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Se vince il No al referendum, Renzi non potrà non dimettersi. Parla Quagliariello

Il tema lo ha sdoganato lo stesso Matteo Renzi. “Nessun governicchio“, ha tuonato dal palco dalla Leopolda il presidente del Consiglio, con chiara allusione all’ipotesi di prevalenza dei No al prossimo referendum costituzionale. A meno di un mese dal voto – com’è inevitabile che sia – nella cerchia più stretta del premier si ragiona sui diversi scenari politici che potrebbero aprirsi dopo il 4 dicembre. Il tutto, ovviamente, con un occhio più che interessato ai sondaggi che continuano a dare il Sì in lieve svantaggio.  “Ma io sono napoletano e, quindi, per natura un po’ scaramantico“, commenta a Formiche.net uno degli alfieri del No, il senatore e presidente della Fondazione Magna Carta Gaetano Quagliariello. L’ex esponente di Ncd – oggi leader del movimento politico IDEA – prima di rispondere alle nostre domande sulle possibili conseguenze del No chiede di fare una premessa: “Mi sto concentrando unicamente sulla campagna referendaria: voglio spiegare agli italiani i motivi per cui sono convinto sia giusto schierarsi contro questa riforma. Il motivo non è solo scaramantico ma soprattutto politico. Questo è un referendum sulla legge fondamentale dello Stato, non su un regolamento di condominio. E’ necessario che la valutazione sia fatta sull’oggetto della domanda referendaria e che non sia influenzata da elementi di carattere esogeno“.

Ciò detto, se dovesse vincere il No che cosa succederà secondo lei?

Il giorno dopo si andrà avanti. Molto dipenderà dalle decisioni di Renzi. Finora ha fatto sempre tutto da solo: prima ha detto sì, poi ha detto no, poi ha detto forse. Alla Leopolda mi pare abbia lasciato intendere che farebbe un passo indietro.

Quindi elezioni anticipate?

Renzi continua a manifestare questa propensione a fare anche il capo dello Stato oltre che il presidente del Consiglio. Si preoccupi di farci capire cosa intende fare lui invece di lanciarsi in previsioni che non gli competono.

In certi ambienti si dice che l’eventuale prevalenza dei No – con annessa crisi di governo – causerebbe una sorta di diluvio sull’Italia. Che ne pensa?

Siamo un Paese che ha resistito alle dimissioni di Alcide De Gasperi, un signore che aveva salvato l’Italia dalla fame e ricostruito la democrazia. Si è dimesso e dal giorno dopo l’Italia è andato avanti lo stesso. Ma lei pensa che ci si possa spaventare perché Renzi torna a casa? Ce ne faremo una ragione.

Ma se vincessero i No dovrebbe dimettersi oppure no?

E’ lui che deve decidere.

Ma l’opinione di Gaetano Quaglieriello qual è? 

Per come ha impostato la questione mi sembra difficile che possa non dimettersi. In fondo ci troveremo a poco più di un anno dalla fine della legislatura. Non è che saremo in mezzo al guado.

Quale sarà la priorità in quel caso?

La principale preoccupazione sarà la legge elettorale. Spero sia condivisa e che si possa votare senza fiducia. E mi auguro anche che non se ne occupi solo una commissione fatta da esponenti del partito di maggioranza. Ogni riferimento, ovviamente, è puramente casuale.

E a Palazzo Chigi cosa sarebbe il caso di fare?

Personalmente mi accontenterei di fare due cose dopo il referendum: la prima è la legge elettorale. In secondo luogo, invece, bisognerebbe porre le premesse per arrivare a riforme serie e condivise nella prossima legislatura.

Ma che governo immagina?

Mi pare che la Spagna sia andata discretamente pur avere senza un governo per dieci mesi. Il problema comunque è della maggioranza: decidano loro se fare un governo nuovo, un governo di minoranza oppure un governo deputato a occuparsi solamente degli affari correnti.

Perché ha fatto questo riferimento alla Spagna? Il tema della governabilità è sopravvalutato?

No, sono convinto che al di là dei paradossi rimanga fondamentale. Però è anche vero che in questi lunghi mesi abbiamo avuto un vero e proprio stravolgimento delle regole e del vivere civile. C’è stato – ed è ancora in atto – un tentativo di sfondamento. Per questa ragione – nel caso di vittoria dei No – un momento di decantazione potrebbe anche essere opportuno.

Quindi la questione sarà tutta interna al Pd?

Spetterà al partito di maggioranza relativa fare, nel caso, una proposta da sottoporre al presidente della Repubblica e agli altri gruppi parlamentari. In Parlamento c’è questa maggioranza: o trova un nuovo equilibrio oppure – se non ne sarà in grado – ce ne faremo una ragione. In quel caso sarà approvata la nuova legge elettorale e si andrà a votare.

Ma senza un governo? 

Ci sarà un governo di minoranza con il compito specifico di approvarla. E poi mi faccia dire un’altra cosa: il fatto che la legge elettorale l’abbia fatta il governo è una delle tante particolarità di Renzi. Di solito le fanno i parlamenti.

Ma non era già accaduto con il porcellum?

Se anche correggiamo qualche cosa del passato, non è che fa male.

E il famigerato governo tecnico o di larghe intese di cui si vocifera tanto?

Non c’è all’orizzonte alcun governo di larghe intese. Questo è ciò che penso io.

Quindi sarebbe sempre, eventualmente, un governo Pd-Ncd?

L’eventuale nuovo governo dovranno trovarlo dentro questa maggioranza qui. Io, personalmente, concluderò questa legislatura all’opposizione. Ovviamente questo non significa che non sia disponibile a lavorare attivamente per la nuova legge elettorale.

Ritiene che Berlusconi la pensi come lei o che si prepari a un nuovo patto del Nazareno?

Ritengo che la pensi come me.


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