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Le trivelle, Lega e M5S ostaggio degli ambientalisti. La versione di Tabarelli

Chi di trivelle ferisce, di trivelle perisce. O quasi. A quattro mesi dalla moratoria di un anno e mezzo imposta dal Movimento Cinque Stelle alle compagnie energetiche che cercano gas e idrocarburi nello Ionio (qui un focus di qualche mese fa), la Lega rispolvera un vecchio cavallo di battaglia: le perforazioni in mare. Le imprese (molte americane) sono sul piede di guerra visto che si sono viste dall’oggi al domani imporre lo stop alle concessioni propedeutiche alla ricerca di idrocarburi, per dare il tempo al governo di stilare una nuova mappa dei permessi. Costrette dunque a rivedere i propri piani di investimento con tutte le conseguenze del caso per gli azionisti.

L’INCIDENTE DELLA CAMERA

Eppure del caso si riparla. Che cosa è successo? Molto semplice, un emendamento della Lega nel decreto Crescita (poi dichiarato inammissibile in commissione Bilancio alla Camera) prevedeva una serie di modifiche al decreto semplificazioni del dicembre scorso per riattivare le attività di ricerca e prospezione di idrocarburi fermate dal provvedimento entrato in vigore lo scorso anno. Il testo dell’emendamento a firma della deputata leghista Laura Cavandoli, che potrebbe essere sempre ripresentato, prevede di abrogare in particolare proprio quei commi che di fatto hanno bloccato le trivellazioni.

Si tratta dei commi 6 e 7 dell’articolo 11 ter che mettono il blocco alle attività di prospezione e ricerca di petrolio e gas sulla terraferma e in mare. Il comma 6, che l’emendamento prevedeva di abrogare, recita infatti: fino alla adozione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee “i permessi di prospezione o di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in essere sia per aree in terraferma che in mare sono sospesi con conseguente interruzione di tutte le attività di prospezione e di ricerca in corso di esecuzione fermo restando l’obbligo di messa in sicurezza dei siti interessati a tali attività”. Viene inoltre spostata di un anno e mezzo dal primo giugno 2019 al primo dicembre 2010 la modifica dei canoni concessori.

LA VERSIONE DI NOMISMA

L’emendamento pro-trivelle della Lega è insomma in agguato, a dimostrazione del fatto che c’è un alleato che su certe questioni la pensa in modo diametralmente diverso dall’altro. E non dovrebbe essere ordinaria amministrazione. Formiche.net ha sentito in merito il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli il quale interpreta il blitz leghsita come una speranza per una nuova lucidità del governo sulle trivellazioni.

“Certamente quello arrivato dal Parlamento è un messaggio positivo alle compagnie, che viene da un partito, la Lega, spesso concreto su queste questioni. Questa moratoria è e continua a rappresentare un colpo durissimo a chi investe, che va ben oltre le semplici sensibilità ambientali. Vado oltre, è qualcosa che travalica la stessa legalità. E pensare che la stessa Costituzione italiana prevede la tutela della libera iniziativa”.

M5S PRIGIONIERO DELL’AMBIENTALISMO

Secondo Tabarelli il Movimento Cinque Stelle vive una sorta di prigionia da parte di un certo ambentalismo militante. “Spesso i grillini sono stati attaccati dagli ambientalismo sul proprio fianco e questo lo hanno sentito. Non si può certo negare che il settore energetico di questo Paese si basi ancora sugli idrocarburi, una realtà innegabile. E allora certi sogni rivoluzionari hanno senso?”

GOVERNO IN STATO CONFUSIONALE SULL’ENERGIA

Tabarelli rincara la dose. “Mi pare che ci sia un perenne stato confusionale sull’energia. Da una parte non si può pretendere troppo dal Movimento, che si trovato schiacciato dalle mille promesse agli ambientalisti, fin dall’incidente di Macondo del 2010 (il disastro della Deepwater Horizon, nel Golfo del Messico, ndr). C’è gente nel Movimento che è ambientalista rivoluzionario, che vorrebbe smettere con il petrolio domani, ma questo è impossibile”. La verità è che c’è una cultura anti-industriale “che tiene in scacco certa politica, Movimento compreso. In parte è colpa loro, in parte no”.

CHI PAGA IL CONTO?

Il presidente di Nomisma Energia, lancia a questo punto una proposta, forte. Predisporre delle leggi per tutelare chi (le compagnie) subisce danni economici a causa dei balletti della politica. “Sarebbe opportuno che qui si cominciasse a parlare di danno procurato, mancata produzione, mancato ricavo. Noi siamo poveri di energia, queste compagnie che cercano gas le mandiamo via e magari preferiamo dare soldi per il gas alla Libia e alla Russia. Chi fa questo gioco fa un danno all’Italia. So di dire cose estreme ma è così. La Francia non estrae gas ma ha il nucleare. Possibile che noi dobbiamo essere gli unici a pagare il conto del mancato sviluppo. E allora i soldi che paghiamo, richiediamoli indietro”.

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