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Fu grande bellezza? Il ministro Bonisoli e Galli della Loggia a confronto

In un momento in cui si parla molto di degrado socioculturale in un Paese, l’Italia, considerato per molti versi la patria dell’eccellenza intellettuale europea e la culla della cultura continentale e mediterranea, appare sicuramente di particolare utilità incontrarsi attorno a un tavolo e discutere delle ragioni di questo decadimento e delle possibili soluzioni per una rinascita Made in Italy. È quello che ha fatto l’Associazione Cultura Italiae, gentilmente ospitata dalla Fondazione Marco Besso, riunendo il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli, lo storico e giornalista Ernesto Galli Della Loggia, la giornalista del TG5 Simona Branchetti e il giornalista Mario De Pizzo del TG1.

L’occasione, nata casualmente da un editoriale di Galli della Loggia intitolato “Il Belpaese è diventato brutto” pubblicato lo scorso 9 settembre sul Corriere della Sera, si è rivelata poi ghiotta per arrivare alla conclusione, unanime, che il problema del nostro Paese non è l’Italia in sé, ma gli italiani.

“Quando ho scritto l’articolo, non sono partito dal Belpaese” ha spiegato Galli Della Loggia. “Ho pensato alla società italiana che sta diventando brutta, una società con caratteristiche ai miei occhi sempre più negative”. “Rispetto a quella che era trent’anni fa – ha continuato ­–­ non è migliorata, ma peggiorata. Soprattutto da un punto di vista della qualità antropologica dei suoi abitanti”.

La ragione di questo declino sarebbe da ravvisare, secondo il giornalista, nel venir meno di alcune “fondamentali agenzie formative”: la scuola, che fino a qualche decennio fa rappresentava “la principale forma di civilizzazione e acculturazione in un Paese fortemente contadino”; la leva, una “scuola di nazionalizzazione” che ha consentito a molti italiani di “conoscere l’Italia”; la Chiesa e la televisione. “Ma non la Tv sciagurata che contribuisce, seppur con le migliori intenzioni, al peggioramento dei cittadini italiani”, ha spiegato.

“Ora non c’è più nulla, tutte queste cose sono sparite”, ha sottolineato l’editorialista del Corriere della Sera. “Gli italiani sono un popolo in cui il 60% non legge nemmeno un libro all’anno”.

Il ministro Bonisoli ha però sottolineato un’evidenza inequivocabile, ovverosia la differenza di visione degli italiani in base alla generazione di appartenenza. “Sono stato abbastanza colpito quando ho visto i risultati elettorali per fasce di età e ho visto che c’erano differenze così forti che non avevo mai percepito”.

“La vedo come lei” ha subito convenuto Della Loggia. “In Italia alla tradizionale differenza tra generazioni si sono sovrapposti due elementi di divergenza: i giovani sono in una situazione economica molto peggiore dei propri genitori, e questo prima non accadeva, e il livello culturale delle vecchie generazioni è mediamente superiore alle nuove, in assoluta controtendenza rispetto alle società precedenti. Le nuove generazioni sono più analfabete, non leggono, passano ore e ore sugli smartphone, denunciando un livello di deculturazione sconosciuto alle generazioni precedenti. E poi i giovani sono numericamente inferiori. Il fatto che la nostra sia una società di vecchi ha una forte influenza sui giovani”, ha concordato.

Tra le cause di questo deterioramento italiano, però, non ci sarebbe, come ha ipotizzato la giornalista del TG5, un’incapacità da parte degli italiani di “saper apprezzare i propri talenti”, ma piuttosto una sorta di diseducazione alla cultura.

Ma le radici profonde sarebbero anche ravvisabili, com’è venuto fuori da un confronto con la platea, nella crisi economica. “Da 10-12 anni è passato sotto silenzio il crollo del Mezzogiorno di Italia – ha detto Galli Della Loggia – dove i tassi di scolarità sono in picchiata. Regioni come Sicilia e Sardegna hanno un tasso di abbandono scolastico del 20-25% dovuto al fortissimo degrado della situazione socioculturale di quei territori”. Degrado spiegato, appunto, dalla crisi economica, che “ha impedito qualunque tipo di investimento pubblico e sociale”.

“Il nostro era un Paese poverissimo privo di tradizioni economiche forti. Eppure nel corso del Novecento era riuscito ad agganciare il convoglio di testa dello sviluppo mondiale, raggiungendo un Pil più alto di quello dell’Inghilterra”, ha spiegato Galli Della Loggia. “Bisognava però cambiare alcune cose, soprattutto la seconda parte della Costituzione”.

Si è così passati a un’analisi dello Stato di diritto in Italia, al cui parziale svuotamento dall’interno ha convenuto l’intera platea. In Italia non vi è più certezza del diritto. “La non garanzia delle sanzioni è uno dei drammi politico-civili del nostro Paese. La giustizia non esiste. Nelle carceri ci sono solo i poveracci. In Germania, un Paese con un tasso di evasione più basso dell’Italia, in prigione ci sono 2mila persone per evasione fiscale. In Italia nemmeno uno” ha tuonato lo storico e giornalista romano. “I politici hanno fatto pessime leggi, ma sotto la minaccia dei magistrati. Secondo me si dovrebbe sciogliere il Consiglio superiore della magistratura”.

“Mi auguro con il cuore che il periodo di decadenza sia breve. Ma con la ragione temo sia destinato a durare. Qualcosa si è inceppato”, ha concluso Ernesto Galli Della Loggia.


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