Lo si era intuito subito, ora i sospetti sono più solidi. La scandalosa vicenda dei due carabinieri di Firenze accusati di aver stuprato due studentesse americane rischia di aprire un vaso di Pandora su comportamenti che militari dell’Arma potrebbero aver tenuto in passato. Il quadro che si presenta davanti al comandante dei Carabinieri, generale Tullio Del Sette (nella foto), è tale che la soluzione può essere soltanto una: fare piazza pulita.
Pur di fronte allo sconcerto di un abuso sessuale compiuto da forze dell’ordine, per di più in divisa e in quel momento in servizio di pattuglia, nessuno ha accusato l’intera Arma dei Carabinieri che, anzi, è considerata parte lesa dalla stessa procura fiorentina. Sarebbe folle fare di tutt’erba un fascio, così come sarebbe sbagliato limitarsi alla cronaca di un singolo, deprecabile, caso. I Carabinieri restano una colonna dello Stato e per questo dovranno essere inflessibili: la sospensione dal servizio dei due militari, possibili custodie cautelari a loro carico, l’espulsione dall’Arma sono gli elementi di una probabile sequenza.
Fare piazza pulita, però, significa andare a fondo. Significa verificare l’efficienza della catena di comando, dai livelli più bassi a quelli più alti in ogni ambito territoriale, significa verificare eventuali omertà, forse significa anche una messa a punto dei test di selezione psicologica e delle periodiche valutazioni che i superiori fanno dei sottoposti. Magari è stato fatto e non se n’è avuta notizia, ma al primo sospetto di comportamenti dubbi dovrebbe scattare almeno un trasferimento d’ufficio per evitare che si consolidino abitudini cameratesche. Se è vero, come sembra, che quell’appuntato e quel carabiniere di Firenze erano insieme di pattuglia solo da pochissimo tempo e quindi si suppone con scarsa familiarità, com’è stato possibile che l’uno non abbia frenato l’altro? La risposta a questa domanda potrebbe essere una pessima notizia per l’Arma.