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Perché Renzi spenna Merkel

C’è chi (come Pierluigi Battista sul Corriere della Sera) lo ha visto un po’ spompato. Chi lo ha visto stanco. Chi noioso (come Franco Bechis di Libero). E chi – come il renziano Michele Anzaldi – prolisso e poco prodigo di notizie. Si sta parlando, ovviamente, della performance del premier Matteo Renzi nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno.

Ma al di là delle magiche slide anti gufi, della mimica del presidente del Consiglio e dei battibecchi con il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino, nella conferenza stampa si è visto un presidente del Consiglio italiano che (magari si sbaglierà) per la prima volta in maniera pubblica, chiara e netta ha esplicitato tutti i dossier su cui Italia e Germania – al di là del rapporto umano “ottimo” fra Renzi e Merkel, ha assicurato il premier – non sono d’accordo.

O meglio, Renzi ha sottolineato tutte le domande che sta ponendo nei consessi europei e che, però, riguardano comportamenti e atti di Berlino che sovente contraddicono i trattati europei o che fanno più gli interessi della Germania che dell’Unione europea.

Il presidente del Consiglio ha detto papale, ad esempio, che c’è qualche contraddizione tra le sanzioni anti Russia sulla questione ucraina e il progetto del gasdotto North Stream che vede pappa e ciccia Berlino e Russia a scapito del progetto South Stream che interessava l’Italia (qui tutti gli approfondimenti del caso).

E chi si aspettava che un inquilino di Palazzo Chigi sbeffeggiasse la Germania che non rispetta i trattati visto lo squilibrio commerciale a tutto vantaggio del suo export? Tra l’altro, come scriveva di recente su Formiche.net l’ex capo economista di Nomisma, Sergio De Nardis, “l’ampio e crescente attivo della Germania non è il risultato di una crescita della produttività manifatturiera, quanto di una svalutazione competitiva messa in atto durante il primo decennio dell’entrata in vigore della moneta unica”.

Renzi ha pure ricordato, in materia di austerità teutonica, che invece proprio la Germania per implementare la riforma Hartz del mercato del lavoro ebbe da Bruxelles la possibilità di sforare i tetti del rapporto deficit-pil.

Così come ha fatto sensazione, mentre noi giornalisti ci balocchiamo con gufi, slide e altre amenità, la sberla assestata da Renzi a Merkel sulla questione delle impronte digitali degli immigrati: l’Europa apre una procedura di infrazione per le nostre mancanze?, e come mai la Germania non prende le impronte ai migranti che arrivano in terra tedesca?, si è chiesto non troppo retoricamente il premier.

Ma gli sganassoni più virulenti sono arrivati sulla questione delle banche (evidentemente il dossier e i contrasti sulla ipotesi Bad bank caldeggiata dall’Italia ma che incontra i niet di Bruxelles sono ancora caldi…). Sottolineando che il sistema bancario italiano è solido (un modo per rassicurare cittadini, imprese e mercati dopo il collasso delle 4 banche locali che potrebbe avere ripercussioni psicologiche non secondarie sui risparmiatori), Renzi ha usato toni inusitati contro la Germania: “Le banche italiane sono solide, non c’è alcun rischio sistemico, non cambierei il nostro sistema bancario con quello tedesco, neppure sotto pagamento”, ha detto il premier e segretario del Pd, che ha espresso parole per nulla lusinghiere sulla solidità degli istituti di credito tedeschi, specie quelli medi e piccoli. Facendo intendere che se avessero la stessa occhiuta vigilanza bancaria nazionale ed europea anche gli istituti tedeschi avrebbero dei guai seri.

Non siamo forse a una guerra diplomatica, ma poco ci manca. Ma le avvisaglie per altre offensive teutoniche sul piano economico ci sono tutte, come ha spiegato su Formiche.net con la solita lucidità l’economista ed ex ministro Paolo Savona. Ciò detto, restano una considerazione e un interrogativo.

La considerazione: è cosa buona e giusta chiedere parità di trattamento, rispetto di tutte le posizioni, criticare quello che non si considera europeistico, ma oltre alle critiche occorrono delle proposte per evitare che i rilievi siano considerati sterili lamentele. Anche perché, come nel caso del Bail-in per le obbligazioni subordinate delle 4 banche locali in dissesto, con maggiore lungimiranza si potevano comprendere prima e meglio le ripercussioni della direttiva.

Ed ecco l’interrogativo: posto che ci siano delle proposte per modificare, correggere o integrare la direzione di marcia dell’Unione e della Commissione di Bruxelles, qual è la politica di alleanze dell’Italia per trasformare le domande e gli sfoghi di Renzi in fatti? Quali altri Stati condividono l’impostazione di Renzi?

Solo così si può evitare che giustificati sfoghi non restino inutili gargarismi mediatici.

TUTTI GLI APPROFONDIMENTI SUI DOSSIER ITALIA-GERMANIA:
Bad bank, tutte le tensioni fra Roma, Berlino e Bruxelles. La ricostruzione di Michele Arnese e Michele Pierri

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