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Politici e giornalisti alla presentazione del libro di Veltroni. Foto di Pizzi

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Ezio Mauro
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Ezio Mauro
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Monica Maggioni
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Monica Maggioni
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Monica Maggioni
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Monica Maggioni
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Monica Maggioni
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Fabrizio D'Esposito
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Mariapia Garavaglia (a destra)
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Mariapia Garavaglia (a destra)
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Pier Ferdinando Casini
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Pier Ferdinando Casini
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Pier Ferdinando Casini
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Pier Ferdinando Casini
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Pier Ferdinando Casini e Mariapia Garavaglia
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Pier Ferdinando Casini e Mariapia Garavaglia
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Pier Ferdinando Casini
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Gianni Letta a Pier Ferdinando Casini
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Gianni Letta a Pier Ferdinando Casini
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Gianni Letta a Pier Ferdinando Casini
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Alessandra Sardoni e Pierluigi Battista
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Alessandra Sardoni e Pierluigi Battista
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Alessandra Sardoni e Pierluigi Battista
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Massimo D'Alema
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Gianni Letta e Nicola Latorre
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Clio Napolitano
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Clio Napolitano
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Clio Napolitano e Bianca Berlinguer
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Clio Napolitano e Bianca Berlinguer
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Bianca Berlinguer
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Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
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Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
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Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
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Clio Napolitano e Massimo D'Alema
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Clio Napolitano e Massimo D'Alema
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Marino Sinibaldi (a sinistra)
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Marino Sinibaldi (a sinistra)
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Giorgio Napolitano
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Ezio Mauro e Giorgio Napolitano
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Ezio Mauro e Giorgio Napolitano
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Ezio Mauro e Giorgio Napolitano
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Ezio Mauro e Giorgio Napolitano
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Ezio Mauro, Giorgio Napolitano e Monica Maggioni
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Ettore Scola e Pier Ferdinando Casini
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Nicola Latorre e Gianni Letta
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Giovanna Melandri
Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema
Bianca Berlinguer e Massimo D'Alema

Testo di Fabiola Cinque

Questa volta non possiamo chiederci “chi c’era” alla presentazione del nuovo libro di Walter Veltroni “Ciao”. C’erano davvero tutti.

Non potremo mai elencare tutti i presenti (oltre 600) della Sala Petrassi all’Auditorium, se non in linea di massima. La RAI credo fosse al completo, da Monica Maggioni (presidente della Rai da agosto 2015) e qui in veste di relatore, all’ex direttore generale della Rai Luigi Gubitosi.

Presentatrici e presentatori delle varie reti RAI, compresi il nuovo conduttore di Ballarò Massimo Giannini (ex vicedirettore de La Repubblica), Bianca Berlinguer e Maurizio Mannoni, fino a La7 con Alessandra Sardoni. C’erano anche i volti noti del passato, primo tra tutti Ugo Gregoretti. I vari Direttori e giornalisti di ogni testata. E per lo spettacolo c’erano da Ettore Scola a Renzo Arbore, da Pippo Baudo a Gigi Proietti.

Anche per la politica non mancava davvero nessuno: da D’Alema a Gianni Letta, da Gianfranco Casini alla Ministra Boschi. Tutti intorno a Clio Napolitano mentre il marito, il Presidente Giorgio, era sul palco tra l’autore e i giornalisti. Mancava, a differenza di quanto annunciato, Sergio Zavoli.

Il dibattito, moderato da Gramellini, prende subito vita attraverso il racconto.

Il libro racconta di un incontro che non potrà mai accadere. Veltroni immagina di tornare a casa da solo, al crepuscolo di una Roma deserta di Ferragosto, ed incontrare sul pianerottolo il padre Vittorio. Qui si dicono “Ciao” ed inizia il dialogo. Un dialogo per riempire il vuoto lasciato dal genitore scomparso nel ’56 per una leucemia fulminante, quando lui aveva poco più di un anno.

Il Ciao è l’inizio di una comunicazione sentimentale: “Non ho mai smesso di cercarti”. I due in questa serata invertono i ruoli: Walter, il figlio, è oramai quasi sessantenne ed il padre (morto a 37 anni) è rimasto giovane nella memoria storica. Ora potrebbe essere il papà di suo padre.

E dato che il papà di Veltroni è stato un grandissimo radiocronista, il vero ed unico ricordo è stata la sua voce che ha potuto riascoltare numerose volte, e che è rimasta intrappolata per sempre nel passato. Walter Veltroni  ha convissuto con l’eredità di una voce.

L’incontro dà a Veltroni la possibilità di confrontarsi con un padre che lui non ha mai conosciuto, se non attraverso i ricordi ritrovati a casa e testimonianze delle persone che l’avevano conosciuto e che avevano lavorato con lui. Così lui chiede a Zavoli, Nicolò Carosio, Ettore Scola, ed i vari amici e colleghi di raccontare il padre. E attraverso quelle lettere, emerge la voce di Vittorio Veltroni, la sua incredibile capacità di illustrare la cronaca attraverso i suoi servizi. E qui si ritrova la potenza del racconto giornalistico in un Italia analfabeta del dopoguerra, dalle olimpiadi del ‘52 fino al racconto del Giro d’Italia.

Walter rimane impigliato tra l’Italia degli anni 50 in un confronto continuo con il padre, in un percorso di generazione, dall’epoca mussoliniana fino al ‘68 e poi al terrorismo. Ezio Mauro inizia il suo intervento soffermandosi sulla pagina in cui Walter Veltroni racconta il suo vissuto più intimo da bambino orfano, ricordando un rituale in cui, presi i vestiti del papà dall’armadio, li dispone per terra per poi sdraiarcisi sopra ed avvolgere le maniche a sé. E’ questo l’unico abbraccio che Walter bambino riesce a recuperare.

Avevo avuto qualche anticipazione sul libro ma quando mi ha parlato di questo testo mi ha preannunciato che questa volta avrebbe rivelato “il personale mai detto”. Qui c’è la topografia famigliare, il quartiere salario dov’è cresciuto, il barbiere, il gelataio ed i palazzi umbertini che hanno questi cortili comuni, talmente comuni che poi sono sempre deserti. Il culto degli oggetti per rievocare i sentimenti, le storie e il mondo di emozioni che gli appartiene. Una storia per calarsi dentro se stessi. Racconti intimi in accettazione della comune soglia del dolore”.

Così Veltroni interviene:

“Mi sono ritrovato con le mie figlie senza paragoni. E’ difficile essere padre quando non sei quasi mai stato figlio, e non hai mai ricevuto né rimproveri né abbracci. Ho cercato nella benevolenza degli altri forse quello che non ho avuto in gioventù. Questi conti li puoi fare forse solo quando sei sia padre che figlio. Sei in mezzo con le tue responsabilità”.

Monica Maggioni ha invece ricostruito dal racconto il rapporto tra il padre e la Rai: “Anche il rapporto tra il papà e la mamma sono determinati dalla TV. La sigla della Rai accompagna il recupero della storia, aiutandolo a mettere insieme i pezzi. È un po’ la colonna sonora del romanzo. Evidenzia lo scambio dei ruoli: mentre Walter racconta, fa raccontare al padre la storia. Nel romanzo c’è una vita trascorsa tra i corridoi della Rai. Il tono è radiotelevisivo, quasi a ricalcare le orme del padre e diventare un telecronista della sua stessa vita. In ogni pagina risuona la voce di Vittorio Veltroni, fino a quando il padre annuncia l’inizio del telegiornale “.

Napolitano riparte dalla comunanza tra Walter Veltroni e Massimo Gramellini, che ha iniziato la presentazione del libro del collega attraverso il parallelo con il suo romanzo autobiografico “Fai bei sogni” dedicato alla morte della madre sopraggiunta quando lui aveva solo nove anni. “Ogni storia di vita è diversa. Questo romanzo è una storia di vita. Un autobiografia ed autoanalisi al tempo stesso senza nessuna nostalgia. Con una visione laica della vita. Fatta molto di durezza, per contrastare l’amoralità, perché Walter non potrà rinnegare mai la sua parte etica nella rispettabilità della sua natura. Il suo presente è sostenuto dal raccontare e vivere. Nel romanzo c’è molta storia e molta politica vissuta e rivissuta nel complesso dei suoi affetti. Una politica ricostruita ed un linguaggio che arriva ad ogni generazione”. Così il Presidente concludendo il suo intervento cita Goethe: “perché caro amico, grigia è la teoria, verde è l’albero della vita”.

Parlare dopo una citazione di Goethe è sempre impegnativo… Ma voglio partire dal fatto che non ho mai avuto una foto con mio padre. Non ho foto nostre, ma lui, quello che ho voluto riscoprire in questo lavoro, è nella foto del risguardo di copertina dove, giovanissimo ma già alla Direzione Rai, davanti a tutti i suoi colleghi indica un punto lontano, un orizzonte. Mi sono sempre chiesto il significato di quella visione, se non il “cercare” sempre oltre”.

Così Veltroni racconta delle immagini video di quando il padre, il 31 dicembre del ’55, al ritiro del premio che gli viene dato per il Telegiornale, è il ritratto della gioia. Sentimento che stride con quello che poi sarà il suo futuro. Solo sette mesi dopo Vittorio Veltroni morirà.

Ma partendo da un riconoscimento sincero verso i presenti in sala, da Ugo Gregoretti, Ettore Scola ai figli di Nando Martellini ed i figli di Massimo Rendina, ricorda l’affetto del padre per Alberto Sordi e Mike Buongiorno.

“La nostalgia e la memoria devono essere distinte e non confuse. Io non ho nostalgia del passato. Posso avere nostalgia di me stesso, ma non c’è nessun paragone con il passato che sostenga la nostalgia. Ho un sincero rifiuto della nostalgia. La memoria è lo strumento del senso della storia, e il valore dell’esperienza storica, della critica. Il tentativo di restituire la profondità delle cose. Questa profondità  persa. Noi corriamo sull’onda, sulla superficie. Il compito civile invece è in profondità, nella ricerca dell’armonia. Io non posso smettere di fare politica. La politica mi ha insegnato ad occuparmi degli altri. La politica ha dato un senso alla mia vita. Non ho nostalgia di quegli anni ma ho nostalgia del pensiero di quegli anni. I grandi vecchi come Vittorio Foa, Napolitano e Ciampi, sono loro che mi hanno insegnato la politica. Si può smettere di avere ruoli. Ed io ho solo smesso di avere un ruolo, non di fare politica. La politica è un mestiere nobilissimo, ma non ha una unica forma. Ho smesso di fare politica ma il mio film, i miei libri, sono politica. Perché mi sono dimesso? Nel momento in cui ho capito che la politica è conflitto, ho appeso i guantoni al chiodo. Ci si può dimettere dal potere. L’esperienza che rivendico, e che poi ritengo conclusa, è il vivere la politica vera”.

Il dialogo è profondo, ed arriva a toccare tutte le corde nei vari ringraziamenti che Veltroni rivolge ai colleghi del padre ed a chi l’ha conosciuto. E nel salutare gli ospiti ricorda: “Aldo Salvo mi ha raccontato che l’ultima parola che ha pronunciato mio padre è stato “sognare”. Bene, ricominciamo dal sogno per una nuova realtà”.

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