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Prescrizione, la rottura tra Lega e M5s potrebbe essere vicina. La versione di Ceccanti

Ceccanti

L’efficienza del sistema giustizia è un problema reale del nostro Paese: una vera zavorra per l’Italia. Ma bisogna individuare strumenti sensati di riforma e non proporre soluzioni demagogiche e incostituzionali“. Stefano Ceccanti è professore ordinario di Diritto costituzionale comparato all’università La Sapienza di Roma e deputato del Partito democratico: in questi giorni – dall’osservatorio privilegiato della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, di cui è membro – ha seguito da vicinissimo la vicenda dell’emendamento al disegno di legge anticorruzione presentato dal MoVimento 5 Stelle che punta a bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Una proposta, ad avviso di Ceccanti, da bocciare senza se e senza ma per ragioni sia di metodo che di merito e che potrebbe anche portare alla prima rottura parlamentare all’interno della maggioranza gialloverde: “Mi pare molto difficile che i leghisti possano tornare indietro dopo quanto hanno detto in questi giorni“.

Professor Ceccanti, qual è il primo aspetto di questa proposta che non la convince?

Che sia stata inserita di soppiatto, quasi con un sotterfugio, all’interno di un provvedimento specifico su alcune questioni relative all’anticorruzione, alla pubblica amministrazione e ai partiti. Questa è una norma che modifica le caratteristiche del processo. Mi aspetto che domani pomeriggio, nonostante la loro appartenenza politica, i presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera dichiarino l’emendamento inammisibile per estraneità di materia. Ma c’è di più.

A cosa si riferisce?

Quanto sta succedendo mina alla radice il concetto di istruttoria legislativa: le commissioni parlamentari devono portare in aula un provvedimento istruito di cui almeno i membri della commissione dovrebbero essere a conoscenza. In queste settimane, prima che venisse presentato l’emendamento, abbiamo ascoltato una trentina di esperti tra luminari di diritti penale e costituzionale che esaminato parola per parola il testo del provvedimento. Poi improvvisamente, finite le audizioni, è sbucata la prescrizione, senza che se ne fosse mai parlato prima: non mi pare indice di grande serietà.

Il ministro della Giustizia Bonafede sostiene però che, altrimenti, troppi processi importanti rischierebbero di andare in prescrizione. Che ne pensa?

Penso che queste norme, anche laddove fossero approvate, non sarebbero comunque retroattive secondo la dottrina prevalente. Ergo, non si applicherebbero ai processi in corso – compresi quelli di cui parla Bonafede – che finirebbero prescritti in ogni caso.

Ma la prescrizione è o non è un problema del nostro sistema giudiziario?

Nessuna persona ragionevole auspica che i processi terminino per prescrizione. Ma ci sono vie migliori che intervenire in questo modo rozzo e in contraddizione con l’articolo 111 della Costituzione che parla di ragionevole durata del processo.

E quali?

Occorre mettere in piedi un sistema più efficiente della macchina giustizia affinché tutti i processi arrivino in fondo. Bisogna risolvere il problema rimuovendone le cause e non intervenendo sugli effetti. Esiste una marea di norme che, a causa anche dell’obbligatorietà dell’azione penale, paralizzano i tribunali: i reati di non particolare allarme sociale dovebbero essere depenalizzati in modo da avere uno sfoltimento dei processi.

È quanto sostiene anche l’ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati oggi intervistato da Repubblica. Una presa di posizione piuttosto netta la sua. Come la valuta? 

Il problema è di sistema: siamo in un ordinamento caratterizzato dall’obbligatorietà dell’azione penale e dall’autonomia dei magistrati. Queste caratteristiche, sommate all’eventualità di una prescrizione che si interrompe dopo il primo grado di giudizio, finirebbero per togliere ogni garanzia agli imputati, anche a quelli innocenti. Per paradosso i magistrati potrebbero addirittura essere spinti a fare di corsa il primo grado di giudizio, finanche a costo di perderlo, così da arrivare comunque al blocco della prescrizione.

In questo senso la prescrizione funzionerebbe quasi da contrappeso. È così?

Se assumiamo alcune caratteristiche come immodificabili – ad esempio l’obbligatorietà dell’azione penale – non possiamo contemporaneamente eliminare la prescrizione. Dobbiamo deciderci, la questione è tutta qui. Questa storia dimostra che, nel caso, occorrerebbe fare un provvedimento ad hoc di modifica del codice di procedura penale, compiere un’istruttoria approfondita, audire gli esperti e arrivare alla fine a una decisione. Si deve agire in maniera chiara, esplicita e con un provvedimento organico. E non di nascosto e in un testo che parla di tutt’altro.

Giulia Bongiorno – intervistata da Maria Latella su Sky – non ha usato mezzi termini nel bocciare la proposta pentastellata. Cosa potrebbe accadere, secondo lei, nella maggioranza di governo?

Domani c’è lo show down: se i presidenti delle commissioni dovessero ritenere ammissibile l’emendamento – una forzatura, a mio avviso – si prospetterebbe almeno su questo punto una rottura nella maggioranza. Mi pare molto difficile che i leghisti possano tornare indietro considerato ciò che hanno detto.

Il segno di una crepa via via più profonda?

Certamente, questo è finora in Parlamento il dato più esplosivo nei rapporti interni alla maggioranza: l’altra notte – quando all’una del mattino abbiamo avuto gli uffici di presidenza congiunti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia – gli interventi dei leghisti sono stati nettissimi. Al pari di quello del ministro Bongiorno. E’ la prima volta che accade qualcosa del genere in Parlamento dall’insediamento di questo governo.

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