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Cosa mi aspetto da Stefano Parisi

Non può negarsi che l’iniziativa politica di Stefano Parisi, che si terrà a metà settembre a Milano, stia suscitando molta curiosità in un mondo politico di ex moderati, oggi arrabbiati e amareggiati. Se non fosse così, non se ne parlerebbe tanto e soprattutto non fioccherebbero le contro manifestazioni di quanti ne intuiscono il peso e, quasi terrorizzati, rispondono come sanno all’attivismo altrui.

Vecchia pratica dei “chi non fa”, dapprima denigrare “chi fa”, chi ha un’idea e la porta avanti, poi tentare di boicottare, agitarsi per dare segni di vita, infine salire sul carro, quando il successo diventa inevitabile. Lo abbiamo visto tante volte, e noi anche sulla nostra pelle, quando abbiamo organizzato in Sicilia con l’associazione #Amunì un confronto aperto tra giovani amministratori siciliani, imprenditori, professori universitari, professionisti e i giovani leader del centrodestra, un laboratorio politico per costruire un’alternativa di governo partendo dalle idee e dai programmi.

È indubbio che Stefano Parisi ci abbia già stupiti, riuscendo ad aggregare attorno alla sua candidatura la più ampia coalizione possibile, riunendo l’apparentemente inconciliabile, e sfiorando una vittoria che i bookmakers davano per impossibile, però questo non può bastare.
Adesso l’imprenditore di successo, l’ex burocrate di Stato, saprà costruire una fucina di idee utili a rigenerare il nostro Paese? Saprà dare la scossa e risvegliare un centrodestra assopito? Saprà farlo senza necessariamente inventarsi leader messianico, in un mondo che leader ne riconosce uno e uno solo, cioè Berlusconi?

Gli italiani hanno smesso di credere agli ideali e ai valori? O c’è ancora spazio per credere e costruire progetti politici ambiziosi che puntino su battaglie specifiche, e rispecchino il sentire e le priorità della nostra gente, come lavoro, casa, famiglia, sicurezza? C’è la possibilità che semplici idee chiare, concrete, possano essere portate avanti da persone capaci, donne, uomini, giovani? Da una classe dirigente non nominata, espressione del territorio, che sturzianamente sappia ascoltare le esigenze oneste della propria gente e tradurre in soluzioni i loro problemi?

Tanti interrogativi, tante perplessità e in più il timore, inespresso, di assistere ad un ennesimo inganno svenduto coi saldi di fine stagione. Ed invero alcune certezze da cui partire ci sono, a Palermo come a Milano, c’è un elettorato di riferimento, sì deluso e disorientato, ma che non è andato via, un mondo moderato, cattolico e liberale, che ha visto assottigliarsi la propria capacità di spesa sotto la scure della più alta tassazione d’Europa, che ha visto i propri figli, anche laureati, emigrare per lavoro, che ha visto il proprio bene rifugio, la casa, da porto sereno diventare fonte di altri problemi, un mondo fatto da professionisti le cui uniche certezze sono ormai le spese fisse del proprio studio, imprenditori costretti a chiudere le saracinesche, e interi quartieri e città spegnersi, questo mondo non si sente rappresentato da certa politica le cui uniche preoccupazioni sembrano quelle di togliere il crocifisso dalle nostre scuole, creare una società multiculturale e assicurare un utero in affitto a chi per natura non può avere figli.

E, ulteriore certezza, c’è una classe dirigente giovane in giro per l’Italia, nei piccoli Comuni e nelle grandi città, che non ha seguito gli incantatori di serpenti, che non ha raccolto le offerte di poltrone di chi governa, lavora a testa bassa e aspetta e guarda, ascolta e cerca, e cerca innanzitutto credibilità, idee e progetti nuovi per cui entusiasmarsi, tanta gente perbene che aspetta solo di poterci credere ancora.

Saprà Parisi cogliere il labile respiro di speranza di questo centrodestra? Seguiremo con simpatia questo primo evento milanese, sapendo che il credito residuo è sempre meno, ma sapendo anche che è proprio nei momenti delle sconfitte che nascono le idee vincenti, e le buone idee trovano sempre gambe forti su cui camminare.

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