Saranno la disoccupazione giovanile e la difesa dell’Europa dal dilagare dei populismi le questioni principali di cui Antonio Tajani si occuperà nella sua nuova vita da numero uno dell’assemblea di Strasburgo. “Chi si candida alla presidenza di un Parlamento non può avere un programma politico“, aveva detto Tajani prima del voto che lo ha visto trionfare sul socialista Gianni Pittella, ma ci sono pochi dubbi che si concentrerà in particolar modo su questi fascicoli. Ne sono convinte, d’altronde, le persone che in questi anni lo hanno visto lavorare in Europa. “Nella sua lunga esperienza a Bruxelles è stato protagonista di numerose battaglie in tal senso, soprattutto sui temi del lavoro, dell’impresa e della tutela dei consumatori“, osserva il vicepresidente del movimento giovanile del Ppe, il ventottenne Riccardo Pozzi.
L’ESPERIENZA PAGA
Il primo aspetto che Pozzi sottolinea in questa conversazione con Formiche.net riguarda l’approccio da tenere per essere ascoltati e avere successo in Europa: “Spesso si dice che per contare a Bruxelles bisogna saper battere i pugni sul tavolo, ma non è vero fino in fondo“. In questo senso la storia politica di Tajani – rileva ancora Pozzi – è lampante: “Rappresenta l’opposto di quel modello: la sua elezione arriva dopo una grandissima esperienza accumulata in oltre vent’anni, sia in Parlamento che in Commissione“. Ma allora cosa serve per riuscire ad incidere davvero in una realtà complessa e farraginosa come quella europea? “A mio avviso non si può prescindere da tre elementi: preparazione, duro lavoro – che per gli eurodeputati italiani non è scontato – e capacità di mediazione tra le diverse posizioni in campo“.
L’ACCORDO PPE-ALDE
Una vittoria – quella di Tajani – resa possibile anche dall’accordo tra il Ppe e i liberali dell’Alde raggiunto poco prima che avessero inizio gli scrutini in aula. “E’ un dato di fondamentale importanza: ora si aprono due anni e mezzo cruciali per cambiare il futuro dell’Europa“, afferma ancora Pozzi , per il quale l’intesa tra popolari e liberali dovrà necessariamente portare una forte ventata di rinnovamento. I punti principali – annota il vicepresidente dei giovani del Ppe – sono stati messi nero su bianco nel testo dell’accordo: “Investimenti, supporto alla crescita e all’occupazione, sicurezza interna e una spinta decisa verso la creazione di una difesa unica europea, a partire dal tema dell’immigrazione: sono queste le questioni più urgenti su cui si misureranno le due forze politiche“.
IL RAPPORTO CON I SOCIALISTI
Ora si tratta di capire come si struttureranno le relazioni tra popolari e socialisti, che negli ultimi anni – fino al voto per la presidenza del Parlamento europeo – sono stati alleati. Un patto rotto dal Pse con la decisione di candidare Pittella in contrapposizione a Tajani. I due – non solo per le comune nazionalità italiana – sono in ottimi rapporti come conferma l’abbraccio affettuoso dopo l’annuncio della vittoria dell’ex candidato sindaco di Roma. “E’ necessario che tornino rapidamente a collaborare“, commenta Pozzi, che poi aggiunge: “Nonostante le naturali differenze politiche che esistono, hanno un elemento fondamentale che li unisce: sono entrambi partiti pro-Europa“. Un dato nient’affatto irrilevante vista la situazione in cui versa il Vecchio Continente, sempre più assediato da forze politiche euro-scettiche se non proprio direttamente anti-europeiste: “Inutile girarci intorno: la vera partita si gioca contro tutti i partiti che si nutrono di ciò che non funziona nell’Europa per fare campagna elettorale“.
LA RESPONSABILITA’ DEL PPE
Con l’elezione di Tajani i popolari si trovano ora alla presidenza delle tre principali istituzioni europee. Oltre all’Europarlamento, anche la Commissione – guidata dal lussemburghese Jean-Claude Juncker – e il Consiglio europeo, presieduto dal polacco Donald Tusk. Un en-plein che inevitabilmente gli impone adesso un supplemento di responsabilità nell’impegno per rilanciare questa malandata Unione: “E’ esattamente così. Di fronte alla crescita dei populismi e alla crisi che sta attraverso il socialismo nei vari Paesi membri, la reazione dei popolari è stata quella di andarsi a prendere la responsabilità totale della guida europea“. Una guida cui adesso è chiamato a contribuire anche Tajani: “Sono sicuro che la sua esperienza sarà molto utile alla causa. Solo con la partecipazione e la comprensione dei meccanismi europei si può rompere quella che molto spesso viene chiamata la bolla europea, composta da organismi burocratici che troppo spesso hanno perso il senso storico e politico della loro esistenza“.
I RIFLESSI NAZIONALI
La vittoria di Tajani potrebbe, inoltre, produrre qualche pesante conseguenza anche nella politica italiana, soprattutto – com’è ovvio che sia – in ciò che rimane del vecchio centrodestra. D’altronde Matteo Salvini – che a Strasburgo siede accanto agli ultra-nazionalisti di Marine Le Pen – ha commentato in maniera sprezzante l’elezione di Tajani. Il quale – è bene ricordarlo – rimane uno degli esponenti di punta di Forza Italia. I rapporti tra gli azzurri e il Carroccio, salvo qualche isolato episodio, appaiono logori ormai da tempo, dalle elezioni romane dello scorso giugno, quando Silvio Berlusconi scelse di appoggiare Alfio Marchini e di non convergere su Giorgia Meloni. Eppure si continua a parlare, per la verità sempre meno convintamente, di possibili alleanze sul piano nazionale. Uno scenario difficile da credere visto quanto accaduto in Europa, come sottolinea anche Pozzi: “Tutto ciò non può non avere riflessi internamente. Berlusconi è uno dei più importanti esponenti del Ppe, è sempre stato un’europeista e un liberale. Dovrà per forza di cose porsi il problema di fare i conti con queste forze politiche che stanno prendendo sempre di più una deriva estremista“.