Durante la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che si è svolta in via d’emergenza nel pomeriggio newyorkese di mercoledì 5 luglio in risposta al test missilistico nordcoreano del giorno prima, l’ambasciatrice americana Nikki Haley ha sottolineato un paio di elementi importanti che segnano il procedere della crisi.
PRONTI A UN ATTACCO MILITARE
Haley – che è certamente stata la protagonista del vertice, perché anche se l’America di Donald Trump millanta una postura contratta da ‘nazione’, ancora il ruolo globale di Washington è evidente – ha detto che la Casa Bianca non vuole procedere con l’azione militare, ma non si sente di poterla escludere. Le parole dell’ambasciatrice fanno eco a un commento “aspro” (come l’ha chiamato il Financial Times) del comandante che guida il contingente americano in Corea del Sud, che sostanzialmente ha detto: se ancora non abbiamo attaccato Pyongyang è perché abbiamo scelto di non farlo, ma siamo pronti. Lo statement del generale Vincent Brooks è una dichiarazione congiunta con i sudcoreani, che però sanno bene che nella pratica attaccare il Nord è quasi impossibile. Le tante simulazioni costruite in questi mesi parlano tutte di un contrattacco che porterebbe la devastazione a Seul, in quello che il capo del Pentagono Jim Mattis ha definito “il peggior tipo di scontro possibile”. Perché? Un esempio: due settimane fa sul Bulletin of Atomic Scientists è uscita un’analisi dello storico militare Reid Kirby su uno degli scenari plausibili riguardo la rappresaglia di Pyongyang. Basta un’immagine: il Nord verserebbe “una mare di sarin”, dice Kirby, sulla capitale sudcoreana (poi tutto il resto).
LE PRESSIONI COMMERCIALI SULLA CINA
Ma Haley ha spiegato bene che all’opzione militare, “la strada che l’amministrazione Trump vuole evitare”, gli Stati Uniti possono abbinare “un’altra grossa capacità” per fare pressioni: il commercio, con la Cina. Gli americani hanno considerato l’ultimo missile testato da Kim Jong-un un ICBM, ossia un balistico a gittata intercontinentale che potrebbe – se il funzionamento fosse perfetto – coprire un raggio di 5000 e dunque raggiungere anche l’Alaska.
Per questo prendono la situazione con particolare severità. Le parole di Haley sono da registrare perché l’ambasciatrice ha avuto una conversazione telefonica di un’ora con il presidente Trump prima dell’inizio della riunione onusiana. La Corea del Nord ha reso “il mondo un posto più pericoloso” dice, e la Cina ha “un ruolo chiave” per promuovere la pace (sottinteso ‘ma non lo ha fatto’). “Ci sono paesi che permettono i commerci, e addirittura incentivano, con la Corea del Nord”, nonostante le sanzioni, ha aggiunto l’ambasciatrice americana al tavolo del Cds: “Certi paesi vogliono anche mantenere rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Non succederà. Il nostro atteggiamento sul commercio cambia nei confronti di chi non prende seriamente le minacce alla sicurezza internazionale”. Il riferimento diretto è ovviamente alla Cina, che copre il 90 per cento (dato dell’Associated Press) della relazioni clandestine estere di Pyongyang. Quasi un ‘o noi o loro’, almeno nella retorica (nei fatti è tutto molto molto più complicato).
TRUMP CONTRO PECHINO
Poche ore prima era stato il presidente Trump a scrivere su Twitter che (evidentemente sulla base di dati che gli sono stati forniti dalle intelligence) la Cina nel primo trimestre di quest’anno ha aumentato del 40 per cento le relazioni commerciali con Pyongyang: “Troppo per lavorare con noi, ma era un tentativo che andava fatto”, è la chiosa al tweet.
Trade between China and North Korea grew almost 40% in the first quarter. So much for China working with us – but we had to give it a try!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 5 luglio 2017
Mentre fino a poche settimane fa la Cina era descritta come un partner per risolvere la minaccia nordcoreana, test per future collaborazioni globali, negli ultimi giorni da Washington si sono alzati diversi segnali che hanno sottolineato come Trump e la sua amministrazione siano spazientiti, e l’ICBM nordcoreano ha fatto da goccia in più in un vaso che DT vede già pieno di oltre trecento miliardi di sbilancio commerciale. Due uomini d’affari e una banca cinese sono stati messi sotto sanzioni per aver aiutato il Nord a ripulire denaro; è stata annunciata la vendita di armi americane a Taiwan; un cacciatorpediniere statunitense ha di nuovo solcato le acque contese del Mar Cinese Meridionale; la minaccia commerciale in sede Onu; il tweet del presidente. Trump e l’omologo cinese Xi Jinping si vedranno ad Amburgo venerdì per il G20.