Sarà un’associazione culturale bipartisan, senza alcun legame con i partiti. L’obbiettivo è di scandagliare i motivi della crisi dello Stato in tutti i suoi aspetti, cercando di poter dare alla politica suggerimenti utili.
Siamo in uno dei luoghi più belli e segreti di Roma, la Biblioteca Angelica, in piazza Sant’Agostino. Qui, tra volumi secolari, ha fatto il suo esordio l’associazione Il Nuovo Stato. Il tema di questo primo incontro è: “Siamo davvero la Costituzione più bella del mondo?”. Per circa tre ore ne hanno parlato Stefano Ceccanti, Luciano Violante, Giovanni Guzzetta, Giovanni Orsina, Luca Antonini, Stefano Bruno Galli e altri.
Quasi inevitabile che il dibattito poi scivolasse sulla riforma del governo Renzi in via di approvazione. Sul tema i relatori si dividono, ma i giudizi critici superano quelli positivi. Se Violante la difende, spiegando che “il nuovo Senato non sarà una Camera morta, ma avrà funzioni di supporto legislativo e di controllo sulle leggi”, Bruno Galli sottolinea invece “come la riforma sia arrivata in Parlamento come un qualsiasi decreto del governo, senza possibilità di discussione e presentando una disparità eccessiva, anche numerica, tra Camera e Senato”. Per Luca Antonini, invece, “dopo anni in cui si è fatto del federalismo una bandiera, il ddl Boschi riporta a un accentramento dello Stato a discapito delle autonomie locali”. Unica eccezione, le regioni a statuto speciale. Ma “tutto il resto torna sotto il controllo dello Stato”.
Il raffronto che si fa, naturalmente, è con i padri costituenti. “La Carta è figlia di una forte contestualizzazione post bellica e ha seguito l’impronta di una democrazia in cui è forte la mediazione dei partiti”, spiega Guzzetta. “Oggi invece – continua il costituzionalista – l’attuale riforma è figlia di due fatti nuovi: l’ingerenza dell’Europa nelle leggi dei singoli Stati e la crisi sempre più profonda dei partiti”. Anche Orsina ha un approccio positivo. “Nel corso degli anni i partiti hanno santificato la nostra Costituzione: questo l’ha bloccata e cristallizzata. E tutti coloro che osavano parlare di modifiche venivano tacciati di fascismo. Così siamo rimasti immobili per decenni. Invece la Carta andrebbe periodicamente aggiornata”, osserva il docente della Luiss. “Più che parlare delle differenze tra Camera e Senato, bisognerebbe occuparsi di quelle tra il nostro Parlamento e quello europeo, che dovrebbero essere il più esigue possibile perché l’azione politica dei singoli Paesi deve viaggiare di pari passo con l’Europa”, fa notare invece Vincenzo Zeno-Zencovich.
Tra i ragionamenti ascoltati, c’è anche quello di Bruno Galli secondo cui per arrivare a una vera razionalizzazione dello Stato va recuperato il modello delle sei macroregioni, presentato vent’anni fa dalla Fondazione Agnelli, poi ripreso anche da Gianfranco Miglio. Il politologo punta poi il dito contro la riforma delle Province: “Ci hanno raccontato la favola che sarebbero sparite e invece si sono trasformate in città metropolitane”.
Così, tra una citazione di Calamandrei, un pensiero di De Gasperi e una battuta di Togliatti che hanno arricchito l’eloquio dei relatori, il convegno è scivolato via senza offrire una ricetta specifica. “L’associazione nasce da una premessa di fondo: perché in Italia, nonostante sia iniziata pur tra mille difficoltà una stagione riformista, continua a persistere una crisi che attanaglia ogni settore della vita pubblica? Ecco, noi vogliamo cercare di sviscerare i problemi che tengono legata l’Italia al terreno e non gli consentono di spiccare il volo”, spiega il presidente Giorgio Mosci. Per questo motivo i prossimi appuntamenti saranno dedicati al sistema bancario e alla giustizia. Nato a Genova, laurea in Economia, ex socio di Ernst & Young, commercialista e candidato non eletto di Scelta civica nel 2013, Mosci tiene molto alla sua attuale lontananza dalla politica. “Questo darà più forza alle nostre proposte”, dice. Promotori e sostenitori dell’associazione sono anche Claudio Rossetti, Mario Barbi, l’ex condirettore del Foglio Lodovico Festa, Mauro Gardenghi e Cristina Maria Zorzoli.