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Faremo di tutto per riunificare Taiwan. Il messaggio di Xi all’isola ribelle

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“La riunificazione è la tendenza della storia” e per questo “è inevitabile”, ha detto il presidente cinese Xi Jinping a proposito di Taiwan, che Pechino considera una provincia ribelle da riannettere con ogni mezzo sotto la politica della One China. Xi parlava dal Rénmín Dàhuìtáng, il centro politico e legislativo cinese, la Grande Sala del Popolo, angolo ovest di piazza Tiananmen – quando il presidente tiene un discorso dal parlamento, il valore delle sue parole è cruciale, e quello di ieri era il 40esimo Messaggio ai compatrioti di Taiwan.

Ogni passo verso l’indipendenza di Taipei potrebbe “essere disastroso”, perché – pur senza specificare una tempistica – Formosa tornerà a essere cinese, ha detto Xi: “Che i due lati dello stretto di Formosa non siano pienamente uniti è una ferita per la nostra nazione”. Il messaggio è strategico e fortemente politico, indirizzato anche (o soprattutto) all’esterno.

L’America di Donald Trump, nell’ambito del confronto globale tra superpotenze mondiali con la Cina, ha infatti filtrato con Taiwan (abbandonata invece da altri parti dell’Occidente, come l’Ue, sotto la pressione politico-economica cinese). Washington e ha mosso mezzi militari anche attraverso il corridoio di mare che separa le due Cine e che è uno dei passaggi geopolitici più delicati nella guerra a bassa intensità tra Washington e Pechino.

“Non combattiamo i cinesi”, ha detto Xi, ma non escludiamo “l’uso delle forza” e faremo “tutto ciò che è necessario” per combattere “le forze esterne e il modesto numero di separatisti” che vogliono l’indipendenza. Segnale chiaro, mittente compreso, contenuto semplice: nessuna interferenza. Le questioni territoriali per la Cina sono fondamentali: che sia Taiwan o le acque del Mar Cinese, se Pechino vuole effettivamente costruire attorno a sé lo status di (temibile) potenza mondiale, non può cedere su questioni che riguardano il suo orto casalingo.

Xi dice di voler gestire con Taiwan un percorso quanto più possibile condiviso (secondo i propri dettami, comunque), e pormette di garantire i legittimi interessi dell’isola democratica e di proteggere le sue proprietà; la proposta vuole arrivare a qualcosa di simile al modello con cui vengono gestite le relazioni con Hong Kong (dove però la semi-indipendenza del 1977 è in fase di smottamento, con la Cina che diventa sempre più predominante).

Xi sfrutta due situazioni sovrapposte, ma di ordine differente. Primo, vuole anticipare sul dossier l’amministrazione Trump, che ha aperto rapporti sul campo della sicurezza con Taiwan, ma anche per interscambi culturali e politico-diplomatici; ma Taipei è un tema cinese, e il presidente della Repubblica popolare soffia sul nazionalismo contro le ingerenze esterne nella questione anche come argomento per consolidare la sua leadership.

Secondo, una questione interna a Formosa. Dopo lo storico incontro del 2015, quando Xi aveva parlato faccia a faccia con l’ex presidente taiwanese, Ma Ying-jeou, a Singapore, le relazioni tra i due paesi sembravano in fase di distensione (Taiwan contava su un interesse pragmatico sopra al peso ideologico cinese: i rapporti di interdipendenza economico-commerciale con la Cina sono in crescita). Ma con l’arrivo della progressista Tsai Ing-wen alla guida della Repubblica di Cina i rapporti sono cambiati: Pechino ha chiuso le relazioni, perché Tsai, a differenza dei suoi predecessori, s’è sempre rifiutata di accettare la politica della One China – e ieri la presidente ha subito replicato alle parole contenute nel discorso del cinese dicendo che l’isola non accetterà un accordo politico “un paese, due sistemi” tipo quello di Hong Kong.

Però Taiwan va incontro a un appuntamento elettorale fondamentale il prossimo anno, le elezioni presidenziali, e Tsi poche settimane fa ha subito una sconfitta alle amministrative, perdendo più della metà delle città che il suo partito governava. Pechino spinge sulla propria propaganda per smuovere i taiwanesi, ma la nell’isola soltanto il 16 per cento dei cittadini sarebbe favorevole a un riunificazione.



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