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La vendetta cinese contro il Canada. Perché tutto ruota attorno a Huawei

Non sono tre ma ben tredici i canadesi che nell’ultimo mese hanno subito, o continuano a subire, un provvedimento di arresto in Cina. A rivelare il clamoroso retroscena del caso diplomatico Huawei è il portavoce dell’agenzia governativa Global Affairs Canada Guillaume Bérubé al The Globe and Mail. Al diplomatico dell’International Crisis Group (Icg) Michael Kovrig e al consulente Michael Spavor, arrestati a metà dicembre con l’accusa di costituire una “minaccia per la sicurezza nazionale”, e all’insegnante Sarah McIver, rilasciata lo scordo 29 dicembre, si aggiungono dunque altri dieci concittadini di cui non sono noti né l’identità né tantomeno le motivazioni dell’arresto. Di questi dieci, ha aggiunto il portavoce, sette sono stati rilasciati e altri tre rimangono in detenzione, assieme a Kovrig e Spavor, di cui il governo di Ottawa ha richiesto l'”immediato rilascio”.

Né il ministero degli Esteri canadese né la controparte cinese hanno ufficialmente collegato l’ondata di arresti al caso di Meng Wanzhou, la direttrice finanziaria di Huawei arrestata lo scorso sei dicembre a Vancouver con l’accusa di aver raggirato con una truffa le sanzioni americane contro l’Iran. Rilasciata su cauzione, ora Meng, figlia di Reng Zhenfei, l’ufficiale dell’esercito di liberazione popolare che ha fondato il colosso hi-tech di Shenzen, rischia l’estradizione negli Stati Uniti. L’escalation diplomatica fra Pechino e Ottawa ha però tutto il sapore di una retaliation contro quello che, sia fra i vertici della Città Proibita quanto per l’opinione pubblica cinese, è considerato un affronto all’orgoglio nazionale da parte degli Stati Uniti.

In un primo momento più distanziato, il governo canadese è stato trascinato suo malgrado nello scontro con Pechino. L’arresto dei “due Michaels”, così sono stati ribattezzati in patria, sembra avere pochi alibi. Lo dimostra il tempismo, ma anche e soprattutto il modus operandi con cui le autorità cinesi hanno scelto di procedere. Non sono state rese pubbliche le ragioni dell’arresto, e ai due imputati non è stata concessa una difesa legale, fa notare il popolare quotidiano canadese The Star Vancouver. Il procuratore generale cinese Zhang Jun si è limitato a sentenziare questo giovedì che Kovrig e Spavor hanno “senza dubbio infranto le leggi”, senza aggiungere altro perché i due sono tuttora “sotto indagine”. L’arresto, ha denunciato il presidente dell’Icg Robert Malley, già a capo del National Security Council con Barack Obama, “non ha altro risultato se non quello di sollevare dubbi sull’affidabilità della Cina come Paese che rispetta lo stato di diritto”.

L’onda lunga del caso Meng non accenna a fermarsi negli Stati Uniti. Con una mossa piuttosto inedita giovedì il Dipartimento di Stato ha aggiornato la sezione delle avvertenze per gli americani in viaggio verso la Cina. Ai viaggiatori viene consigliato di fare attenzione a causa dell'”imposizione arbitraria delle leggi locali e alle restrizioni speciali per chi ha la doppia cittadinanza cinese-americana”. Le autorità cinesi, si legge nel comunicato, usano frequentemente i “travel ban” per impedire discrezionalmente di entrare nel Paese o abbandonarlo. “Non esiste un metodo per scoprirne la durata” e spesso i cittadini americani “sono stati molestati e minacciati”. Sullo sfondo dell’avvertimento rimane il caso di Ms. Han, una donna cinese naturalizzata americana giunta in Cina lo scorso giugno con i suoi due figli, Mr e Ms Liu, l’uno studente alla Georgetown university, l’altra impiegata di McKinsey a New York. Alla famiglia non è stato concesso di lasciare il Paese perché, scrive il New York Times, il padre Liu Changming, ex dirigente di una banca di Stato con cui i figli non hanno contatti da anni, è in carcere dal 2012 con l’accusa di truffa.



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