Gli sforzi della coalizione anti Isis non sono sufficienti visto che il Califfato sta riorganizzandosi in Iraq e in Siria e rischia di tornare pericoloso come nel 2014. È l’analisi contenuta in un report dell’Institute for the study of war (Isw) di Washington secondo il quale, nonostante gli indubbi successi contro l’organizzazione terroristica e gli attacchi in corso vicino al confine siro-iracheno, l’Isis sta riorganizzandosi dal punto di vista operativo e finanziario.
MOLTO DENARO A DISPOSIZIONE
La disponibilità di fondi è interessante. L’Isis è riuscito a portare fuori dall’Iraq 400 milioni di dollari riciclandoli in attività lecite in Medio Oriente e gli incassi arrivano da fonti diverse: riscatti da decine di migliaia di dollari chiesti a un’organizzazione siriana affiliata ad Al Qaeda per il rilascio di loro familiari; riciclaggio di denaro in Iraq in negozi di elettronica, concessionari di automobili, farmacie, cambiavalute; traffico di droga in particolare dopo un blitz in una struttura sanitaria vicino Kirkuk in Iraq avvenuto a metà settembre, stupefacenti che vengono spacciati o utilizzati per i feriti.
ORGANIZZAZIONE MILITARE E MEDIATICA
Dal punto di vista militare, molto ruota intorno alla capacità dell’Isis di organizzare un comando e controllo che diriga gli oltre 30mila combattenti stimati in Siria e Iraq. La pressione della coalizione ha portato gli uomini del califfato a nascondersi e a prepararsi per futuri attacchi una volta attivate le cellule dormienti. Nel frattempo, nel luglio scorso l’Isis annunciò la creazione di due nuove “territori” e anche a livello di comunicazione sembra in atto una pianificazione omogenea nei due Stati. Da agosto viene diffuso un report settimanale che riepiloga le statistiche degli attacchi non solo in Iraq e Siria, ma anche in Afghanistan, Egitto, Nigeria, Somalia e Filippine. La prova che è ancora efficiente.
Mentre l’Isis si riorganizza a macchia di leopardo, soprattutto in Siria, la campagna contro l’organizzazione è complicata dai movimenti di protesta frequenti nell’Iraq meridionale e dalle difficoltà nel formare il nuovo governo iracheno dopo le elezioni del maggio scorso, anche per gli interessi contrapposti di alcuni attori come Usa, Russia e Iran. Il timore, spiegano gli analisti dell’Isw, è che mentre alcuni litigano l’Isis si rinforza e diventa dunque indispensabile creare le condizioni politiche necessarie a una lunga campagna antiterrorismo.
IL RISCHIO DRONI
Come ulteriore preoccupazione, dalla Danimarca è arrivata la notizia dell’arresto di due persone accusate di acquistare droni destinati all’Isis in Iraq e Siria e non è escluso che facciano parte di un’organizzazione più ampia. Sappiamo che l’uso dei droni in zone di guerra non è nuovo: il Soufan Center di New York ricorda che i ribelli Houti nello Yemen li hanno usati per attaccare le difese aeree saudite, che Hezbollah ha attaccato così l’Isis in Siria e che ribelli del Free Syrian Army hanno fatto lo stesso contro due basi russe in Siria. L’uso dei droni da parte dell’Isis per attacchi con armi chimiche è il grande timore di questi tempi anche se lo sviluppo delle tecnologie consente alle organizzazioni terroristiche di usare i mezzi più disparati, dall’intelligenza artificiale alla creazione di armi con stampanti 3d. Sfide sempre più complesse per tutti i governi.