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Perché Grillo e Di Maio in politica estera sono zigzaganti. Parla il prof. Becchi

In questa fase internazionale così complessa il MoVimento 5 Stelle sta dimostrando di non avere una linea politica chiara: annaspa e non sa cosa fare, a tal punto da riprendere le tesi di Papa Francesco per cercare di mettere tutti d’accordo“.  E’ il giudizio del professore di Filosofia del diritto all’Università di Genova Paolo Becchi sulle ultime prese di posizione dei cinquestelle in materia di politica estera. Con due post pubblicati sul blog di Beppe Grilloil primo di natura più generale (qui l’approfondimento di Formiche.net), il secondo, invece, sui rapporti con la Turchia all’indomani del golpe fallito ai danni di Recep Erdogan – i pentastellati hanno provato a fare luce su quali siano le loro priorità a livello geopolitico. Ricetta all’insegna “dell’ecumenismo politico” dice in questa conversazione con Formiche.net Becchi, un tempo vicinissimo al movimento, dal quale è poi uscito perché in contrasto con la sua nuova linea politica. Sulla sua vicinanza ai cinquestelle – e sull’evoluzione che il partito guidato da Luigi Di Maio ha avuto – Becchi ha anche scritto un libro dal titolo “Casaleggio & Associati” (edizioni Kaos), che ha presentato la scorsa settimana alla Camera con, tra gli altri, del senatore ex cinquestelle Bartolomeo Pepe e dell’ex capo della comunicazione pentastellata a Bruxelles Claudio Messora.

Professore, in che senso ecumenismo politico?

Nel senso che nel post comparso qualche giorno fa sul blog di Grillo c’è un’evidente contraddizione, tipica del movimento di questa fase che cerca sempre di tenere i piedi in due staffe per ragioni di semplice consenso: da una parte si dice che “l‘Italia ha l’obbligo di tornare ad esprimere una politica estera sempre più autonoma” e dall’altra che il governo di Matteo Renzi deve proporre “una collaborazione senza precedenti tra le forze di intelligence dei paesi UE, Nato e della Federazione russa“. Ma come si fa ad essere autonomi se si fa appello all’Europa, al Patto Atlantico e alla Russia? E poi mi sembra pura follia ipotizzare che in una fase come questa – dopo i fatti in Turchia – Russia e Nato possano sedersi intorno allo stesso tavolo.

Nel suo post Grillo cita per ben tre volte Papa Francesco. Altra prova della svolta moderata dei cinquestelle?

Parlerei direttamente di svolta ecumenica. Che il Pontefice parli di “terza guerra mondiale a pezzi” ci può stare, ma che il principale partito d’opposizione italiano non sappa far altro che rimettersi alle sue parole mi pare il segnale di un’evidente assenza di visione. Ma le pare possibile – con tutte le tensioni che esistono adesso – proporre una collaborazione tra Europa, Russia, Nato e magari pure Stati Uniti? Questo è ecumenismo politico.

A proposito di Stati Uniti – che il post di Grillo neppure cita – qual è a suo avviso l’approccio complessivo del movimento? E’ vera freddezza?

Ma assolutamente no, il movimento ha avuto una grande risonanza negli Usa. Ormai direttamente o indirettamente può contare sull’approvazione degli Stati Uniti. Il fatto di non citarli neppure è, secondo me, anzi un endorsement: non se ne parla neanche per evitare di sbagliare. Certo oggi i cinquestelle non sono più quella forza politica antiamericana che erano in passato.

Sul blog di Grillo è comparso un altro post, di dura accusa nei confronti del presidente turco Erdogan. Cosa denota questa presa di posizione a suo modo di vedere?

Mi pare evidenzi una totale incomprensione di quanto sta avvenendo a livello internazionale. Se ci fosse stato ancora Gianroberto Casaleggio, questo non sarebbe accaduto. Oggi il M5S – a differenza del passato quando dimostrava di capire i meccanismi internazionali – non è più in grado di offrire una visione alternativa e originale dei fatti interni e internazionali. Per questo si limita a sposare l’idea mainstream – che rimbalza sui principali quotidiani dal Corriere della Sera in giù – secondo cui Erdogan è un sultano che si è organizzato il colpo di Stato da solo.

C’è un dividendo in termini di consenso elettorale che il movimento, secondo lei, pensa o spera di ottenere da questa linea in politica estera?

Mettere in posizione preminente il Pontefice e dire di voler fare alleanze a destra e a manca sicuramente può aiutare ad ottenere consensi in una larga fascia dell’elettorato. Eventualmente però il problema si porrà dopo: finchè si sta all’opposizione è facile, si pensi al Pci che era contemporaneamente favorevole e contrario alla Nato a seconda delle diverse circostanze. Ma se dovesse davvero diventare forza di governo, il movimento  sarebbe costretto a fare delle scelte precise. La linea ondivaga di questi giorni mi fa fortemente dubitare che abbia le idee sufficientemente chiare.

Quanto è ormai importante il ruolo del vicepresidente della Camera Di Maio nel dettare la linea al MoVimento?

Non c’è dubbio che ormai il leader sia lui. La sua linea si sta imponendo su tutto il movimento. Il problema, a mio avviso, però è un altro: siamo sicuri che le proposte di Di Maio siano così distanti da quelle di Renzi?

Sta dicendo che le idee del Pd e del movimento a volte coincidono?

Non in tutto e per tutto, è ovvio. Ad esempio loro propongono il reddito di cittadinanza ma è ben poca cosa. Sui temi chiave – penso in primis all’Europa e alla Nato – mi pare ci siano fortissime analogie. Non sono sicuro che agli attivisti della prima ora interessi che vada al governo un movimento così profondamente cambiato da proporre idee simili a quelle di Renzi. Il problema non può essere solo quello del consenso, a prescindere dalle posizioni concrete che si assumono.

Quindi lei è convinto che un’eventuale governo Di Maio sarebbe così simile all’attuale esecutivo?

Mettiamo anche che Di Maio introduca il reddito di cittadinanza e abolisca Equitalia: non penso che sarebbe sufficiente per sancire una netta discontinuità con l’attuale governo. Non si tratta di misure in grado di qualificare un movimento politico. Che fine ha fatto il programma con cui i cinquestelle hanno chiesto il voto degli italiani?

Questa deriva di cui lei parla non avrebbe dovuto ridurre i consensi del movimento? A giudicare dalle amministrative sembra siano, invece, aumentati.

C’è stata una vera e propria sostituzione, soprattutto dal punto di vista del personale, degli attivisti e dei simpatizzanti. Al posto della casalinga ora hai l’avvocato, al posto dell’operaio l’imprenditore. Il movimento non è più quello del 2013, come confermano i profili professionali di Virginia Raggi e Chiara Appendino: la prima è un avvocato, la seconda una bocconiana.

L’analisi del voto delle ultime amministrative evidenzia, però, come i pentastellati siano stati scelti soprattutto dalle fasce meno abbienti della popolazione.

La percezione che i cittadini hanno del movimento è rimasta la stessa del passato. Tuttavia, chi ne ha fatto parte non può non accorgersi della trasformazione che c’è stata negli ultimi tre anni.

Grillo sta orientando questo processo o lo sta, invece, in qualche modo subendo?

L’importanza di Grillo è sempre stata più esterna che interna. Ha rappresentato lo strumento attraverso cui ottenere l’attenzione e il consenso di moltissimi italiani, ma la linea politica non l’ha mai dettata lui. Escludo che lo stia facendo ora. Ma c’è un altro elemento che evidenzia quanto il movimento si sia trasformato nel corso di questi anni: l’attenzione da parte dei giornali, in primis del Corriere della Sera.

Non pensa che la diversa attenzione dei quotidiani dipenda anche dal diverso peso specifico del movimento che nel frattempo ha conquistato molte città, tra cui la Capitale d’Italia e Torino?

Non sono d’accordo. Quando nel 2013 il movimento è entrato in Parlamento con nove milioni di voti, aveva tutti i giornali contro: non ce n’era uno che ne parlasse bene.

Perchè allora – a suo avviso – l’approccio dei quotidiani sarebbe cambiato?

Perchè è diventato un movimento filo-sistema: ormai è pienamente a suo agio nel sistema, nel quale di conseguenza è stato accettato. A questo punto per i quotidiani non si pone più il problema se governi Renzi oppure Di Maio: tanto la musica – come ho già detto – non cambia.

Professore, in conclusione come risponde a chi l’accusa di aver scritto il suo ultimo libro per un senso di ripicca nei confronti del movimento?

Rispondo che non è assolutamente vero: basta leggerlo e notare il tono con cui è stato scritto. Politicamente parlando sono un cinquestelle deluso ma non c’è alcuna forma di risentimento.


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