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La Buona Scuola, la cattiva propaganda e le deportazioni immaginarie

Lavoro cassimatis, GIULIANO CAZZOLA

Ha suscitato un vivace dibattito sulla rete la mia Puntura di spillo che riprendeva un articolo di Gian Antonio Stella a proposito della “bufala” della deportazione degli insegnanti dal Sud al Nord.

Non è mia intenzione sottovalutare le difficoltà che incontrano una persona e la sua famiglia in conseguenza di un trasferimento di sede. Sono situazioni che ho provato direttamente avendo lavorato, complessivamente, 26 anni lontano dalla mia città (in cui tornavo ogni fine settimana) e ovviamente dalle persone a me care.

Si dirà che potevo permettermelo sul piano economico; non lo nego, anche se  – come si dice dalle mie parti  per indicare una condizione di grande benessere – non ho mai “legato i cani con la salsiccia”.

Può essere che l’algoritmo usato per valutare le singole posizioni abbia delle manchevolezze che vanno accertate e superate. Ma le cattedre fuori sede qualcuno le dovrà pur coprire, visto che il diritto allo studio dei giovani viene prima di ogni altra prerogativa riconosciuta agli insegnanti.

Dalle reazioni riscontrate, però, trovo conferma di una convinzione che ho espresso fin dalla presentazione del disegno di legge sulla Buona scuola. La stabilizzazione dei precari si è fatta a prescindere e al di fuori delle reali esigenze della scuola. E oggi sia il governo sia il personale ne pagano il fio.

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