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In Libia si torna a combattere. E Haftar punta Tripoli

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Tripoli vittima e carnefice del caos che la avvolge. Mentre gli scontri tra milizie rivali nella zona sud della capitale sono ripresi nuovamente nella notte, mietendo due vittime civili, un ragazzo di 19 anni e una donna anziana morta durante il trasporto in ospedale, il generale Khalifa Haftar ha annunciato che le forze armate della Cirenaica “non resteranno con le mani legate” rispetto a quello che sta accadendo in queste ore. Un monito o una minaccia, poco importa. Haftar ha aggiunto che “formeranno un fronte fronte militare nella regione occidentale dopo aver preso il controllo di alcuni punti importanti”.

Una dichiarazione che, insieme alla rinnovata, o forse mai del tutto sopita tensione che continua a registrarsi sistematicamente, rischia di mandare in fumo la tregua firmata sotto l’egida dell’Onu il 4 settembre scorso. Gli sforzi condotti finora per mantenere la tregua a Tripoli “non hanno avuto successo”. È con queste parole, infatti, che il ministro dell’Interno libico Abdel Salam Ashur ha commentato i nuovi scontri a fuoco.

Le violenze che da ieri interessano la zona di Trek al Matar, dove si trova la strada che porto all’aeroporto di Mitiga, hanno costretto anche il premier del governo di accordo nazionale Fayez al Serraj ad annullare la sua partecipazione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La Settima Brigata, in maniera particolare, protagonista dell’escalation di fine agosto, ha denunciato di essere stata attaccata ieri sera. “Hanno colpito la nostra postazione ad Ain Zara con razzi e mitra. Abbiamo prontamente risposto al fuoco costringendo le milizie alla fuga”, si legge in una nota ufficiale. E ancora “non ci sono nostre forze che combattono al momento a Tripoli”.

Nel frattempo, Haftar, parlando ieri sera nel corso di una conferenza stampa, ha chiesto agli sfollati di Bengasi, Beida, Derna e Agedabia di coordinarsi con i comitati locali per registrare i loro beni in modo da rientrare nelle loro case. “In particolare, è necessario registrare l’elenco dei propri beni presenti nelle case in modo da controllare che non si verifichino furti”, ha concluso.

E se Serraj rinuncia al viaggio a New York, il presidente dell’Alto Consiglio di Stato libico, Khalid al Mishri, ha incontrato ieri sera a Tunisi gli ambasciatori di Regno Unito, Paesi Bassi, Canada e Cina, oltre ad un rappresentante della Banca mondiale. Secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del Consiglio di Stato “i colloqui si sono concentrati sulla situazione della sicurezza in Libia e sui recenti sviluppi politici nel paese, oltre che sul programma di riforme economiche adottato dal governo di accordo nazionale”. Un’istituzione che, in maniera specifica, si presta da “contraltare” alla Camera dei rappresentanti di Tobruk, il parlamento monocamerale libico che si riunisce in Cirenaica. Ed è, secondo la “road map” tracciata dall’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, quell’organo fondamentale per far in modo che i membri delle due istituzioni si adoperino a trovare un’intesa per modificare l’accordo politico attuale e arrivare ad elezioni parlamentari e presidenziali.

Intanto, nel clima incandescente delle ultime ore, anche l’ambasciatore sudanese in Libia, Uthman al Kafi, è rimasto vittima di un’aggressione a Tripoli da parte di alcuni ladri che lo avevano preso di mira approfittando della mancanza di sicurezza nella capitale libica, fortunatamente senza subire gravi conseguenze.

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