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Washington invia messaggi alla Cina con le navi militari

Se si parla con qualche insider di Washington, sia del mondo governativo sia in quello dei think tank (i secondi studiano, progettano e analizzano le policy da affidare ai primi), tutti concordano che gli Stati Uniti stiano usando alcuni flashpoint per accendere il confronto con la Cina. Temi che possono infiammare le relazioni già tese, usate per stressare puntualmente la competizione tra le prime due potenze economiche, politiche e militari del mondo. Uno di questi argomenti è Taiwan, un altro il Mar Cinese.

PUNTO D’INFIAMMABILITÀ

Sono due snodi geopolitici delicatissimi: Pechino considera di avere sovranità esclusiva su entrambi, e non nasconde di essere pronta a tutto per riannettere quella che viene considerata una provincia ribelle, Taipei, e regolarizzare l’occupazione (anche militare) degli isolotti del Mar Cinese. Sono dossier su cui la Cina non intende cedere di un millimetro, perché – al di là degli interessi specifici (il valore ideologico e produttivo dietro Taiwan, le potenze commerciali delle rotte che tagliano il Mar Cinese) – sono questioni che si dipanano nel proprio cortile casalingo: e come potrebbe una potenza globale, come il presidente Xi Jinping pensa la Cina nella sua “New Era”, innalzarsi a tale ruolo se non riesce nemmeno a risolvere i suoi problemi interni?

I PASSAGGI AMERICANI…

Mercoledì il portavoce della US Navy ha chiamato la Reuters e dichiarato che due navi militari americane, il cacciatorpediniere di prima classe “USS Preble” e il tanker “Walter S. Diehl”, hanno solcato lo Stretto di Taiwan. Gli stessi, secondo quanto raccontato dal militare al governativo VoA, erano nei giorni scorsi nelle acque del Mar Cinese: un passaggio entro le 12 miglia nautiche dalle coste delle Scarborough Shoal, isolotti che i cinesi si contendono con le Filippine (la distanza è considerata il limite delle acque territoriali: Manila nel 2013 ha avanzato una denuncia all’Aia perché la Cina esercita il controllo de facto di quelle acque; nel 2016 la sentenza dell’arbitrato internazionale ha dato ragione ai filippini, ma il governo cinese non l’ha mai riconosciuta).

… E LA LINEA CINESE

Passaggi che gli americani chiamano Fonop, acronimo tecnico di navigazioni libere e si susseguono con sempre maggiore costanza suscitando l’indignazione cinese. È la seconda operazione del genere dall’inizio di maggio: il Preble, insieme al pariclasse “USS Chung Honn”, era già passato tangente ai reef delle Spatrly, altri isolotti contesi che però, a differenza delle Sarborough sono stati oggetto di opere di bonifica e militarizzazione cinese. Xi nel 2015 disse che “la Cina non intende militarizzare quelle isole”, ma in un report diffuso all’inizio di questo mese dal Pentagono sul monitoraggio delle attività militari cinesi, si legge che Pechino ha piazzato alle Spatrly batterie missilistiche anti-nave e anti-aeree, piazzate su strutture artificiali create dal dragaggio di parte di mare (opere d’ingegneria per altro considerevoli). Non è la prima volta che si segnalano queste attività. In quello stesso report venivano analizzate una serie di decisioni prese dal ministero della Difesa cinese che secondo gli esperti militari americani rientravano nella preparazione delle forze armate per un eventuale attacco militare contro Taiwan (anche se per il Pentagono la Cina non sarebbe ancora preparata per farlo).

A COSA SERVE QUESTA PRESENZA MILITARE USA?

La presenza militare americana in quelle aree ha il doppio scopo di mantenere i Paesi interessati dalle contese con la Cina all’interno dell’orbita Usa garantendo loro una vicinanza anche tramite la deterrenza militare, e poi ha il compito di contestare a Pechino ruoli egemonici. Sono dossier all’interno del grande quadro in cui si muovono le dinamiche del confronto Usa-Cina, particolarmente esacerbato dall’amministrazione Trump, e sfociato nella guerra commerciale dei dazi. In un’intervista concessa al South China Morning Post, l’ex stratega politico proto-trumpiano Steve Bannon, falco anti-cinese per un periodo capo della strategia politica della Casa Bianca di Donald Trump, ora caduto in parziale disgrazia, ha segnato il punto: “Pechino non dovrebbe contare sul fatto che il futuro inquilino della Casa Bianca, magari un esponente del Partito democratico, possa costituire un interlocutore meno antagonistico e più accondiscendente di Donald Trump”. E in effetti, se c’è un argomento che mette tutti d’accordo, dai legislatori polarizzati a Capitol Hill ai membri dell’amministrazione che spesso seguono linee discordanti, è il contrasto alla Cina.

LO SCONTRO CON LA CINA E LE RICHIESTE AGLI ALLEATI…

È all’interno di questo schema che Washington muove alcune delle sue dinamiche anche con i partner. La presenza militare nell’Indo-Pacifico ha come detto il valore di far sentire la vicinanza agli alleati ed esacerbare le divisioni con la Cina, così come alcune delle richieste esplicite che gli Stati Uniti fanno ai paesi amici. Sono richieste che mettono anche in difficoltà gli alleati, vedere per esempio il clima freddo che sta accompagnando la visita di Trump a Tokyo – il Giappone vorrebbe più coordinamento sulle politiche di contrasto alla Cina – o le tensioni dietro alle attività di lobbying politica (leggasi anche: pressioni) che gli americani hanno messo in atto a Seul, affinché anche la Corea del Sud decida per l’esclusione di Huawei (e ditte gemelle come Zte) dai mercati interni come fatto già da Washington.

… LA POLITICA ESTERA SECONDO TRUMP

È in questa polarizzazione che Trump muove la sua politica estera. Quella dei messaggi chiari inviati all’Italia quando si trattava di firmare il protocollo di adesione alla Belt & Road Initiative, l’infrastruttura geopolitica progettata da Pechino che per Washington ha come scopo scavalcare la presa americana in Europa. Washington chiede una scelta di campo. Per questo è ben più tollerata la posizione francese – nonostante Trump abbia allentato molto l’empatia inizialmente cercata con Emmanuel Macron. Nei giorni in cui l’Italia firmava l’adesione alla Bri, Parigi raggiungeva un importante accordo economico con la Cina, che però non ha rappresentato esposizioni politiche sebbene abbia rappresentato un contratto in concorrenza con gli americani. Bilanciamento: la marina francese ha recentemente inviato una fregata sullo Stretto di Taiwan e a gennaio aveva annunciato di voler accrescere la propria presenza nel Mar Cinese; Macron sta allineando la postura con la Cina su una posizione critica.

(Foto: Wikipedia, il Preble nel Pacifico)



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