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Il valore universale delle parole di Papa Francesco in Colombia

Il viaggio apostolico di Papa Francesco in Colombia costituisce, senza dubbio, un passaggio chiave nella storia della Chiesa e, in particolare, di questo Pontificato.
Il motivo è non soltanto annodato al legame che Jorge Bergoglio ha con tutta la realtà latinoamericana, ma anche e soprattutto per la situazione politica e sociale che sta provando duramente sia questo Paese e sia il vicino Venezuela.

Indubbiamente all’interno della tipicità di questa concretezza umana tanto suggestiva e contraddittoria il Papa ha potuto trovare l’occasione propizia per spiegare, illuminare la Cristianità e il mondo sulle prospettive che dal presente emergono e si aprono ad una valutazione profonda dei rischi che oggi attanagliano e tormentano l’intero genere umano.
Senz’altro i torbidi politici che straziano questo grande Paese sono sotto gli occhi di tutti ormai da anni, contrassegnando la controversa storia della Colombia: una nazione dove la popolazione è molto religiosa, ma anche dove il popolo è diviso da guerre e guerriglie che ne squarciano e limitano il destino.
Sul fondo di siffatto quadro sociale e culturale estremamente complesso, l’immensa folla di persone, seicentomila all’incirca, che si è radunata nel Parco Bolivar di Bogotà per incontrare ed ascoltare il Pontefice, rappresenta una risposta di per sé straordinaria. È stato detto, in proposito, che Francesco è stato accolto come una star. Probabilmente, guardando ai numeri, è vero, anche se, al solito, l’atteggiamento del Papa è stato animato da un grandioso senso della misura e dalla precisa intenzione apostolica di parlare alle anime e al cuore delle persone, senza protagonismi di sorta.

Alcuni temi, emersi nell’omelia, sono della massima importanza, spiegando oltretutto aspetti considerevoli della visione cristiana che il Papa offre e promuove continuamente all’umanità.
Innanzitutto il senso della vita, la bellezza dell’esistenza, la passione per l’uomo e la sua luminosa presenza nel creato. In tal senso la Colombia si rivela in “una moltitudine di uomini e donne, bambini e anziani che abitano una terra di inimmaginabile fecondità, che potrebbe dare frutti a tutti”.
Va sottolineato qui quel “potrebbe” che apre gli occhi invece sulla enorme crisi e sui mali che torturano la Colombia e si frappongono alla sua armonia.
Francesco ha parlato senza mezzi termini di vere e proprie “fitte tenebre” contraddistinte da ingiustizia e iniquità a tratti perfino percepite come ostacoli invincibili e disperanti. La causa di questa contraddizione radicale è costituita dalla corruzione e dagli interessi personali, poteri singoli e collettivi, bramosia di potere, che consumano in modo egoistico e sfrenato il bene comune, le risorse della terra e le potenze spirituali dei popoli.

Le tenebre del male, ha continuato il Papa, si riflettono nella mancanza di rispetto per la vita umana, nel sacrificio di tanti innocenti e nell’odio fratricida che macchia di sangue le mani di coloro che, per disperazione o per vendetta, si fanno giustizia da sé, rivendicando e praticando allo stesso modo il male che subiscono.
La Chiesa, questa è l’indicazione di Francesco, non deve seguire questa logica, deve ribellarsi alla disperazione e alla perfidia, non potendo diventare parte di un meschino gioco al massacro. La Chiesa deve ancorarsi alla conservazione di un significato alto, cristiano, della vita, liberando la cultura dalla malvagità, e alimentando, oltre i miti irrealizzabili e le utopie degenerate, i sogni veri, grandi, non manipolabili dalla politica e dall’economia.
È questa l’esortazione finale che emerge da parole tanto vigorose e trascinanti come quelle usate qui da Bergoglio. Al presidente Juan Manuel Santos Calderon, che lo ha accolto all’arrivo, il Papa ha parlato esplicitamente del valore che ha la patria e la nazione colombiana, luogo di incontro tra diverse etnie che devono trovare pace e unità, in una riconciliazione che escluda insane velleità di vendetta, antichi e nuovi rancori.

Da Bogotá giunge così al mondo intero un monito fecondo del Papa che non può non scuotere le coscienze anche europee. Lavorare per la pace non è una banale retorica buonista, ma il frutto di una comprensione integrale e cristiana della vita umana, nella quale tempo, sofferenza e morte siano stimolo per trovare vita, amore e coesione: una luce di felicità eterna che mai deve lasciarsi corrompere totalmente dalle tenebre del male e del peccato.



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