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Ecco la strategia di Haftar per diventare l’unico vero leader della Libia. Parla Indelicato

Libia, haftar

Tentativo di scacco matto in Libia. La nuova volpe del deserto assedia Tripoli e il sempre più evanescente governo di unità nazionale, presieduto da Fayez al-Sarraj.

Stesse dune, stessa tattica: avanza di notte, si acquatta di giorno. Come Erwin Rommel, Khalifa Haftar punta sulla velocità e sulla sorpresa e si è cucito addosso anche lo stesso grado di Feldmaresciallo. Col più abile fra gli strateghi della Wehrmacht nell’ultima guerra mondiale, la sostanziale differenza consiste tuttavia nel fatto che Haftar può contare sull’intelligence di vari Paesi, come la Francia ma non solo, che gli forniscono immagini satellitari dell’area dell’avanzata, oltre che armamenti, rifornimenti e soprattutto l’apporto di “invisibili” contingenti di forze speciali.

La volpe Haftar entrerà a Tripoli o attenderà che la Capitale gli venga offerta?

La risposta più che nel vento che muove come onde le dune del deserto può venire dalla Conferenza nazionale che l’inviato dell’Onu, Ghassan Salamé, ha organizzato la nell’oasi di Ghadames per il 14 e 16 aprile. Scontato che il Feldmaresciallo intenda arrivarci da una posizione di forza. “Anche se prevedibile, nessuno si aspettava una avanzata così veloce e vincente” commenta l’editorialista Mauro Indelicato esperto di strategie politiche e militari.

A Washington la zampata della volpe del deserto non è però passata inosservata e a conclusione delle celebrazioni del 70° anniversario dell’Alleanza Atlantica, il Presidente Trump che non intende lasciare spazio a Mosca e a Parigi, che spalleggiano l’avanzata di Haftar, ha inviato in Libia come ambasciatore straordinario Richard Norland. È un’inziativa strategica che rilancia le prospettive dell’Italia.

Strategia dell’avanzata di Haftar?

Difficilmente il generale avanza senza avere l’accordo con una o più tribù presenti nella zona interessata dagli scontri. Lo dimostra la condotta della campagna militare nel Fezzan: a parte l’uso dell’aviazione contro non meglio precisati mercenari ciadiani, il suo esercito guadagna posizioni il più delle volte senza sparare un colpo, ma soltanto grazie al via libera delle tribù. Analisi? Quanto sta accadendo in Libia in queste ore è figlio di una repentina e quasi improvvisa evoluzione degli eventi che, da alcune settimane, coinvolgono sia il sud del Paese che le zone poste a cavallo tra Tripolitania e Cirenaica. Qui, in particolare, il generale Khalifa Haftar spinge per diventare unico vero leader militare e dopo essersi assicurato il controllo della Cirenaica e di buona parte del Fezzan, adesso punta dritto sulle regioni occidentali del Paese e su Tripoli. Nessuno però, specialmente dopo il vertice di Abu Dhabi dello scorso 27 febbraio in cui Haftar ed il premier Al Sarraj trovano un accordo sulle prossime elezioni, si aspetta un’evoluzione così veloce della situazione.

Come può evolvere la situazione: gli impegni della conferenza di Palermo erano un bluff?

Haftar sembra voler rovesciare la speranza riposta durante il summit siciliano, cioè quella di un superamento delle divisioni solo tramite una via meramente politica e non militare. Qualcosa evidentemente è andato storto: si può pensare che il generale della Cirenaica voglia semplicemente mettere pressione ad Al Sarraj, oppure dimostrare di essere l’unico a guidare il Paese. Ma non è da escludere che Haftar stia manifestando anche una certa insofferenza verso uno stallo politico su molte questioni, che il generale attribuisce al ruolo dei Fratelli Musulmani, suoi acerrimi nemici accusati di non voler rinunciare al potere di cui godono in Tripolitania dalla caduta di Gheddafi. Scenari e prospettive? Gli scenari che adesso si aprono sono due: il primo, riguarda la possibile presa immediata di Tripoli da parte di Haftar o comunque una repentina avanzata del suo esercito almeno fino alla periferia della capitale. Il secondo invece, è inerente alla possibilità di trovare una tregua mediata dall’Onu, il cui segretario generale Guterres è a Tripoli proprio in queste ore, in attesa della conferenza nazionale fissata a Ghadames a metà aprile. In entrambi i casi comunque, la prova di forza di Haftar appare importante e risulta politicamente pesante in vista proprio della sopra citata conferenza.

Evoluzione della situazione sul campo, o meglio sul fronte?

In questo momento gli scontri sembrano concentrarsi soprattutto a sud di Tripoli, in un’area poco densamente popolata a circa 120 km dalla capitale. Gli uomini di Haftar, secondo quanto riportato da alcune testate locali, sarebbero stanziati a Garian ed Asaba, che sono due località strategiche lungo le arterie che conducono a Zintan. C’è ovviamente preoccupazione a Tripoli per possibili battaglie dirette tra le parti in causa: in particolare, da questo punto di vista ci potrebbe essere molta tensione nel quartiere di Qaser Bin Ghashir, dove operano le milizie meglio equipaggiate delle forze di difesa della capitale vicine ad Al Serraj e dove ha sede l’aeroporto internazionale. Qui, è bene ricordarlo, a settembre ed a febbraio si sono registrati importanti scontri tra le milizie tripoline e la settima brigata di Tahrouna, Al Serraj e il generale Haftar.

E l’Italia?

Quanto sta accadendo a Tripoli in queste ore, ovviamente non può non riguardare l’Italia. Non a caso anche in Parlamento adesso si sollecita un intervento del governo per riferire alle Camere, segno della drammaticità della situazione attuale. Il nostro Paese purtroppo sembra stare al momento solo alla finestra. Roma da mesi appoggia il piano dell’Onu e prova a mediare tra Al Sarraj ed Haftar, ma appare sorpresa dalla repentina avanzata del generale. Già da gennaio, con l’inizio delle operazioni di Haftar nel Fezzan, è ben evidente come la strategia del nostro governo necessiti di una ridefinizione e di un “piano B” nel caso in cui il generale della Cirenaica riesca ad arrivare a Tripoli “manu militari”. Come spesso capita nel nostro Paese, si è incapaci di intervenire in modo preventivo e si corre soltanto quando spunta l’emergenza.



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