Domani, martedì 17 gennaio, il Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo eleggerà il suo presidente al posto del tedesco Martin Schulz. C’è molto fermento nei corridoi dell’Europarlamento, perché dopo svariate elezioni programmate a tavolino, grazie all’accordo tra i due più grandi gruppi, S&D e PPE (che hanno quasi sempre avuto una pacifica alternanza popolari/socialisti), per la prima volta ci sarà una vera “suspence” visto il testa a testa nei sondaggi tra i candidati favoriti.
I CANDIDATI
I candidati al momento sono: Antonio Tajani candidato dal gruppo più grande, il PPE (217 deputati), Gianni Pittella per il gruppo S&D (190 deputati), Helga Stevens per il gruppo ECR (70 deputati), Guy Verhofstadt per il gruppo ALDE (68 deputati), Eleonora Forenza per il gruppo GUE (52 deputati), Jean Lambert per il gruppo dei Verdi (51 deputati), Laurentiu Rebega per il gruppo ENF (40 deputati) e prima che ci fosse il teatrino a 5 Stelle per il gruppo EFDD era candidato il grillino Piernicola Pedicini. A questi gruppi politici bisogna aggiungere 14 deputati non iscritti, che non hanno presentato un candidato.
LA PROCEDURA
La procedura per la elezione del presidente del Parlamento europeo prevede che nei primi tre scrutini (voto segreto) per essere eletto sia necessario avere la maggioranza assoluta dei voti. Guardando i numeri appare improbabile che qualcuno dei candidati arrivi al numero richiesto (tranne eventuali accordi o rinunce dell’ultima ora).
I FAVORITI
In caso di mancata elezione fino al terzo turno, passeranno al quarto turno i due candidati che avranno ricevuto il maggior numero di preferenze e verrà eletto chi avrà la maggioranza relativa dei voti. I due favoriti sono gli italiani Tajani e Pittella, ma nessuno dei due pare abbia i numeri per arrivare immediatamente alla maggioranza assoluta.
LE ALLEANZE
Numeri alla mano, nelle stanze dei palazzi sono giorni che si conta. Le alleanze che si profilano dopo il primo turno vedono Pittella appoggiato dalla GUE e dai Verdi, Tajani appoggiato dal gruppo ECR (di cui è vice presidente Raffaele Fitto) e il gruppo ALDE spaccato sui due candidati. Restano i voti dei gruppi EFDD, ENF e dei Non Iscritti con cui nessuno dei due candidati favoriti vuole fare accordi, viste le posizioni euroscettiche.
LE INCOGNITE
A questa divisione bisogna aggiungere i franchi tiratori, agevolati dal voto segreto, che ci sono da una parte e dall’altra; basti pensare a quei deputati che in virtù della elezione del presidente, per il metodo D’Hont perderebbero la loro carica da Presidente di commissione Parlamentare, Vice Presidente del Parlamento ecc. ecc. L’unica certezza, tranne sorprese dell’ultimo minuto, è che il Presidente sarà italiano, ed è una grande vittoria perché l’Italia non ricopre questa carica dal 1979.