Parigi è ripiombata nel terrore e, con lei, l’Europa che stamane si è svegliata scoprendosi in guerra. Diversi attacchi sincronizzati hanno sconvolto ieri la capitale francese, ferita dall’ennesima strage firmata dai jihadisti dello Stato Islamico.
Cosa non ha funzionato nel lavoro dell’intelligence e della polizia transalpine? Quali sono state le modalità e le novità di questo attacco? E come dovrebbe reagire l’Occidente per vincere il più grande e insidioso conflitto della sua storia?
Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione di Formiche.net con l’analista Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali.
Quello a Parigi è il più grave attentato terroristico in Europa? L’Isis ha rivendicato l’attacco definendolo l’11 Settembre del Vecchio Continente.
Se si pensa al numero di vittime, quello di Madrid è stato peggiore. Se invece ci riferiamo all’organizzazione e alle modalità con cui si è svolto, quello in Francia ha senz’altro avuto maggiori ripercussioni.
Alcuni analisti sostengono che siamo davanti a un caso di collaborazione tra al Qaeda e Isis. È verosimile?
Non mi trovo d’accordo con questa valutazione, questa mi sembra un’azione condotta per intero da giovani europei che si rifanno allo Stato Islamico. Se si guarda ai numeri, negli ultimi anni al Qaeda è riuscita ad attrarre pochi jihadisti del Vecchio Continente. L’Isis migliaia in qualche mese. È vero che il leader del qaedisti, Al Zawairi, ha chiesto negli scorsi mesi ai drappi neri di collaborare, ma solo perché è in una situazione di debolezza. Ciò non toglie che possa esserci uno scambio di natura tattica e operativa. Ma non credo sia avvenuto in questo caso, anche se è una lettura che funziona sui media.
In cosa differisce questo attacco dai precedenti?
Quello che è successo ieri è un cambiamento sensibile della strategia dell’Isis in Europa. Non si è trattato di lupi solitari, ma di un’operazione pianificata in maniera militare. Non ha avuto una motivazione circoscritta, come le vignette di Charlie Hebdo. C’è il desiderio di trasportare il campo di battaglia della Siria e dell’Iraq in Europa. Con questo i jihadisti vogliono dimostrare che la guerra occidentale dei videogame, dei droni, delle bombe “intelligenti” in realtà non esiste.
Cosa non ha funzionato in Francia?
Pur comprendendo tutte le difficoltà del caso, io vedo delle voragini da parte dei servizi francesi. L’hanno mancata grossa. Stiamo parlando di un nutrito gruppo di persone che ha organizzato e applicato un piano certosino. Gli attentati hanno richiesto per mesi ricognizioni, fondi, armi. E tutto ciò è sfuggito totalmente al radar dei francesi. I casi sono due: o li avevano individuati, ma non sono stati in grado di “interpretarne” i comportamenti. O, se non li tenevano sott’occhio, vuol dire che li hanno persi, visto che molti di loro erano foreign fighters.
Come si concilia l’attività dell’intelligence con operazioni pianificate militarmente nel dettaglio e allo stesso tempo imprevedibili, come quella di Parigi? C’è chi ha detto che anche le azioni della polizia francese, iniziate troppo tardi, abbiano lasciato molto a desiderare, perché ci sono regole e protocolli “democratici” da rispettare che sono opposti alle modalità usate dai jihadisti.
Concordo. Bisogna partire da una considerazione. L’attività dei servizi segreti può fare molto, ma non basta. Siamo in guerra, in casa nostra, ma non stiamo reagendo come se lo fossimo. Dovremmo archiviare l’ipocrisia, capirlo e agire di conseguenza.
Cosa dovrebbe fare l’Occidente?
Intanto dovrebbe smettere di tagliare risorse all’intelligence e potenziarla. Serve maggiore collaborazione. E poi bisogna spedire in Medio Oriente non gruppi scelti o aerei, ma decine di migliaia di soldati che eradichino alla radice un problema che altrimenti, temo, ci trascineremo ancora per moltissimi anni con conseguenze sempre peggiori. Il mondo è cambiato, ma noi continuiamo a comportarci secondo vecchi modelli che non esistono più.
Il Giubileo andrebbe sospeso, come chiedono alcuni osservatori? Anche l’Italia e il Vaticano sono nel mirino dell’Isis?
Certo che siamo a rischio e non da oggi. Anzi, più sei defilato, come nel nostro caso, più alcune problematiche rischiano di esplodere. Si tratta di un gioco al rialzo. Ma non dovremmo rimandare il Giubileo, faremmo loro il regalo della vita. Quel che dobbiamo fare è reagire, se ne siamo capaci.