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Così il Congresso Usa pensa a nuove sanzioni contro la Russia. Ancora

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“Il debito sovrano e una maggiore attenzione per gli oligarchi sono due aree in cui sembra ci sia un ampio sostegno tra noi per dove guardare più a fondo e puntare le nostre risposte [contro la Russia]”, ha detto ieri il senatore repubblicano di lunga data Mike Crapo (dall’Idaho), durante una seduta della Commissione bancaria che presiede.

L’udienza di giovedì è stata la seconda delle tre sulle sanzioni russe previste dal panel: i congressisti hanno messo alle strette il presidente Donald Trump, che, dopo aver preso una atteggiamento debole al vertice di Helsinki nei confronti di Vladimir Putin, ora si trova davanti alle pressioni per condannare fermamente l’interferenza elettorale russa nel 2016 e altre attività maligne orchestrate da Mosca.

Una di queste, per esempio, è il caso dell’avvelenamento Skripal: Londra ha diffuso addirittura gli identikit degli aggressori, membri del servizio segreto militare (Gru) a cui l’agente intossicato con lo spray nervino al Novichok apparteneva prima di tradire Mosca. Gli Stati Uniti (insieme a un paio di dozzine di paesi, tra cui Francia, Germania, Italia) avevano già a marzo alzato immediatamente come misura sanzionatoria l’espulsione di funzionari sospetti dalle ambasciate russe, ma Capitol Hill ha chiesto di più.

Una prima tranche di sanzioni è partita ad agosto, ma quella più dura è prevista nei prossimi mesi, e potrebbe andare a colpire il sistema bancario russo – per questo le audizioni sono in programma nel Committee guidato da Crapo. La prima ondata è limitata alle restrizioni sulle tecnologie militari; la seconda (che potrebbe arrivare in 90 giorni) dovrebbe concentrarsi sugli scambi commerciali, tagliare i legami diplomatici e i voli gestiti da compagnie statali come Aeroflot, e agire sulle banche.

Attenzione: gli staffer dei legislatori ci tengono a sottolineare con la stampa internazionale come la necessità sia elaborare misure che attirino l’attenzione del Cremlino, senza però danneggiare gli Stati Uniti o i loro alleati europei.

Giovedì, dopo che il giorno precedente Londra aveva alzato il mandato di cattura europea contro i due incriminati per l’attacco agli Skripal, il rublo è sceso al minimo del valore degli ultimi due anni: il mercato monetario teme che le sanzioni occidentali contro Mosca possano colpirla pesantemente.

La situazione è piuttosto aggrovigliata: un operatore del mercato azionario, spiega con discrezione che non è ben chiaro quali misure siano realmente in atto e quali siano in arrivo o quali minacciate, sotto l’aspetto degli effetti “ma l’effetto di dissuasione è evidente a livello finanziario” (alcune obbligazioni della Banca di sviluppo russo sono crollate, con gli investitori che hanno iniziato a vendere massicciamente). Ed è “la pressione politica” che arriva da senatori e deputati americani a creare questo clima incerto “perché non è chiaro quanto ci andranno giù duri”.

A gennaio due senatori, Chris Van Hollen (Dem) e Marco Rubio (Rep), hanno costruito il cosiddetto “Deter Act“, che è il sistema legislativo pensato per punire nel modo più severo possibile Mosca per le interferenze alle presidenziali, per l’Ucraina, la Siria ecc. Ha sostanzialmente un appoggio bipartisan (dodici co-sponsor sono arrivati a luglio), ma sono previste della attenuazioni delle misure: come ha detto il repubblicano Bob Corker, presidente della Commissione esteri del Senato, per la Russia la legge “farebbe più danni di un’arma tattica nucleare”.

A inizio agosto, altri sei senatori (gruppo bipartisan anche qui, guidato da Lindsey Graham, repubblicano, e Bob Menendez, democratico) hanno introdotto al Senato quella che definiscono “una legge infernale” (la S.336, dal nome piuttosto esplicito: “Defending american security from Kremlin aggression”) che andrà a operare nell’ambito del sistema bancario e sul debito sovrano russo, prevedendo anche sanzioni contro politici e oligarchi che “facilitano attività illecite e corrotte” a nome del presidente Putin, e creando restrizioni agli investimenti in importanti progetti energetici al di fuori della Russia sostenuti o controllati dal governo o da imprese di proprietà statale.

Colpire gli oligarchi (già inseriti dalle agenzie americane in una lista di bersagli) è anche la linea di colui che coordina l’ufficio che si occupa di sanzioni del Dipartimento di Stato, Daniel Fried, che ha invece scoraggiato ampie sanzioni al settore energetico, perché potrebbero avere effetti globali, far salire il mercato energetico e alla fin fine aiutare Mosca (le cui casse statali sono piuttosto vincolate al mercato dei beni energetici).

Lo scombussolamento del mercato finanziario russo (e non solo) di agosto, di cui si parlava sopra, è uno dei risultati prodotti dalla semplice introduzione della legge, sui cui ancora non sono previste discussioni parlamentari.

Tra gli uffici di Capitol Hill ci sono resistenze da parte di crede che ulteriori ed eccessive punizioni siano inutili, visto che il regime sanzionatorio introdotto nel 2014 dopo l’annessione della Crimea non ha prodotto cambiamenti nel modus operandi putiniano (la Crimea è ancora russa, il Cremlino appoggia i separatisti del Donbas, le forze armate russe sfregiano i diritti umani in Siria, le intelligence protette dal governo continuano le proprie attività maligne).

Ma aumentare la pressione al momento è la strategia. “Cerchiamo cambiamenti reali e immediati nel comportamento russo”, ha dichiarato il democratico Sherrod Brown dell’Ohio, senatore che guida la maggioranza nella commissione di Crapo: “Non lo stiamo ancora vedendo”.

“Vi esorto a fare di più”, ha detto in audizione giovedì l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, Michael McFaul, detestato dal Cremlino per le sue posizioni rigide con la Russia: “Per i crimini serve punizione!”. Il quadro contro la Russia pare uno dei pochi (insieme al confronto-scontro con la Cina) in cui la polarizzazione della politica americana viene meno.

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