Sta suscitando interesse e destando tante curiosità il tentativo di Stefano Parisi di costruire su sollecitazione di Berlusconi un nuovo centrodestra. La volontà dell’ex Cavaliere purtroppo non è condivisa da tutto il vecchio establishment di Forza Italia. Non sono note le motivazioni di coloro che mostrano accentuato senso critico nei confronti del progetto parisiano. Ma tant’è.
A dire il vero, già definire nuovo centrodestra l’esperimento che si vuole lanciare appare una palese contraddizione. Avrebbe senso parlarne se esistessero ancora tutte le condizioni del vecchio bipolarismo, ma oggi mancano i presupposti di quel tempo. Come pure sembra poco realistica l’ipotesi che Parisi debba costruire un partito funzionale ad accogliere i moderati, visto che non si vedono in giro rivoluzionari, massimalisti o radicali. Lo stesso movimento Cinque Stelle non mi pare popolato da sanculotti o arrabbiati. Vale anche per i leghisti di Salvini. E poi questa idea di ripartire dal 1994 risulta un tantino fuori stagione.
Nell’ultimo ventennio le condizioni sociali, politiche, economiche hanno subito stravolgimenti impensabili: gli effetti della cosiddetta globalizzazione si sono fatti più agguerriti e selvaggi. Il mondo del capitale, soprattutto quello finanziario, spadroneggia e miete vittime di continuo, precarietà e povertà non smettono di crescere. Il welfare di una volta è ormai solo un pallido ricordo: sanità, scuola, università, trasporti sono insufficienti, se non si pagano i vari ticket. Dal tutto per tutti al niente per tutti.
Il fisco sta distruggendo famiglie e aziende, senza dire della preoccupante crescita della disoccupazione e dell’invasione (simile ad un vero esodo) di immigrati che dai paesi arabi e africani arrivano nei nostri porti dell’Italia del Sud. C’è stato qualche opinionista che da queste colonne, se non sbaglio, ha sottolineato come Parisi ha il difficile compito di muoversi tra la frammentazione delle élite e il diffondersi dei populismi. Vero! Si dimentica però che in mezzo c’è una cospicua fetta di società che si chiama popolo, fatta di carne ed ossa e non di astrazioni virtuali, che ogni giorno è obbligata a fare i conti con le questioni che sono state sottolineate poco più avanti.
E allora, poiché è stato affermato che il contenitore politico che Stefano Parisi dovrà costruire guarderà al pensiero liberal-popolare, scatta con immediatezza il riflesso condizionato che porta a Sturzo e a De Gasperi. Non si è fuori dalla realtà se Parisi vorrà avvalersi di chi quella storia la conosce e l’ha vissuta concretamente dal di dentro, e viaggia su strade convergenti con il disegno del manager milanese. Parisi, avendo convinzione e consapevolezza di coniugare con rinnovato spirito la lezione della storia liberale con quella popolare, può riuscire nella costruzione di solide fondamenta su cui poggiare una forza politica liberal-popolare, alternativa nel concreto a qualunquismi e a populismi di vario genere.