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Difesa Ue, che cosa cambierà davvero con la Pesco

I passi formali cominciano a esserci davvero, forse tra qualche anno vedremo anche quelli sostanziali. L’ambita “Difesa comune europea” sta nascendo sotto una più realistica “cooperazione in materia di difesa” e un passo importante è stato compiuto al Consiglio Esteri-Difesa tenutosi a Bruxelles il 13 novembre quando 23 Stati membri dell’Ue hanno firmato la notifica congiunta sulla cooperazione strutturata permanente (Pesco), prevista dal Trattato di Lisbona, che punta a una più stretta collaborazione in materia di sicurezza e difesa. Ne restano fuori Gran Bretagna, Danimarca, Irlanda, Malta e Portogallo. Gli Stati che lo desiderano potranno così sviluppare insieme la propria capacità di difesa investendo su progetti comuni e dunque ottenendo economie di scala. La definitiva istituzione della Pesco è prevista al Consiglio Affari esteri dell’11 dicembre prossimo e successivamente saranno definiti i primi progetti comuni.

Con l’avvio della Pesco nasce anche il Fondo europeo per la difesa, proposto dalla Commissione europea nello scorso giugno: dal 2021 l’Ue potrà stanziare ogni anno 500 milioni di euro per finanziare progetti di ricerca comuni per lo sviluppo di tecnologie avanzate nel settore della difesa e della sicurezza, più 1 miliardo di euro l’anno per cofinanziare l’acquisizione di capacità operative vere e proprie. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha detto che ciò “spingerà le nazioni europee a fare progetti insieme anche dal punto di vista industriale e questo offre delle opportunità all’Italia che ha delle eccellenze nel campo della Difesa”. Il ministro ha ricordato uno dei progetti presentati dal nostro Paese, il drone europeo, che ha già sperimentato il sistema di comando e controllo.

La crescente richiesta di sicurezza da parte dei cittadini e l’impossibilità per quasi tutti i Paesi di aumentare sensibilmente gli stanziamenti in bilancio per le Forze armate rendono indispensabile una maggiore collaborazione, anche perché spesso si dimentica che la Difesa è strumento di politica estera. Il titolare della Farnesina, Angelino Alfano, infatti ha commentato la decisione di Bruxelles spiegando che “è difficile essere forti in politica estera se non c’è uno strumento militare a presidio anche della politica estera”. Da un lato massima collaborazione con la Nato, dall’altro grande attenzione al fianco sud che interessa da vicino l’Italia sul quale, ha detto Alfano, “l’Europa dev’essere protagonista”.

Ha ragione il ministro Pinotti quando rileva che “dopo 60 anni di attesa in pochi mesi abbiamo fatto più lavoro e strada di quella compiuta nei decenni precedenti” rivendicando l’avvio di questo percorso con una lettera firmata da Italia, Francia, Germania e Spagna. L’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, nel definirlo “un giorno storico”, ha ricordato che sono già oltre 50 i progetti concreti di cooperazione e una nota della Commissione europea considera la firma un passo importante verso la creazione di una Unione europea della Difesa pienamente operativa nel 2025. Dopo il Consiglio dell’11 dicembre, ci accontenteremmo di vedere dal prossimo anno concreti passi avanti sui progetti allo studio.



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