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Tutte le tensioni sotto traccia ai vertici del Qatar (secondo Foreign Policy)

L’esperto di politica del Golfo del Washington Institute for Near East Policy, Simon Henderson (dirige il programma Gulf and Energy Policy del think tank americano), ha dato su Foreign Policy una lettura interessante della crisi in corso tra Qatar e blocco Saudita. Si ricorderà che un gruppo di Paesi, alcuni del Consiglio per la Cooperazione Golfo e altri esterni, hanno appoggiato una decisione presa da Arabia Saudita ed Emirati Arabi di isolare diplomaticamente Doha perché sponsor di organizzazioni terroristiche.

Questo braccio di ferro va avanti dai primi di giugno, nonostante abbia attirato l’interesse attivo di attori esterni (come gli Stati Uniti, o la Russia, o, più in piccolo, l’Italia). Pochi giorni fa il Qatar ha ufficialmente rifiutato una lista di imposizioni che gli era stata recapitata dal Kuwait per conto dei Paesi isolanti: le imposizioni per fermare il blocco e recuperare i rapporti sono state considerate da Doha una violazione alla propria sovranità.

La sovranità, appunto. Secondo la gran parte degli analisti il motivo reale di questa crisi (una delle peggiori nella regione, considerata a livello della guerra Iran/Iraq) non è tanto la questione del sostegno al terrorismo, ma si tratta di un tentativo muscolare per fermare la politica indipendente presa da Doha in questi ultimi decenni. Henderson sostiene che i sauditi pensano che il controllo del regno non sia in mano a Tamin bin Hamad Al Thani, ma sia ancora detenuto da suo padre, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani. L’assenza di fatto dell’abdicazione, formalmente avvenuta il 25 giugno del 2013, è un cruccio per Riad, perché Hamad è stato l’emiro che ha forgiato il Qatar per come lo conosciamo adesso.

L’assertività spinta negli affari economici mondiali attraverso il fondo sovrano Qia, la postura indipendente nella politica e nella geopolitica regionale, le relazioni internazionali ad ampio spettro (da Washington a Teheran, a Mosca e Pechino), sono frutto delle politiche pensate da Hamad, dopo che prese il potere al padre nel 1995. È questa postura indipendente che non piace a Riad e ad Abu Dhabi, che vorrebbero il Qatar completamente allineato con il GCC, e dunque con le loro visioni. Henderson dice che questo politica qatarina non è tanto gradita nemmeno tra alcune figure di spicco della tribù Al Thani, elementi che  potrebbero essere sfruttati per indirizzare un nuovo corso dell’emirato (Tamin, anagraficamente, rientrerebbe in quel novero di giovanotti che sta prendendo in mano il potere nel Golfo, come il saudita Mohammed bin Salman o l’emiratino Mohammed bin Zayef).

(Foto, ne Kremlin.ru, Tamin Al Thani durante una visita al Cremlino)

 


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