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Salvini è il leader intoccabile del centrodestra, ma deve allearsi. Parla Nicola Porro

“Che succede ora? Non ne ho idea. Dopo che ho visto Conte proporsi premier di un governo Pd-Cinque Stelle non so più a cosa credere”. Nicola Porro, conduttore di Quarta Repubblica su Rete 4 e vicedirettore de Il Giornale, taglia le parole con l’accetta. Mentre si prepara a torchiare Matteo Salvini ospite dei suoi studi stasera, proviamo insieme a fare il punto di questa infinita, strana crisi d’agosto.

Domani è il giorno decisivo, tocca a Rousseau.

Non so davvero quale sarà l’esito. Nel quesito hanno citato esplicitamente il Partito democratico, così se la rischiano. È anche vero che i militanti di solito le seguono le indicazioni.

Del partito?

No, del Fatto Quotidiano (ride, ndr).

A proposito, Beppe Grillo è tornato a pontificare su quelle colonne. Una sconfessione di Di Maio?

Qui c’è un problema di metodo. Non bisogna prendere sul serio Grillo, è un grave errore. Per prendere in prestito un epiteto che Travaglio ama usare per Salvini, Grillo è un “cazzaro rosso”. Ha sempre detto tutto il contrario di tutto, tranne come riesce a non pagare le tasse. Gianroberto Casaleggio, a differenza sua, aveva delle idee.

Di Maio chiede la casella da vicepremier, per Franceschini è meglio di no. Chi ha ragione?

Il primo, senza ombra di dubbio. Da che mondo è mondo il capo politico del partito di maggioranza può fare il vicepremier. Non si capisce perché sarebbe più opportuno fargli fare il ministro della Difesa o del Lavoro.

Matteo R. al posto di Matteo S. Di Maio passa dalla padella alla brace?

Guarda, ho sentito Salvini lodare ancora ieri sera Di Maio. E ho realizzato che il capo grillino è veramente finito.

Salvini scherzava?

No, credo fosse sincero. In quattordici mesi di governo un’intesa fra i due c’è stata davvero. Lo stesso Salvini ha sempre detto che era Conte, non Di Maio, a nascondergli i dossier.

L’impressione è che Salvini tema di più Berlusconi di Di Maio.

È folle, ma vero. Il banco di prova per il vecchio centrodestra saranno le regionali. Lì Salvini avrà bisogno di Forza Italia e Fratelli d’Italia e non potrà giocare più a fare il lupo solitario. Soprattutto se Cinque Stelle e Pd sceglieranno di mettersi insieme anche in quell’occasione.

La Lega di piazza può resistere un’intera legislatura?

Siamo in una fase in cui le leadership si creano e consumano così velocemente da rendere impossibile qualsiasi previsione. Il vero rischio di Salvini non è tanto l’erosione del consenso ma la nascita di un nuovo Macron a destra.

Come Urbano Cairo?

Non credo sarà lui lo sfidante, ancora non sappiamo se davvero avrà l’intenzione e i mezzi di scendere in campo. La sfida a Salvini da destra arriverà da un Cigno nero di Taleb, un volto nuovo.

I mal di pancia nel partito si trasformeranno in aperta contestazione?

Sarebbero dei pazzi. Anche se la Lega dovesse perdere la metà dei voti che le attribuiscono oggi non ci sarebbe il minimo pretesto per attaccarlo. Salvini ha raccolto un partito ridotto in frantumi e l’ha portato ad essere la prima forza politica in Italia. E la classe dirigente leghista non è balcanizzata come quella del Pd.

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