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Le quattro mosse di Al Sisi per fare scacco in Egitto

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Uno status “top” da raggiungere entro due lustri, nella consapevolezza che il quadro dei players a metà strada tra Mediterraneo e Medio Oriente si sta arricchendo di un membro dalle specifiche caratteristiche. La nuova veste dell’Egitto di Al Sisi transita da quattro macro azioni che potrebbero vederlo davvero trasformato: zona franca, nuovi posti di lavoro, tappeto rosso steso agli investitori internazionali, nuova business town più grande di Madrid.

Se vision 2030 è stato il biglietto da visita con cui Mbs (il principe Mohammed Bin Salman) si è presentato sul palcoscenico internazionale per annunciare la Riyadh di domani, ecco che Il Cairo persegue una simile strada modernizzatrice, avendo al proprio arco anche la freccia da scoccare sul dossier energetico.

QUI CAIRO

Il primo ministro egiziano Mustafa Madbouly ha approvato il progetto di una zona franca nel sud-ovest della città di New Aswan. Il provvedimento rientra nel piano del governo per lo sviluppo delle città dell’Alto Egitto grazie alla clava dell’Autorità generale per gli investimenti e le zone franche (GAFI): una cabina di regia per modernizzare infrastrutture, investimenti e welfare. Inoltre sono stati definiti i regolamenti relativi alla legge sugli investimenti (la n. 72 del 2017) che chiariscono i diritti dello Stato e dell’investitore, con l’aggiornamento della giurisprudenza di tutti i contratti. Una svolta in un Paese poco abituato a precisi paletti normativi e burocratici. Nuova sede anche per il Centro servizi degli investitori nel distretto di Nasr del Cairo per rendere la prassi amministrativa più semplice per chi, tanto da est quanto da ovest del globo, ha deciso di puntare sull’Egitto.

ZONA FRANCA

Un passo significativo di questa volontà modernizzatrice si ritrova nel dispositivo della legge sugli investimenti che per la prima volta stabilisce garanzie certe. Lo Stato garantirà all’investitore straniero lo stesso trattamento fornito all’investitore nazionale. In base a un decreto emanato dal Consiglio dei ministri, si potrà fare un’eccezione concedendo agli investitori stranieri un trattamento preferenziale in applicazione del principio di reciprocità. I fondi investiti non sono disciplinati da procedure arbitrarie o decisioni discriminatorie. Lo Stato garantirà agli investitori non egiziani la residenza nella Repubblica araba d’Egitto per tutta la durata del progetto, fatte salve le disposizioni delle leggi vigenti in materia e secondo le modalità stabilite dai regolamenti esecutivi della presente legge. Un invito in piena regola, con l’auspicio che proprio in virtù di migliori condizioni “ambientali” si potrà attrarre nuova linfa su cui stabilizzare le sorti anche economiche del paese.

SISTEMA PAESE

In questo momento storico la posizione dell’Egitto sta assumendo contorni più definiti (per via della stabilizzazione istituzionale ed amministrativa sotto la guida di Al Sisi) e di prospettiva (per via della nuova geografia del dossier energetico che vede Il Cairo attore protagonista). È la ragione di fondo che ha spinto per fare incontrare domanda ed offerta sul Nilo. Gli investitori sono stati attenti a monitorare la mappa dei nuovi players che avranno nelle mani significative fette di potere e influenza e il ricettore (in questo caso l’Egitto) ha compreso la strategicità del frangente e sta procedendo sulla strada delle riforme per essere pronto ad accogliere nuovi business.

NEW TOWN

In questo senso si inserisce la realizzazione della new town amministrativa a 45 chilometri dal Cairo da 700 chilometri quadrati, in grado di ospitare 34 ministeri, un Mall accanto a quartieri residenziali per una capienza di sette milioni di residenti. Per la gestione del mega progetto il governo ha costituito l’Acud (l’agenzia capitale amministrativa per lo sviluppo urbano), una joint venture tra l’esercito egiziano al 51% e il ministero dell’edilizia abitativa al 49%. La mossa cantieristica segue quella finanziaria fatta su Misr Fund, il primo fondo sovrano d’Egitto con l’obiettivo di essere il braccio operativo di Egypt Vision 2030, la strategia di sviluppo sostenibile del governo Al Sisi per gestire 3.000 beni in modo redditizio ed economico. La Cina già ha mostrato il suo interesse.

GAS

Ma è di tutta evidenza che le parabole sin qui elencate hanno una genesi specifica: il dossier energetico.

Lo scorso settembre Il Cairo ha firmato un accordo con Nicosia per collegare il giacimento di gas Afrodite con gli impianti di liquefazione dell’Egitto. L’obiettivo è la creazione di un hub regionale con una capacità di 19,8 milioni di metri cubi. Ma non è tutto: Egitto e Israele potrebbero presto dare vita al più grande gas hub del mondo, da dove i due paesi possono ricominciare a tessere una tela “extra Mediterraneo” in virtù di quattro giacimenti dalle prospettive eccellenti come Leviathan, Afrodite, Zhoor, Noor.

Lo dimostra ulteriormente l’acquisizione del 39% di East Mediterranean Gas (Emg) da parte dell’israeliana Delek Drilling, della statunitense Noble Energy e dell’egiziana Egyptian Gas Transportation Company East Gas (Egcl) per 1,3 miliardi di dollari. Un volume di affari che poggia su un dato basilare: Delek appartiene al magnate israeliano Yitzhak Tshuva la cui ricchezza personale secondo Forbes ammonta a 4,3 miliardi di dollari. E ha scoperto per primo le riserve di gas naturale offshore in Israele e Cipro.

twitter@FDepalo

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