C’è un dato da non sottovalutare nell’esito del voto sulla piattaforma del Movimento 5 Stelle che nella giornata di ieri ha dato il via libera al nuovo esecutivo giallorosso, frutto dell’alleanza tra Pd e M5S. E se il sì della base era dato per scontato da molti, è dalle percentuali con le quali si è espressa che si possono ricavare alcune considerazioni non secondarie sul futuro governo. Ne parliamo in questa conversazione con Luigi Curini, professore di Scienza politica alla Statale di Milano, che traccia i nuovi equilibri nel Movimento 5 Stelle e riflette sul destino di Luigi Di Maio.
Professore, si immaginava un esito del voto così schiacciante?
Chi si aspettava una vittoria del Sì numericamente più ridotta, si dimentica che c’è differenza tra l’elettore medio del M5S e l’attivista medio dello stesso partito. E chi vota su Rousseau è di solito più il secondo che il primo. E a differenza del primo, il secondo, quando si posiziona ideologicamente, è sensibilmente più a sinistra dei primi.
Cosa certifica tutto ciò?
La percentuale a favore del sì segna la vittoria dello strano connubio tra il leader storico del M5S, Grillo, che torna prepotentemente dettando la linea e un attore esterno come Giuseppe Conte che acquista un ruolo rilevantissimo all’interno dello stesso movimento.
A scapito di chi?
A danno della leadership politica del movimento, a partire da Di Maio, che si era mostrato più cauto sull’alleanza con il Pd, e Di Battista, ma anche dello stesso Casaleggio. La forza politica di Di Maio sarebbe stata diversa con un esito differente di Rousseau. Se i no avessero raggiunto il 40% ad esempio avrebbe potuto utilizzare quella percentuale per rafforzare anche la sua posizione che finora sembrava un po’ scettica di fronte a questa nuova alleanza. Ma davanti ad una percentuale così bulgara a favore del sì non credo abbia più molte carte alternative da giocare. Inevitabilmente il suo potere contrattuale per la negoziazione del nuovo governo ma anche del controllo del partito ne esce molto indebolito.
Come risponde alle critiche sulla piattaforma Rousseau?
Se questa consultazione su Rousseau doveva segnalare il trionfo della trasparenza e della democrazia interna del M5S, il ritardo di un’ora e 35 minuti circa nel pubblicare i risultati non ha deposto a suo favore. Alimentando dubbi e altro.
Gialloverde vs giallorosso. Cosa cambia?
È un governo che ha i numeri da un punto di vista istituzionale ma che se lo guardiamo dal punto di vista politico non nasce sotto i migliori auspici. Dagli ultimi sondaggi si evince che la maggioranza degli italiani avrebbe preferito tornare a votare e che l’attuale sostegno delle due forze politiche messe assieme non raggiunge il gradimento del centrodestra. La discontinuità del Conte bis, oltre a quella partitica, ovvio, starà proprio qui, ovvero nel cambiamento della leadership politica del M5S, o per lo meno della sua rilevanza all’interno del governo. In poche parole sono venuti meno i due vice premier. Non solo Salvini che si è defilato, ma dal punto di vista politico anche di Di Maio.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Questo avrà inevitabilmente delle conseguenze operative all’interno dello stesso governo. Si rafforza il ruolo di Conte non solo nel governo ma anche all’interno dei 5 Stelle. È un aspetto non banale che potrebbe produrre tensioni all’interno del Movimento. Di Maio accetterà di essere messo in un angolo?