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La Tunisia, l’Italia e Craxi

Cara Stefania, tuo padre Bettino era un grande uomo. Craxi ha aiutato la Tunisia. E’ sempre un piacere riceverti in occasione dell’anniversario della morte di tuo padre. Io mi ricordo quando da ministro degli Esteri insieme a Habib Bourghiba incontravamo a Roma Craxi, allora presidente del Consiglio, mi ricordo l’aiuto straordinario che ci dette con le linee di credito, la concessione dei visti. Tuo padre, cara Stefania, ebbe una visione lungimirante…”.

Al Palazzo presidenziale, tra stucchi, statue, pavimenti con marmo bianco di Carrara, lampadari di vetro di Murano, il presidente della Repubblica tunisina, Beji Caid Essebsi, il primo e unico capo di Stato del mondo arabo eletto democraticamente, in una Tunisia ripiombata, dopo la rivoluzione dei gelsomini di tre anni fa, sotto il coprifuoco, in seguito alle proteste sociali che hanno reincendiato il Paese (soprattutto a sud e nelle zone interne), nella tarda mattinata di sabato 23 gennaio apre una finestra nella sua convulsa agenda di queste ore per ricevere la figlia dello statista del mondo occidentale che più finora, a suo avviso, ha aiutato la Tunisia.

Ora dall’Italia sono stati sono stanziati 9 milioni di euro per la Tunisia che, in modo ammirevole e virtuoso sta portando avanti la sua transizione verso la democrazia, ma è sola, 9 milioni sono una mancia…”, chiosa Stefania Craxi appena terminato l’incontro con il capo dello Stato tunisino. Lo stesso uomo che sabato 22 gennaio alle 20 in un discorso in Tv alla Nazione ha lanciato l’allarme sul rischio di infiltrazioni dell’Isis dai confini con la Libia.

Vista non solo dalla grande bellezza un po’ cinematografica del Palazzo presidenziale di Cartagine, ma anche dal centro di Tunisi, dove le ragazze in minigonna si mescolano alle donne (non tantissime) con il capo coperto, la Tunisia sembrerebbe un Paese tranquillo e quasi ridente. Ma la realtà vera non è questa. L’ambasciatore italiano Raimondo De Cardona comunque sottolinea le stesse parole di Essebsi secondo il quale gli scontri che hanno ripreso a incendiare il Paese non sono di natura politica, ma “economica e sociale”.

Al governo c’è una coalizione di partiti laici, a cominciare da Nida, quello del presidente Essebsi, alleati in una posizione di minoranza del partito islamico Ennada. La nuova crisi tunisina, che mette allo scoperto la fragilità di questa “ammirevole democrazia dove nella stessa Hammamet – ha detto Stefania Craxi – convivono una Chiesta cattolica, una sinagoga e il Muezzin alle cinque della sera dice la preghiera”, si intreccia, per un curioso e significativo gioco della sorte, con le celebrazioni del sedicesimo anniversario della scomparsa avvenuta il 19 gennaio 2000 dell’ex premier e leader socialista a Hammamet da parte della Fondazione di Stefania Craxi dedicata alla memoria del padre Bettino.

Ostracizzato ancora in patria (nell’aula di Montecitorio erano in tre o quattro giorni fa a ricordarlo) Craxi era e resta centrale in Tunisia. E il presidente quasi novantenne Essebsi non lo dimentica. Stefania gli ragala la serie di serigrafie che Bettino dedicò alla Tunisia. E gli strappa un sorriso quando gli porge la t-shirt con sopra la foto di Craxi e sotto la scritta “Pace nel Mediterraneo” in lingua araba e italiana.

Di pace c’è bisogno da queste parti anche per la sicurezza della stessa Italia e del mondo occidentale. Craxi l’Isis, almeno con questa denominazione non poteva certo prevederlo, ma del rischio del “radicalismo religioso” già parlò nei giorni della crisi di Sigonella, come testimonia il libro “La notte di Sigonella” della Fondazione Craxi ed edito da Mondadori. Dice Stefania Craxi: “Lui aveva capito che senza la grande democrazia mediterranea, senza l’impegno per ridurre il divario tra Nord e Sud, non ci potrà essere pace”.

Nei discorsi di Craxi sul ruolo dell’Italia nel Mediterraneo (edizioni Marsilio) che Stefania regala a Essebsi è delineato il ruolo indispensabile che il nostro paese avrebbe potuto avere in un Europa dove, secondo le previsioni di Craxi, sarebbe stato necessario controbilanciare il peso centrale che avrebbero assunto gli ingressi dei Paesi dell’Est.

Alle 16 di sabato 23 gennaio, cerimonia di commemorazione prima al cimitero cristiano di Hammamet e poi messa per Bettino, con la vedova Anna, il figlio Bobo e i militanti socialisti. Anna, vedova di Bettino, si presenta con la t-shirt, sotto il cappotto, dedicata al sedicesimo anniversario. E con Formiche.net chiosa prima amara: “E’ da quando scrissero che noi avevamo portato qui a Hammamet la fontana di piazza Castello a Milano che dissi a me stessa: devo cambiare aria e decisi di vivere qui in Tunisia”. E aggiunge: “Ogni anno pensavo che venissero dieci persone di meno qui a commemorare Bettino e invece ogni anno sono dieci in più”. Un centinaio si ritrovano alla fine davanti alla tomba dello statista socialista. La scritta voluta da Craxi “La mia libertà equivale alla mia vita” è omaggiata ogni giorno da garofani rossi e dalle due bandiere: italiana e tunisina. Quel connubio che il presidente Essebsi spera sia sempre più forte per far uscire la sua fragile e ammirevole democrazia da una solitudine che non servirebbe neppure all’Occidente.



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