Mentre il presidente Donald Trump è impegnato nell’attaccare aspramente chiunque gli si metta di traverso, al momento concentrato contro l’opposizione dei media, il compito di rassicurare gli alleati che gli Stati Uniti rimangono l’imprescindibile partner su cui poter contare spetta al binario diplomatico dell’amministrazione, incarnato in questo momento dal segretario di Stato Rex Tillerson e soprattutto dal vicepresidente Mike Pence.
IL DOPPIO BINARIO
Pence non è un moderato nelle posizioni politiche, su molti temi ha visioni più conservatrici di Trump, ma ha un modo di azione certamente più pacato e soprattutto meno imprevedibile, perché ha una visione politica legata alle letture storiche del Partito repubblicano. Il suo stesso compito lo ha avuto nei giorni scorsi (e già nei primi giorni del mandato) Tillerson, che ha preso parte alla ministeriale del G20 a Bonn; per molti aspetti è stato anche il senso dato in ambito militare dal capo del Pentagono James Mattis, che mercoledì era allo Shape Nato di Bruxelles insieme agli omologhi alleati.
IL DISCORSO DI MONACO
Il tour europeo di Pence è iniziato sabato 18 febbraio a Monaco di Baviera (dove si svolge l’annuale Security Summit che fu anche il primo palcoscenico internazionale per il predecessore Joe Biden, nel 2009) e proseguirà verso Bruxelles con uno scopo rilevante: spiegare agli alleati UE, che sono praticamente anche gli alleati Nato, le linee che la Casa Bianca vorrà tenere riguardo alla politica estera. Gli Stati Uniti saranno “costanti” nel loro supporto alla Nato, ha detto nel suo intervento da Monaco – in assoluto il primo importante faccia a faccia internazionale con la politica estera americana a livello internazionale –, ma tutti dovranno “pagare” la propria quota (il riferimento è all’impegno preso nel 2014 in Galles per investire il 2 per cento del Pil nel bilancio dell’alleanza). Poi ha parlato di Russia: non cambierà l’approccio, continueremo a ritenere Mosca “responsabile” delle sue azioni, ha spiegato, anche se “come sapete” il presidente Trump “sta cercando un terreno comune” per nuove aree di cooperazione. Parlando anche dell’impegno americano nella lotta al terrorismo, che ha colpito più volte le città europee, ha aggiunto che “la promessa del presidente Trump è: saremo al fianco dell’Europa, oggi e ogni giorno, perché siamo legati insieme dagli stessi nobili ideali; libertà, democrazia, giustizia e lo Stato di diritto”.
GLI INCONTRI
Il vicepresidente si troverà a spiegare personalmente la nuova postura americane in vari vis-a-vis. Tra gli altri avrà in incontri personali con la Cancelliera tedesca Angela Merkel (con cui dovrà chiarire le uscite contro la politica economico-monetaria dell’amministrazione), poi vedrà il presidente ucraino Petro Poroshenko (il quale chiederà spiegazioni sul rapporto che l’America vorrà avere con la Russia) e ancora il presidente UE Donald Tusk, quello della Commissione europea Jean-Claude Juncker e l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri Federica Mogherini (con cui tra i temi potrebbero esserci le uscite anti-europeiste e pro-exit di Trump), e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg (a cui chiarire l’impegno americano nell’Alleanza nell’ottica del riequilibrio delle spese degli altri paesi membri). Previsti incontri anche con i capi di governo di Iraq, Turchia e paesi baltici.
IL PESO DI PENCE FINORA…
Non è chiaro al momento quale possa essere l’effettivo peso di Pence all’interno dell’amministrazione. Ma tutto è già appesantito dai fatti di cronaca che lo hanno coinvolto alla vigilia del viaggio. Pence è infatti finito in mezzo (per quanto noto incolpevolmente) alla vicenda delle dimissioni del Consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn, accusato proprio di aver mentito al vicepresidente, oltre che all’Fbi, a proposito di alcune sue conversazioni con l’ambasciatore russo. Flynn avrebbe promesso al diplomatico di Mosca il sollevamento delle sanzioni, ma non era autorizzato a farlo: dopo le prime notizie diffuse sui giornali Pence chiese spiegazioni e il Consigliere negò che durante i contatti si era parlato delle sanzioni, mentendo, e così il vice presidente si trovò a sua insaputa a sostenere la versione mendace in due interviste televisive. Imbarazzante. Secondo quanto raccontato da Trump, sarebbe stato lui a chiedere le dimissioni di Flynn perché “è inaccettabile” mentire al VP, ma poi durante una conferenza stampa giovedì ha anche aggiunto che il Consigliere è “una persona meravigliosa” che fondamentalmente “non ha fatto niente di male”. Trump era a conoscenza che Flynn aveva parlato di sanzioni con l’ambasciatore russo, ma non avvisò comunque Pence, perché, ha detto Trump giovedì, non lo riteneva rilevante. Già in un’occasione Trump era passato sopra a Pence, quando durante il dibattito tra candidati vicepresidenti del 4 ottobre scorso, Pence disse che forse si poteva pensare a un’azione militare contro il regime siriano e la Russia che stavano martoriando con i bombardamenti indiscriminati Aleppo, in Siria: Trump il giorno successivo dichiarò di non essere d’accordo e di non aver mai parlato della questione col suo vice, sminuendo di fatto la posizione presa da Pence.
… E IN FUTURO?
Tuttavia è possibile che il ruolo di Pence possa aumentare nelle prossime azioni di governo, sia per quel che riguarda gli aspetti internazionali, sia in casa. Il vice presidente potrebbe essere il collegamento dell’amministrazione con il Congresso, dove ha già giocato un ruolo (storico) decisivo durante la nomina della segretaria all’Istruzione Betsy DeVos, che senza il voto di Pence avrebbe ricevuto una bocciatura. Trump ha necessità di un collegamento con il partito per molte delle sue proposte, prima fra tutte l’abolizione dell’Obamacare, un processo lungo che richiederà la collaborazione delle camere (e dunque dei legislatori repubblicani) che ancora non è iniziata nonostante le dichiarazioni propagandistiche di questi giorni.