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Cinesi e sovranisti? Il paradosso gialloverde spiegato da Mario Sechi

Non sfugge ormai a nessuno la portata geopolitica degli accordi che l’Italia sta per firmare con la Cina. Quel che sfugge è il paradosso che questa passione cinese si porta dietro. Che fine ha fatto il sovranismo? “Non esiste – ci risponde lapidario il titolare di List Mario Sechi. Con lui Formiche.net ha ripercorso tutti i nodi irrisolti delle mire cinesi, che i “sovranisti” hanno gravemente sottovalutato.

Che idea ti sei fatto di questi sovranisti con una passione per i cinesi?

Io li chiamo sovranisti immaginari. Stanno cedendo pezzi di sovranità della nazione convinti di salire sul carro del vincitore…

Spiegaci meglio…

L’Italia è un Paese disperato, e come diceva Kissinger la disperazione schiarisce le idee. I gialloverdi stanno cadendo nel mito del vincolo esterno. Il nostro debito pubblico viaggia in direzione quota 2400 miliardi di euro per l’estate, la spesa è fuori controllo, non c’è un solo parametro che torni rispetto agli obiettivi di bilancio, la stima di crescita dell’1% sventolata da palazzo Chigi è una barzelletta. E il nostro governo è sicuro che in caso di shock finanziario Pechino ci darà una mano.

Una scommessa sensata?

No, manca una minima visione strategica di fondo. Si sono convinti della vittoria della Cina come superpotenza globale entro i prossimi dieci anni, ma hanno fatto male i conti. Agli inizi del XX secolo il più grande impero al mondo era quello britannico. Nel giro di cinquant’anni è crollato riducendosi a “Little Britain”. Poi qualcuno ha creduto che l’Urss avrebbe soppiantato il ruolo degli Stati Uniti, ma così non è stato.

Infine il sogno di una superpotenza europea…

E anche questo è in gran parte svanito. Oggi puntano sull’ascesa dell’impero cinese. Ma la Cina non sarà mai un impero perché non controlla i mari, e se non sei una grande potenza marittima non puoi diventare un impero. Per questo Xi Jinping vuole controllare i porti dell’Oceano Indiano e del Mediterraneo, cerca punti di attracco per la sua flotta.

E qui arriviamo al famoso memorandum fresco di firma…

Esatto, non ho letto il testo definitivo ma la questione dei porti è la più temibile. La strategia cinese si fonda sul dominio delle reti, siano esse fisiche o cibernetiche. Di Maio ha fatto il furbo rassicurando che le telecomunicazioni resteranno fuori, ma noi sappiamo che non sarà così. Anche se la parola non fosse presente nel testo, eventualità assai improbabile, cambierebbe poco. I cinesi sono già presenti con Huawei e Ztw nella sperimentazione del 5G in Italia. Sono presenti nelle reti energetiche dal 2014, quando State Grid Europe, società cinese controllato dallo Stato, ha acquistato il 35% di Cdp Reti ovvero di Snam, Italgas e Terna. Quote di minoranza, si dirà, che però possono facilmente trasformarsi in quote di “blocco”.

Quella stagione di shopping cinese fu benedetta dal governo Renzi. Perché allora non ci fu tutto il clamore che c’è oggi?

C’è una differenza sostanziale. Allora la strategia concertata fra Paesi europei prevedeva l’engagement con la Cina. Nel tempo l’Europa ha capito che questo è impossibile. I cinesi hanno il vizietto di prendere il controllo delle aziende e farti fuori. Le loro grandi opere infrastrutturali hanno sempre un prezzo, non solo monetario, soprattutto per i Paesi altamente indebitati. Oggi la strategia europea è cambiata, si è alzato il quadro regolatore, tutti alzano il ponte levatoio e noi siamo gli unici ad abbassarlo. E infatti, checché ne dica il governo, l’Italia è fra i Paesi europei con la più alta quota di investimenti diretti esteri cinesi, preceduta solo da Regno Unito e Germania.

È pur vero che il tour europeo di Xi non si ferma in Italia…

Certo, ma martedì Xi assieme a Macron incontrerà Merkel e Juncker in un briefing in preparazione del summit di aprile. C’è un piano di azione concertato da cui il governo italiano si è volutamente tirato fuori. Così come si è tirato fuori dalla strategia Usa. Se a Palazzo Chigi avessero dato una letta alla Strategia per la sicurezza nazinale di Trump nel 2017 avrebbero notato che la Cina è indicata come una “minaccia”. Non sono dettagli.

Il governo in coro ha spiegato che l’intesa per la Via della Seta rilancerà l’export italiano nel Dragone. È davvero così?

I cinesi hanno appena fatto una riformina per aprire il mercato interno, ma niente che dia garanzie all’export italiano. Il nostro sistema industriale è affetto da nanismo, non abbiamo aziende con le giuste dimensioni per andare sul mercato cinese. La dura verità è che non stiamo andando noi in Cina, è la Cina che sta venendo da noi. Porti, reti, energia. Loro hanno scritto il quadro, noi ci mettiamo la firma. Xi Jinping non prende un aereo per Roma senza un motivo. Sta mostrando al mondo, e al suo vero nemico, gli Stati Uniti, che la Cina ha ora dalla sua parte un Paese fondatore dell’Ue e della Nato.

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