Virginia Raggi e Chiara Appendino. Segnatevi i loro nomi perché sono loro le protagoniste di queste elezioni amministrative. Le due giovani pasionarie a 5 Stelle rappresentano la vera novità nel panorama della politica nazionale e anche all’interno del loro stesso Movimento che si conferma alternativo al Pd quando il centrodestra si presenta diviso. Tuttavia, laddove i 5 Stelle non hanno donne (o uomini) del calibro di Raggi e Appendino, dimostrano tutto i loro limiti, come accaduto a Napoli e Milano.
RAGGI DI SOLE SU ROMA
Deve ancora diventare la prima sindaca di Roma, e non è scontato che ci riesca al ballottaggio. Però Virginia Raggi ha già contribuito a imprimere una svolta al quadro politico. Sfiora quasi il 36% nella Capitale, percentuale mai raggiunta dal Movimento nei capoluoghi di provincia a nessuna elezione. E’ davanti a tutti (centrodestra, centrosinistra, destra e sinistra) e anche se gli avversari si fossero presentati uniti, facendo un mero calcolo numerico lei avrebbe avuto comunque la meglio. Ma la vittoria al primo turno della Raggi era data per scontata dopo che da mesi tutti i sondaggi la preannunciavano. Nella sfida per il secondo posto che vale l’accesso al ballottaggio, vince Roberto Giachetti che nonostante le scorie del Pd romano e tutti i problemi ereditati (a partire dalle dimissioni dell’ex sindaco dem Ignazio Marino) supera la soglia del 24% ma soprattutto supera la candidata della destra Giorgia Meloni, staccata di 4 punti e ferma al 20,4%. Pesa per la Meloni lo scarso apporto elettorale della lista Lega – Noi con Salvini (non arriva al 3%), che nonostante il bombardamento mediatico dimostra tutte le difficoltà per Matteo Salvini di sfondare a Roma. Ma pesa soprattutto la divisione del centrodestra, con Forza Italia che ha sostenuto Alfio Marchini insieme ad Ncd e Udc; quel 10,7% conquistato dall’ex rampollo della famiglia di costruttori romani avrebbe fatto molto comodo alla Meloni.
SALA E PARISI, SIMILI IN TUTTO
Li hanno accusati di essere fin troppo simili, di non avere chissà quali differenze sia politiche che personali e di distinguersi soprattutto per la coalizione che intendono rappresentare. Beppe Sala e Stefano Parisi hanno confermato questa linea, appaiandosi entrambi attorno al 41% e rimandando così le discussioni sul nuovo sindaco di Milano al ballottaggio del 19 giugno. Mister Expo non ha sfondato come nel mondo renziano ci si attendeva, non ha staccato l’ex patron di Chili Tv che con il suo 40,9% è a una manciata di voti dal 41,5%. Cinque anni fa lady Letizia Moratti aveva preso più di entrambi al primo turno (41,59%); e pensare che era arrivata secondo dietro a Giuliano Pisapia (48,05%). Altri tempi, è evidente. Milano si conferma però una città ostica per i 5 Stelle, dato che il loro candidato Gianluca Corrado (che non gode certo della notorietà della Raggi) ha a malapena superato il 10%. Va detto però che i grillini scontavano anche il passo indietro a campagna elettorale iniziata dell’ex candidata sindaco uscita dalle primarie Patrizia Bedori. Il Pd meneghino resta sotto la soglia del 30% (si ferma al 28,9%), mentre all’interno del centrodestra Forza Italia vince di gran lunga la sfida contro la Lega Nord conquistando il 20,30% contro l’11,87% del Carroccio che pure poteva contare su Salvini capolista.
GIGGINO SCASSA TUTTI
Il risultato forse più incredibile, per quanto annunciato pure questo a più riprese dai sondaggi, è quello di Luigi De Magistris. Senza un partito forte e strutturato come azionista di maggioranza, dopo aver governato 5 anni sollevando numerose polemiche e proteste, l’ex pm vola al ballottaggio di Napoli con il vento in poppa del 42%, staccando di quasi 20 punti il secondo arrivato Gianni Lettieri. E’ il capolavoro elettorale orchestrato dal fratello Claudio De Magistris, preparato da almeno un anno e reso possibile anche dalle 12 liste schierate, da quella di De Magistris sindaco che con il 13,5% è la più votata della città a quella di Dema arrivata a un ragguardevole 7% dopo appena un anno dalla nascita dell’omonima associazione. Il secondo posto, come detto, è appannaggio del candidato di centrodestra Lettieri, arrivato al 24,32% e guidato soprattutto da Forza Italia (9,46%). Cinque anni fa la sfida tra questi stessi protagonisti al primo turno aveva avuto ben altro esito: De Magistris al 27,52% e Lettieri al 38,52%. Poi si sa come è andata a finire al ballottaggio.
Delude invece Valeria Valente del Pd che, come annunciato dai sondaggi, arriva soltanto terza (21,52%) e saluta così il ballottaggio. Molto limitato l’apporto delle liste sue alleate, a partire da quello di Napoli Popolare (espressione di Ncd) arrivata all’1,9% per arrivare a quella della contestatissima Ala (1,6%, e qui sarebbe da chiedere se sono più i voti che i verdiniani hanno fatto perdere alla Valente che non quelli effettivamente portati) per arrivare al deludente 1% dell’Udc a trazione demitiana. Azionista di maggioranza della coalizione perdente della Valente è stato un Pd che a Napoli dimostra di avere ancora più di un problema, dato il misero 12%.
L’altra delusione altrettanto annunciata sotto al Vesuvio è il flop del Movimento 5 Stelle, che manco azzecca la doppia cifra (almeno stando ai risultati parziali). Il 9,68% del candidato Matteo Brambilla è lontano anni luce dal 24,85% delle regionali di un anno fa, quando il Movimento era il primo partito in città. Ma si sa, con un candidato sconosciuto, brianzolo e juventino non si poteva pretendere di più. Insomma, miglior regalo a De Magistris il Movimento non glielo poteva proprio fare.
FASSINO NON SFONDA, APPENDINO SPAVENTA
Quindici punti in meno rispetto al 2011 e un’avversaria davvero temibile. Il ballottaggio non sarà una passeggiata per il sindaco di Torino Piero Fassino che si deve accontentare del 41,3% al primo turno contro l’abbondante 56,66% con cui vinse subito cinque anni fa. Sotto la Mole il Pd sfiora il 30% e le liste di moderati e civica per Fassino danno una bella mano al candidato a fare un balzo in avanti, ma la ricandidatura dell’ultimo segretario Ds (sulla quale lui stesso ha rimuginato parecchio) non sfonda. A Torino però va in scena il successo della candidata a 5 Stelle, quella Chiara Appendino che è pure diventata mamma durante la campagna elettorale e rappresenta il volto borghese del Movimento, la prima pentastellata a raggiungere un risultato così importante al Nord, area dove i grillini hanno sempre faticato a raccogliere voti. Con il 31,8% la Appendino si catapulta al ballottaggio con concrete possibilità di riuscire nell’impresa, perché a lei potrebbero arrivare i consensi piovuti sul candidato leghista Alberto Morano (8,39%) e quelli del berlusconiano Osvaldo Napoli (5,38%). Buona l’affermazione del centrista Roberto Rosso (5%) mentre delude le aspettative il candidato della sinistra Giorgio Airaudo, fermo a un residuale 3,6%.
SCRICCHIOLA LA ROCCAFORTE ROSSA
Magari ce la farà al secondo turno, però a Virginio Merola è arrivata una sonora sberla dai suoi cittadini. Che il candidato sindaco del partitone di sinistra fatichi ad arrivare al 40% nella roccaforte rossa di Bologna non è affatto un buon segnale, e infatti tra i dem felsinei si registra un certo imbarazzo. Merola al secondo turno se la vedrà con la iper-salviniana Lucia Borgonzoni (22,23% con la Lega al 10,23%) e questo lo può in parte tranquillizzare perché la capacità di espansione dei leghisti sotto le Due Torri è molto limitata e difficilmente la Borgozoni potrà attirare i consensi da sinistra del candidato di Coalizione Civica Federico Martelloni (6,95%) e pure dei 5 Stelle che lungo la via Emilia guardano molto a sinistra. A proposito di grillini, da segnalare il risultato deludente del fedelissimo di Grillo Massimo Bugani che arriva al 16,68% e non strappa il secondo posto, abbandonando i sogni di ballottaggio. Ottimo risultato invece per il candidato ex leghista e sostenuto dall’area di centro Manes Bernardini, vero ago della bilancia di questa tornata elettorale bolognese con il suo 10,36%.
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