Stanare lo Stato Islamico e Al Qaeda in Libia per conseguire un doppio obiettivo: intensificare l’appoggio all’esecutivo tripolino con una campagna militare mirata e disegnare un perimetro ideale attorno alla zona di Bani Walid per utilizzarla come transito sicuro per i militanti.
È la nuova strategia americana in terra libica, che ha trovato la sua esplicazione in due attacchi lanciati negli ultimi sette giorni in Libia, mentre al contempo in Afghanistan le truppe Usa hanno eliminato il leader talebano che aveva ordito l’assassinio di Malala Yousafzai.
DRONI & SIGONELLA
Come riportato da un’inchiesta di La Repubblica assieme alla testata investigativa The Intercept, dal 2011 i droni a stelle e strisce si sono resi protagonisti di 550 attacchi sul suolo libico, con la gran parte dei droni che sono decollati dalla base italiana di Sigonella.
Un particolare che rientra nella più ampia strategia messa in campo dallo Us Africa Command (Africom) che ha annunciato di aver condotto un attacco aereo di precisione contro al Qaeda nel Maghreb Islamico uccidendo un terrorista, in coordinamento con il Libyan Government of National Accord, lo scorso mercoledì a ottanta chilometri a sud est della città di Bani Walid.
La stessa zona era stata colpita anche lo scorso 6 giugno uccidendo quattro membri di un gruppo affiliato all’Isis.
Due mesi fa invece un drone aveva colpito i militanti di Al Qeada nel fazzoletto di terra meridionale del paese. Intanto da Washington giunge la smentita di aver ucciso civili nel raid del 6 giugno a Bani Walid. L’Africom ha anche condotto un raid contro lo Stato islamico vicino a Fuqaha (circa 580 chilometri a sud-est di Tripoli) il 23 gennaio, che ha distrutto due veicoli.
SCENARI
Appare evidente come la cosiddetta pax elettorale figlia del vertice di Parigi, che dovrebbe condurre il paese alle elezioni nel prossimo dicembre, stia incontrando sulla propria strada una serie di elementi che da un lato potrebbero favorirla, assieme ad altri che invece potrebbero dall’altro indebolirla.
L’offensiva sulla Mezzaluna petrolifera avviata dal Generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale libico che controlla la Cirenaica, è stata anche ufficialmente annunciata: segno che i movimenti magmatici interni al paese sono tutt’altro che narcotizzati. “È suonata l’ora zero per annientare il nemico”, ha detto Haftar in una registrazione audio diffusa alle truppe. All’orizzonte ecco la grande campagna denominata “sacra riconquista” della mezzaluna petrolifera. Pochi giorni fa la Guardia delle infrastrutture petrolifere guidata da Ibrahim Jadhran, avversario di Haftar, aveva attaccato alcuni impianti ad Hilali, mandando in fumo due cisterne di greggio.
Sembra che nelle ultime ora si stiano susseguendosi azioni di riconquista seguite dalla risposta delle truppe di Jadran: queste ultime pare abbiano ripreso il controllo del terminale petrolifero di Ras Lanuf dopo un contrattacco delle forze di Haftar.
Nel frattempo, il presidente della National Oil Corporation, Mustafa Sanallah, ha detto alla Reuters che spera di riprendere le esportazioni di greggio da entrambi i terminal petroliferi entro i prossimi due giorni. Gli Usa hanno condannato l’azione di Jadran perché le risorse petrolifere libiche “devono rimanere sotto il controllo esclusivo della National Oil Corporation con l’unica supervisione garantita dal governo di Accordo Nazionale”.
VIDEO
Nelle ultime ore sta anche circolando un video che ritrae i miliziani di Haftar usare i depositi presso le strutture petrolifere libiche per rifornirsi di equipaggiamento militare e armi inviate da Emirati Arabi ed Egitto in Libia. Il video, che è stato pubblicato dall’ufficio stampa della Petroleum Facilities Guard (Pfg), ha mostrato le munizioni immagazzinate nell’edificio della compagnia petrolifera austriaca, Value Added Oilfield Services (Vaos) con in evidenza la targhetta di provenienza del materiale (Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti).
Però Vaos ha fatto un tweet in cui sostiene di non essere in alcun modo collegata alla regione petrolifera libica. La qerelle continua, con la Pfg che puta il dito contro Haftar, reo di aver minacciato i propri lavoratori con mortai e bombe a mano per impedire loro di proteggere i terminal petroliferi.
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