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Midterms, gli Usa affilano le cyber armi in caso di interferenze russe

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L’ordine non è più solo di difendersi. Stavolta, in caso di interferenze informatiche russe alle delicate elezioni di Midterm in programma oggi, l’intelligence Usa e il Pentagono contrattaccheranno.

IL PIANO USA

A pubblicare l’indiscrezione è stato il sito Daily Beast, che cita come sue fonti alti funzionari statunitensi, vecchi e attuali, a conoscenza del piano. I soldati informatici del Cyber Command, così come previsto dalla nuova politica contenuta nell’ultima strategia cyber della Casa Bianca che estende i poteri offensivi in ambito militare, avrebbero avuto il via libera per accedere, in caso di attacco, ai sistemi di Mosca ritenuti strategici. La possibilità di colpire potrebbe contemplare anche azioni preventive, qualora ci fossero il dubbio e le prove di un’offensiva imminente.

IL SENSO DEL CAMBIAMENTO

La notizia, spiegano gli addetti ai lavori, ha naturalmente una forte carica simbolica. Innanzitutto perché la mossa arriva da un’amministrazione, come quella guidata da Donald Trump, più volte accusata di avere un approccio troppo soft nei confronti dell’aggressività di Mosca nel cyber spazio (è ancora in corso la maxi inchiesta del procuratore generale Robert Mueller sul Russiagate, ovvero le interferenze informatiche durante le scorse presidenziali attribuite dagli apparati di sicurezza americani all’intelligence russa). E poi perché segnala un passo ulteriore di una strategia di deterrenza Usa mirata a scoraggiare – anche grazie all’opzione offensiva – attacchi malevoli nello spazio cibernetico, dopo gli apparenti modesti risultati giunti per via diplomatica.

COSA POTREBBE GENERARE UN ATTACCO

Non è chiaro quale tipo di attività sarebbe ritenuta da Washington abbastanza grave da provocare una risposta, ma la Casa Bianca ha indicato che a scatenare una reazione potrebbe essere qualcosa di più imponente di una semplice (seppur pericolosa) campagna di manipolazione delle opinioni. Ci si riferisce dunque, probabilmente, a attività che alterano i risultati, impediscono la votazione o interferiscono con la registrazione. Appare ad ogni modo evidente il cambio di rotta rispetto alle politiche “cyber” adottate dall’ex presidente Barack Obama, il quale permetteva solo attacchi informatici difensivi dietro l’approvazione del Presidente stesso o di un comitato indipendente. Ora, invece, la maggior parte del lavoro di squadra coinvolge il Pentagono, la sicurezza interna e l’ufficio del direttore dell’intelligence nazionale.

UNA SVOLTA CHE NON STUPISCE

Nonostante la grande riorganizzazione alla base di questo nuovo approccio, la mossa, si rileva oltreoceano, stupisce poco. Da tempo, infatti, negli Usa si moltiplicano gli allarmi, anche pubblici, come quello contenuto nelle circa trenta pagine del nuovo ‘Worldwide Threat Assessment of the US Intelligence Community’. Il documento di analisi strategica presentato dinanzi al Comitato Intelligence del Senato da Dan Coats, direttore della National Intelligence sostiene senza mezzi termini che l’attivismo informatico di Mosca rappresenta, a breve termine, una delle maggiori minacce cyber per la sicurezza degli Stati Uniti d’America. E per questo Washington ha voluto correre ai ripari.

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