppo di questo settore industriale la competizione geopolitica per accaparrarsi minerali e materiali specifici. E non solo, perché la questione del fotovoltaico riguarda anche il controllo dei dati degli utenti.

Quanto accade oggi sembra essere anche conseguenza di quella traiettoria sospetta – apparentemente anti-americana – che sta inclinando verso Oriente il piano delle relazioni tra Italia e Cina ( relazioni economico-commerciali, ma chiaramente non solo, visto come i temi di economia, politica e sicurezza siano ormai del tutto interconnessi). È anche questo l’effetto diretto della visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Cina, i cui risultati sono contraddittori, come analizzavamo in IPS01082024?

L’intesa odierna rientra nell’ambito dell’accordo di cooperazione tra Mimit e Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione (Miit) della Repubblica Popolare Cinese, predisposto durante la missione del ministro Urso a Pechino che ha anticipato di pochi giorni quella della premier. L’accordo è stato poi sottoscritto proprio durante la recente visita ufficiale di Meloni.

Cosa fanno Ue e Usa

Una cooperazione “strategica” nell’industria fotovoltaica è un tema molto delicato. Val la pena ricordare che sul fotovoltaico cinese sono attive varie misure da parte dell’Unione europea. L’Ue ha adottato un approccio generale severo per contrastare la concorrenza, considerata sleale, dei pannelli fotovoltaici cinesi e sostenere dunque la produzione locale. Per esempio, dopo un’indagine che ha rivelato come le aziende cinesi vendessero i pannelli a prezzi inferiori rispetto al loro valore normale di mercato, danneggiando i produttori europei, Bruxelles ha deciso di reintrodurre dazi su quei prodotti fotovoltaici.

Misure analoghe, e più dure, sono state adottate dall’amministrazione Biden (estese anche all’industria della batterie e dell’auto elettrica) e tali disposizioni rappresenteranno lo scheletro della postura americana verso certe questioni sensibili anche nel futuro (post Usa2024). Parallelamente, l’Ue sta discutendo l’introduzione di nuovi sistemi per supportare la produzione interna di tecnologie verdi essenziali per raggiungere la neutralità climatica. Questo include incentivi specifici per la produzione di pannelli solari all’interno dell’Unione, riducendo la dipendenza dalle importazioni cinesi – ossia, tale filosofia rischia di incocciare con quella direttiva dell’Enea e con l’intesa di cooperazione con la Cina siglata al Mimit.

I commenti del ministero

“Questa partnership risponde pienamente all’obiettivo che i nostri Paesi intendono raggiungere nel campo delle tecnologie green. È un progetto strategico, per sviluppare la filiera fotovoltaica in Italia”, è invece il messaggio veicolato dal ministro Urso. Nello specifico, spiega il ministero, con questo accordo Bee Solar, società italiana specializzata nello sviluppo di insediamenti industriali con particolare riferimento agli stabilimenti di produzione di componenti per il fotovoltaico, si propone di realizzare un centro di produzione in Italia, sfruttare la tecnologia e il know-how di Huasun, avviare la costruzione dell’impianto nel primo quadrimestre del 2025 e stabilire un impianto di produzione avanzato e competitivo in Europa.

Il contesto preoccupante

È noto che Huasun – azienda cinese di innovazione tecnologica specializzata nella ricerca, sviluppo e produzione su larga scala di apparecchiature fotovoltaiche – stia cercando di rafforzare la propria posizione nel mercato europeo. Particolare invece, e piuttosto preoccupante, che scelga l’Italia come via per spingere questa strategia di espansione. Intanto, per sostenere la domanda di Bee Solar, Huasun sfrutterà la propria capacità produttiva in Cina – non italiana, dunque.

L’accordo fotovoltaico firmato oggi a Mimit segue di poche ore quello di ieri tra EuroGroup e Hixih nel settore automobilistico. È molto probabile che nei prossimi giorni saranno firmati altri protocolli sulla tecnologia verde e sulla mobilità elettrica, sempre nell’ambito dell’intesa di cooperazione tra Mimit e il Miit preparata con i recenti contatti istituzionali tra Italia e Cina. Il sovranismo italiano ha ritrovato una nuova declinazione pechinese. Prima era il governo gialloverde, ora quello di centrodestra. A Pechino, si sa, sono bravi a fare nuove amicizie. Il memorandum del Conte 1 è ormai un vecchio ricordo. Ma gli affari sembrano essere tornati come prima, più di prima.

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