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Il governo giallorosso può arrivare a fine legislatura. A patto che… Parla Lorenzin

Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare. Anche una moderata come Beatrice Lorenzin, presidente di Civica Popolare, già ministro della Salute, spiega che questo non è il momento per le mezze misure. A Formiche.net racconta come il governo Conte due può arrivare a fine legislatura con una chiara visione del Paese. E un nome per il prossimo Presidente della Repubblica.

Lorenzin, perché dare la fiducia a un governo con il Movimento Cinque Stelle?

L’urgenza principale era non consegnare l’Italia e l’Europa a una svolta sovranista senza sbocchi sul piano economico e internazionale. La mossa di Salvini è stata politicamente sprovveduta e gravissima sul piano istituzionale. Non si può permettere a nessuno di invocare pieni poteri da una spiaggia con un mojito in mano, a camere chiuse. Qui la sfida è fra democrazia liberale e illiberale.

E la democrazia diretta? È la bandiera dei pentastellati.

Come abbiamo spiegato a Conte e Mattarella voteremo la fiducia al governo. Non potremo ovviamente sostenere proposte che possano mettere in pericolo la centralità del Parlamento e i principi delle democrazie liberali.

A proposito, domani si vota su Rousseau. Nulla da ridire?

Un voto che nella forma è assolutamente fuori luogo. Abbiamo fatto le consultazioni perché siamo in una democrazia parlamentare. Pensare che un voto contrario di una piattaforma online privata possa ribaltare quelle decisioni è surreale. Nella sostanza credo che non ci sarà, perché il quesito verterà sul programma che è il vero nodo da affrontare.

Un altro contratto?

Sono felice che il Pd abbia rifiutato dall’inizio questa formula, la politica non si fa con una somma di richieste ma con una visione del Paese. Il dibattito sulle poltrone è surreale. La priorità è creare un governo di legislatura e arrivare al vero traguardo politico: l’elezione del presidente della Repubblica.

Di Conte vi fidate?

Oggi è un premier a tutti gli effetti, può finalmente abbandonare la veste di avvocato costretto a mediare costantemente fra istanze opposte. Sappiamo benissimo, come il Pd, che dare il supporto a questo governo può disorientare il nostro elettorato. Per questo non dev’essere un’operazione a termine e di sopravvivenza ma di coraggio e apertura.

È vero che questo è uno dei governi più di sinistra della storia repubblicana?

Credo che la maggioranza degli italiani non si ritrovi più nelle vecchie formule. Certo, noi ci auguriamo che questo governo non ripieghi troppo a sinistra. C’è il pericolo di ignorare il sentimento del Paese e soprattutto di lasciare in mano alla destra di Salvini questioni come l’immigrazione e le tasse.

Sarà la sinistra ad essere grillizzata o succederà il contrario?

Nessuna delle due. Se un rischio c’è, è quello del galleggiamento. Abbiamo bisogno di tre anni di scelte coraggiose, anche in politica estera. Gli endorsement ricevuti lanciano un chiaro messaggio: il governo dovrà avere una forte identità europea e filoatlantica.

Paolo Gentiloni è un buon nome per la Commissione Europea?

È il nome perfetto. Ex premier, ex ministro degli Esteri, persona stimatissima in Europa e nelle cancellerie estere, conosce benissimo le sfide internazionali cui sarà chiamata l’Ue. Ha tutte le carte in regola.

E in politica interna quale dev’essere la bussola?

Ci sono tre punti prioritari. Intervenire seriamente nel rapporto fra Stato, regioni ed enti locali, dare ascolto alle esigenze di autonomia al Nord senza lasciare indietro il resto del Paese. Poi c’è la questione economica. I provvedimenti messi in campo dal governo precedente non sono stati anticiclici, il deficit è stato usato male e infatti la crescita ha subito una brusca frenata. Infine il welfare.

Cioè?

Bisogna investire di più in istruzione e ricerca, altrimenti fra cinque anni le nostre università saranno diventate licei. Vale lo stesso per il sistema previdenziale.

Anche Quota 100 va rivista? 

Una riforma sbagliata, l’ho ripetuto anche quando non era popolare dirlo. A chi è andato in pensione grazie a Quota 100 avrebbero dovuto spiegare che così avrebbe condannato i propri figli a non vedere mai quel traguardo. Così come è stata concepita la legge brucia 30 miliardi in tre anni senza intervenire a livello strutturale sul sistema.

E sulla Sanità? Chiedete un cambio di passo rispetto alla gestione Grillo?

In cima all’agenda c’è il problema delle disuguaglianze. Viviamo in un Paese dove diminuisce la ricchezza pro-capite e la domanda sanitaria cresce del 2% del Pil. Serve una nuova riforma del sistema di programmazione e dell’accesso alle terapie che permetta lo stesso diritto all’assistenza al Sud e al Nord.

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