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Massimo Colomban, ecco idee e piani dell’assessore di Virginia Raggi più vicino a Davide Casaleggio

L'assessore alle partecipate del Comune di Roma Massimo Colomban: uno dei non romani della giunta di Virginia Raggi

Che sia una sua scelta autonoma o una decisione arrivata su pressione di Virginia Raggi, ancora non è dato sapere. Ma – stando alle notizie ufficiali – Massimo Colomban non sarà il nuovo vicesindaco di Roma. L’ipotesi l’ha smentita lo stesso assessore alle Partecipate con una dichiarazione rilasciata all’Ansa: “Sono onorato ma non posso farlo“, ha dichiarato l’imprenditore veneto vicinissimo a Davide Casaleggio.

MISSIONE PARTECIPATE

Il suo nome era circolato per tutta la giornata di ieri dopo che sabato sera sul blog di Beppe Grillo era stato annunciato il ridimensionamento di Daniele Frongia, costretto a lasciare l’incarico di vicesindaco pur mantenendo le deleghe alle Sport e alle Politiche giovanili. Colomban, però, continuerà ad occuparsi delle aziende capitoline: un ruolo al quale era stato chiamato lo scorso 30 settembre, per colmare il vuoto lasciato dalle dimissioni shock di Marcello Minenna. “Come imprenditore e tecnico preferisco completare il compito di assessore alla riorganizzazione delle Partecipate, prima di assumere altri impegni gravosi o politici“, ha spiegato ancora Colomban, che giovedì scorso – 24 ore prima della tempesta innescata dall’arresto di Raffaele Marra – aveva presentato il suo piano insieme con il sindaco e l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo.

IL PUNTO DI PARTENZA

Un piano il cui elemento principale è rappresentato dall’analisi dello stato di crisi nel quale versano le aziende del Campidoglio, nel complesso oltre 40 con diversa veste giuridica. I lavoratori delle società partecipate sono 24.000 ai quali si aggiungono i 23.000 alle dirette dipendenze del Comune di Roma: in totale un dipendente ogni 114 residenti. Il deficit ammonta a 823 milioni di euro l’anno, mentre nell’ultimo triennio le perdite economiche hanno raggiunto i 440 milioni.

I PROGETTI DI COLOMBAN

Una razionalizzazione sarà fatta, sulla base di una serie di indicatori: la rilevanza strategica, lo stato di salute economica e il tipo di attività svolta. “Stiamo liquidando 7 società, dove non siamo soci di maggioranza, anche se voglio sia chiaro che ci penseremo bene prima di lasciare a casa delle persone“, ha spiegato Colomban. Qualche azienda, dunque, sarà ceduta e qualche altra liquidata, anche se l’assessore non ha indicato nello specifico quali siano queste società. Non dovrebbe trattarsi, comunque, di Farmacap, la partecipata capitolina che gestisce a Roma 43 farmacie. “L’abbiamo già riportata in positivo“, ha sottolineato a tal proposito Colomban. Che, peraltro, sta pensando di archiviare la delibera pensata a suo tempo dal duo MinennaRaineri, con l’addio ai consigli di amministrazione e il varo definitivo di una struttura più leggera con un amministratore unico affiancato da un direttore generale. Adesso il Campidoglio sembra voler scommettere su una strada diversa, come ha confermato pure Raggi: “Stiamo lavorando con i consiglieri per cerare una sorta di partecipazione dei lavoratori“. “Modello Olivetti“, lo ha definito Il Sole 24 Ore.

IL CASO ATAC

Il nodo più difficile da sciogliere – come ben noto, peraltro, ai cittadini romani – rimane Atac, la partecipata che gestisce il trasporto pubblico nela Capitale. “E’ la vera malata”, ha osservato Colomban, per il quale uno dei problemi principali è rappresentato dal mancato adeguamento del parco mezzi: “Il 30% andrebbe rottamato e c’è un altro 20% che si rompe costantemente. Questo è il vero problema per ristrutturare l’Atac“. In quest’ottica – ha rilevato l’assessore – occorrerebbero almeno 400 milioni di euro, senza i quali sarà di fatto impossibile migliorare il servizio e aumentare il grado di soddisfazione degli utenti. Che, in troppi casi, rispondono ai disservizi non pagando il biglietto. L’evasione tariffaria infatti è da record: ben il 25% delle persone – un quarto degli utilizzatori totali – usa gli autobus senza essere munito del titolo di viaggio. Un fenomeno annoso a Roma, che Colomban vorrebbe ridimensionare attraverso il ripristino della figura del bigliettaio. Soluzione spesso discussa ma poi rigorosamente bocciata in passato per via degli alti costi che imporrebbe all’azienda. A meno di non procedere a una massiccia riallocazione interna dei dipendenti. Una strategia – quella di Colomban – non priva di differenze rispetto alla linea seguita in passato dall’ex direttore generale di Atac Marco Rettighieri. Che nel suo piano di risanamento aveva ipotizzato anche una serie di dismissioni di immobili da parte dell’azienda del trasporto. Non se ne farà nulla perché ad oggi – ha spiegato l’assessore – “sarebbe una svendita“. Infine – sempre a dimostrazione della crisi in cui versa la partecipata – è da citare il suo impatto complessivo sulla mole annua di interessi generati dalle aziende capitoline. Ammontano, in totale, a oltre 40 milioni, l’83% dei quali determinati da Atac e il 4,4% da Ama.

I RIFIUTI DELLA DISCORDIA

L’altro grande dossier si chiama appunto Ama, l’azienda capitolina dei rifiuti divenuta negli ultimi mesi un vero e proprio caso nazionale anche per il clamore suscitato dalla vicenda che ha riguardato l’ormai ex assessore Paola Muraro. Virginia Raggi per ora ha tenuto le sue deleghe ma – dopo la bufera dovuta all’arresto di Marra – è difficile pensare che questa situazione possa andare avanti ancora per molto. Il Campidoglio dunque dovrà individuare un nuovo assessore all’ambiente e, nel frattempo, scegliere chi sostituirà l’attuale direttore generale di Ama Stefano Bina – anche lui vicino a Casaleggio junior – il cui incarico scade il 31 dicembre, a quanto pare con scarsissime probabilità di conferma. Colomban si è concentrato in particolare sull’ammontare della tariffa che i romani sono costretti a pagare: “E’ il 24% più elevata di Milano, a fronte di una raccolta differenziata inferiore di 10 punti“.

IL SUO ARRIVO A ROMA

L’arrivo di Colomban alla corte di Virginia Raggi pare sia dipeso da Davide Casaleggio in persona per cercare di arginare le polemiche seguite al cosiddetto dimissioni day. Il suo rapporto con i Casaleggio – in primis con il fondatore del movimento Gianroberto – risale almeno al 2013, come ha ricostruito su Formiche.net Bruno Guarini. Prima – nel 2010 – Colomban aveva invece corso, ma senza essere eletto, alle regionali del Veneto a sostegno dell’attuale governatore leghista Luca Zaia di cui è considerato un buon amico. E’ stata, però, l’imprenditoria l’asso nella manica della sua carriera: fondatore della Permasteelisa – divenuta nell’arco di 20 anni azienda leader a livello mondiale nel campo degli involucri delle architetture monumentali – si è poi concentrato sul settore immobiliare e sul sostegno alle start-up innovative. Un uomo dalle opinioni spesso controcorrente: “un convinto federalista con qualche simpatia indipendentista“, l’ha definito su Formiche.net Giovanni Bucchi che nel suo articolo ha anche ricordato gli ardori anti-euro di Colomban. Che – prima di assumere l’incarico di assessore a Roma – aveva esplicitato senza mezzi termini la sua posizione. “Se dobbiamo stare a queste condizioni nell’euro, meglio uscire. Certo avremo una svalutazione, qualcuno dice del 30 o del 50, ma contestualmente avremo un riaccendersi immediatamente di tutto le attività che diventeranno più competitive. C’è il mercato interno che soffrirà perché ci sono anche le importazioni di petrolio che si pagheranno di più“.


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